Il personaggio

Temuto da destra e sinistra: l'importanza di Giorgio Forattini

I suoi non erano disegni per strappare un sorriso e via, ma editoriali politici: con le sue vignette satiriche ha colpito i grandi protagonisti della Prima e della Seconda Repubblica
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Stefano Olivari
05.11.2025 11:03

Perché Giorgio Forattini è stato importante? Quasi tutti sanno chi sia stato nell’arco di oltre sessanta anni di attività, basta andare su Google, ma con i parametri e i media di oggi è difficile capire perché un vignettista sia stato per molti anni, almeno fino alla diffusione di internet, centrale nella politica italiana e in quello che una volta veniva definito ‘il dibattito’. Una firma, Forattini, più riconoscibile di quella di tanti presunti grandi giornalisti, situazione che non gli aveva fatto guadagnare simpatie.

Gli anni d'oro di «Repubblica»

È giusto dire che il miglior Forattini sia stato inventato da Eugenio Scalfari insieme a Repubblica, nel 1976. Il Forattini di prima era tutt’altro che un autodidatta, vignettista per caso, come a volte amava descriversi, ma uno che aveva studiato attentamente Mino Maccari e anche il giovane Fellini, per poi provare ed entrare in ogni modo nei giornali. Si adattò quindi a fare l’illustratore per l’Europeo, settimanale oggi defunto, e per il Giorno, quotidiano un tempo di tendenza ma oggi prevalentemente di cronaca locale, ma le prime vere vignette politiche riuscì a pubblicarle soltanto nel 1968 su Panorama, chiamato da Enzo Biagi. A 37 anni di età (era nato nel 1931 a Roma) Forattini era assolutamente un outsider non poteva in ogni caso essere identificato come sessantottino: questo ha spesso influito sui giudizi dati su di lui, negli d’oro di Repubblica considerato un corpo estraneo, quando non di destra, e una fissazione personale di Scalfari. Il quale ben conosceva la satira italiana e la sua storia, ma comprese subito la modernità di Forattini: i suoi non erano disegni per strappare un sorriso e via, ma editoriali politici. Di cui comunque non bisogna esagerare l’importanza: la linea del giornale era quella di Scalfari e Forattini al massimo poteva disegnare ciò che il direttore-fondatore pensava ma non aveva il coraggio di scrivere.

Colpiva anche a sinistra

Di sicuro il miglior Forattini, perché per troppi anni ce n’è stato uno un po’ troppo compiaciuto, colse lo spirito del tempo, l’aspetto grottesco del potere alla fine della Prima Repubblica e negli anni di transizione verso la Seconda, con Tangentopoli e tutto il resto. Fra i suoi bersagli preferiti il repubblicano Giovanni Spadolini, primo presidente del Consiglio non democristiano, spesso raffigurato nudo, e fra i tanti democristiani Amintore Fanfani raffigurato come un nano malefico (oggi sarebbe considerato body shaming in automatico), l’eterno Andreotti con accentuazione della sua gobba, altra cosa che oggi farebbe inorridire anche senza essere cultori del politicamente corretto, lo sfuggente Forlani. Forattini colpiva anche a sinistra, il segretario del PCI Enrico Berlinguer disegnato come un borghese lontano dal popolo fece davvero scandalo, anche per il posizionamento politico di Scalfari che ambiva a dettare la linea al partito comunista, portandolo su posizioni socialdemocratiche e comunque verso il compromesso storico, cioè l’accordo di governo con la DC. La vignetta pubblicata su Repubblica il 4 dicembre 1977 mostrava Berlinguer seduto in una comoda vestaglia borghese, sorseggiante un the sotto un ritratto di Marx appeso al muro, mentre dal balcone giungevano le urla di una manifestazione operaia. Questo Berlinguer annoiato, con le pantofole, simboleggiava in maniera geniale l’immobilismo suggerito dal compromesso storico, e la vignetta fu duramente criticata a sinistra, sia da politici sia da intellettuali come Umberto Eco.

Le ossessioni per Craxi e Berlusconi

Le vere ossessioni di Repubblica, quando era un vero giornale-partito, sono state Bettino Craxi e Silvio Berlusconi e per molti anni Forattini è stato in naturale sintonia con Scalfari nell’enfatizzare gli aspetti più ridicoli e pericolosi di entrambi. Di Craxi fin da prima che diventasse presidente del Consiglio colse i tratti autoritari, ritraendolo tante volte in pose alla Mussolini, facendo sempre infuriare il leader socialista, forse autoritario ma certo antifascista. Non ebbe pietà nemmeno alla fine, quando nell’aprile del 1993 sempre su Repubblica lo disegnò in camicia nera, appeso a testa in giù con un cappio legato alle caviglie, sospeso sopra una folla indistinta: una piazza Loreto mediatica. Il contesto era il voto parlamentare che nega l'autorizzazione a procedere contro il leader socialista per Tangentopoli, pochi giorni dopo le rivelazioni di Mani Pulite. Una vignetta che diventò un caso internazionale e che fu ripresa in mezzo mondo. Se Craxi era un’ossessione scalfariana, Berlusconi lo è stato di tutta l’Italia, quella che lo amava e quella che lo detestava. È stato anche il personaggio principale dell’inizio della Seconda Repubblica, l’ultimo grande periodo di ispirazione di Forattini, che spesso lo ritraeva in mutande: ma senza astio personale, considerandolo una specie di super italiano-medio.

Un liberale con la matita

Uno dei pregi di Forattini, non compreso nemmeno da molti suoi estimatori, era che colpisse a 360 gradi, osando l’inosabile e cioè l’ironia sui presidenti della Repubblica, particolarmente azzeccata quella su Sandro Pertini e sul suo presenzialismo mediatico, e sul Papa. Tanto si è dibattuto sul Forattini ‘di destra’ e/o ‘qualunquista’, già nell’età dell’oro di Repubblica. Lui si definiva liberale in un’epoca in cui liberale in Italia significava essere di destra, ma in realtà non si è mai dichiarato e nemmeno avrebbe potuto farlo. Pochi anni fa aveva affermato di sentirsi «un liberale con la matita», quando però in Italia tutti già si consideravano liberali. Certo il suo umorismo era di tipo conservatore, ma l’accusa di qualunquismo era infondata: il qualunquismo implica apatia, un «tutti uguali» cinico e rassegnato, mentre Forattini univa l’ironia all’indignazione. Poi tante volte le vignette non facevano nemmeno sorridere, ma è un altro discorso. Era indignato come poteva esserlo un romano di estrazione borghese, scettico nei confronti delle ‘chiese’, quindi DC e PCI, e dell’umanità. Paradossalmente il Craxi da lui tanto attaccato sarebbe stato il suo leader ideale.

Il migliore? Forse il più temuto

Impossibile contare i libri pubblicati da Forattini, almeno 70 quelli nel circuito maggiore, ma difficile anche tenere il conto dei suoi cambi di casacca. Giorno, Europeo, Panorama, Paese Sera, prima di Repubblica, ma lo stesso periodo (1976-1999) a Repubblica fu tutt’altro che monolitico, affiancato fino al 1982 dalla collaborazione con l’Espresso e per qualche mese dalla direzione del leggendario settimanale Il Male (record mondiale di querele ma immortale per il titolo ‘Ugo Tognazzi capo delle Brigate Rosse’), addirittura interrotto dal 1982 al 1984 per passare alla Stampa dopo il corteggiamento di Agnelli, giornale dove sarebbe tornato nel 2000 per rimanerci fino al clamoroso passaggio al Giornale berlusconiano nel 2006 e ad altre collaborazioni che non hanno fatto storia. Forattini è stato criticato dal centro e da destra, ma le querele le ha prese quasi tutte da sinistra, la più famosa da Massimo D’Alema quando nel 1999 l’allora leader della sinistra, nonché presidente del Consiglio, fu raffigurato mentre con il bianchetto cancellava la cosiddetta lista Mitrokhin (in pratica un elenco di informatori e di contatti del KGB in Italia). Fu qui che avvenne la rottura definitiva con Repubblica e con Scalfari (che comunque non era più direttore), che secondo Forattini non lo avevano difeso adeguatamente. Impossibile dire se Forattini sia stato il più bravo disegnatore satirico italiano, meglio, per dire, di Altan, ma di sicuro è stato quello che più di tutti è stato seguito dal pubblico e quindi temuto dai suoi bersagli. Perché non aveva maglia né bandiera, era un uomo libero. E questo vale più di vignette su cui si è posata la polvere del tempo, con riferimenti che bisogna avere almeno cinquant’anni per comprendere.