Il punto

Tensioni con i manifestanti indigeni alla COP30, che cosa è successo

Centinaia di attivisti hanno fatto irruzione nella sede principale dell'evento, denunciando lo sfruttamento petrolifero in Amazzonia e chiedendo tasse per i miliardari – Due guardie sono rimaste ferite
©ANDRE COELHO
Red. Online
12.11.2025 12:00

Momenti di tensione alla COP30 di Belém, in Brasile. Nelle scorse ore, un gruppo di manifestanti indigeni, armati di manganelli, ha fatto irruzione nella che sede che ospita il vertice. Gridando «con rabbia», secondo quanto riportano i giornali internazionali, i manifestanti hanno denunciato lo sfruttamento petrolifero in Amazzonia, chiedendo «tasse per i miliardari». 

I fatti sono avvenuti nella serata di ieri (ora locale), dopo la Marcia globale per la salute e il clima, che aveva riunito migliaia di persone nel centro della capitale dello Stato amazzonico del Pará. Negli scontri, giudicati «violenti», due guardie giurate sono rimaste ferite. Secondo quanto ha raccontato un testimone a Reuters, una delle due è stata portata via di corsa dalla scena dell'incidente su una sedia a rotelle, mentre si teneva le mani sullo stomaco. Un'altra guardia, invece, ha dichiarato di essere stata colpita alla testa da una pesante bacchetta lanciata dalla folla, che le ha causato un taglio sopra l'occhio. Un portavoce delle Nazioni Unite ha confermato che due membri del personale di sicurezza sono rimasti feriti. Le autorità brasiliane, al momento, stanno indagando sulla vicenda. 

Un altro testimone ha raccontato di aver visto, prima dell'irruzione dell'edificio della COP30, centinaia di manifestanti che marciavano verso Parque da Cidade, la sede dell'evento. A seguire, gli attivisti, tra cui esponenti indigeni e del collettivo Juntos, hanno forzato una delle barriere di sicurezza e raggiunto il Parque da Cidade. «Il governo mente: la foresta e i popoli non stanno bene», ha dichiarato il pajé Nato Tupinambá, tra i leader del gruppo, al sito del quotidiano Folha de Sao Paulo. «Non possiamo mangiare denaro», ha sottolineato ancora Gilmar, un altro leader indigeno della comunità Tupinamba. «Vogliamo che le nostre terre siano libere dall'agroindustria, dall'esplorazione petrolifera, dai minatori e dai taglialegna illegali.»

Una volta entrati nell'edificio, le guardie dell'UNFCC, l'agenzia climatica delle Nazioni Unite, hanno formato cordoni umani per contenere i manifestanti, che sono stati allontanati dopo momenti di tensione. Nonostante gli scontri intensi, il gruppo si è disperso in breve tempo. Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, in occasione del vertice, aveva sottolineato che le comunità indigene sono «attori chiavi nei negoziati della COP30 di quest'anno». 

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