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Tre omicidi e la fuga finita in Ticino: un podcast racconta la «strage dei fornai»

È una delle «storie maledette» di tragedie familiari della cronaca relativamente recente (1998), riportata in vita grazie a «Cara Varesenews», realizzato da Chora Media
©Gabriele Putzu
Andrea Camurani
30.11.2024 12:00

«È nato un odio». Quattro parole per una strage: il primo accenno alla motivazione della mattanza emerge durante un interrogatorio da parte delle autorità di polizia svizzere, che fermano Elia Del Grande, ventenne della provincia di Varese, in procinto di passare la frontiera con il Canton Ticino, così da arrivare ad Agno e da lì imbarcarsi per lasciare l’Europa. Destinazione: Santo Domingo, la meta che negli anni Novanta rappresentava un Eldorado per molti italiani in cerca di svago. I Del Grande erano una famiglia «bene» di Cadrezzate, paesino nella zona dei laghi della provincia di Varese, con un forno di famiglia avviato e diversi punti vendita di pane, focacce e prodotti alimentari. Speravano che mandare quel figlio scapestrato e problematico nei Caraibi gli avrebbe permesso di cambiare aria, di occuparsi della gestione di alcuni investimenti immobiliari. Una scelta rivelatasi una condanna a morte della famiglia.

Elia si innamora di una giovane del posto. Vuole sposarla. E una volta rientrato in Italia lo racconta ai suoi, ma viene deriso per il colore della pelle della ragazza, e la sua estrazione sociale. Quella sera del gennaio 1998 il sangue del ragazzo, mentre ascoltava quelle parole, ribolle. Medita un gesto risolutivo. Vuole raggiungere la sua amata e costruire una vita con lei, e per farlo non vuole ostacoli lungo la strada che porta al suo progetto di vita. Così, con la complicità di alcuni amici e personaggi minori coinvolti nella vicenda uccide a fucilate il fratello maggiore, la madre e il padre. E poi tenta la fuga.

I giornali battezzano il triplice omicidio come «la strage dei fornai». È una delle «storie maledette» di tragedie familiari della cronaca relativamente recente, e contiene tutti gli elementi di casi simili legati alla profonda provincia italiana, che potrebbe essere «provincia dell’anima» di ogni luogo. La vicenda è stata riportata in vita in questi giorni grazie a un podcast intitolato «Cara Varesenews» realizzato da Chora Media, la prima podcast company italiana fondata da Mario Calabresi, disponibile gratuitamente sulle piattaforme di ascolto. Il podcast si propone come una narrazione che è al contempo giornalistica e di approfondimento su fatti e storie che riguardano il Varesotto, una terra di confine.

«Perché l’hai fatto?». «È nato un odio». Sono le parole che nella narrazione riportano le lancette indietro a quel 7 gennaio 1998, quando a Ponte Tresa gli agenti svizzeri fermarono Del Grande, e dopo aver controllato i documenti ritornarono verso l’auto con le pistole in pugno: le autorità italiane avevano già diramato le note di rintraccio, giunte anche alla polizia cantonale. Portato in caserma, Del Grande venne interrogato e rese la prima confessione, registrata in un audio ancora disponibile integralmente dove via via si scioglie, si apre all’ammissione di quanto aveva fatto e di cosa lo aveva spinto ad un gesto simile, a sterminare la sua famiglia.

Ora Del Grande è uomo libero: ha interamente scontato il suo debito con la giustizia italiana che in primo grado lo aveva condannato all’ergastolo, pena ridotta in appello a 30 anni. Una storia che torna attuale ogni volta che è necessario fare i conti con la violenza fra le mura di casa. Inutile l’elenco delle stragi familiari che hanno preceduto e seguito quella di Cadrezzate, 26 anni fa: una cronaca infinita di violenze che spesso affondano le radici in problemi profondi. Difficili da affrontare. E difficili da vedere, se non a tragedie avvenute.

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