Il caso

Morire di fame per incontrare Gesù, cosa è successo in Kenya?

Questa mattina sono stati riesumati altri 10 corpi, che portano il bilancio parziale della «setta del digiuno» a 83 morti – I media hanno già ribattezzato la vicenda, da film horror, «il massacro di Shakaola»
© KEYSTONE (AP Photo)
Red. Online
25.04.2023 20:00

Il massacro di Shakaola. Sembra il titolo di un film (e un film, forse, qualcuno un giorno lo farà su questa vicenda), ma è purtroppo tutto vero. Decine e decine di cadaveri (il bilancio attuale è di 83) sepolti sotto un velo di terra a pochi chilometri da Malindi, uno dei più conosciuti luoghi di vacanza in Kenya. Un film dell'orrore: un pastore, Paul Mackenzie Nthenge, ha convinto i suoi fedeli a lasciarsi morire di fame «per incontrare Gesù». Lo hanno raccontato alla polizia locale i sopravvissuti, tutti kenioti. E le vittime potrebbero essere molte di più. La polizia sospetta infatti che possano ancora esserci corpi seppelliti nei terreni di proprietà della «chiesa internazionale della buona novella» (Good News International Church). Gli investigatori hanno dichiarato all'AFP di avere trovato «corpi ammassati in fosse poco profonde, con fino a sei persone all'interno di una tomba, mentre altri sono stati abbandonati sul terreno, all'aperto».

Si sono lasciati morire di fame, perché glielo ha ordinato il leader spirituale. Paul Mackenzie Nthenge è stato arrestato il 14 aprile e incriminato per legami con l'occultismo. Era già finito in manette nel 2019, per propaganda di «culti religiosi». Nel 2017 era stato accusato di vietare ai seguaci di mandare i figli a scuola, sostenendo che «l'educazione non è riconosciuta dalla Bibbia». È stato nuovamente arrestato nel marzo scorso, sempre con l'accusa di indottrinamento, dopo avere convinto due persone a lasciare morire di fame i loro figli per poi seppellirli. Ma era stato rilasciato sotto cauzione e aveva proseguito la sua attività.

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La polizia ha ricevuto una soffiata anonima e ha fatto irruzione nella proprietà di Ntenghe, soccorrendo una decine di persone in condizioni critiche. Quando le forze di sicurezza hanno fatto irruzione nella sala delle preghiere, hanno trovato una scena raccapricciante: una trentina di persone ridotte pelle e ossa, poco più che scheletri, circondate da escrementi. Quattro delle persone trovate durante il blitz sono morte poco dopo il ricovero. «Ero in un momento difficile della mia vita. È successo tutto molto lentamente, in modo subdolo –  ha raccontato una giovane donna alla polizia –, all'inizio mi sembrava di avere trovato la luce. Il pastore mi aveva convinta che solo lui vedeva "la vera me". Mi ha fatto sentire Gesù vicino. Ho creduto in lui. Poi quando capisci che la vita ti sta lasciando, ti ci aggrappi. Se sei fortunato come me, sopravvivi. Molti non ce l'hanno fatta». Il pastore dovrà comparire in tribunale il 2 maggio e nel frattempo ha iniziato uno sciopero della fame. La polizia ha spiegato che si rifiuta di bere anche l'acqua: dice che sta digiunando e pregando, e si dichiara innocente (sostiene di avere sospeso le attività nel 2019).

La setta si riuniva nell'entroterra della città turistica di Malindi, nella foresta di Shakahola ora dichiarata scena del crimine dal ministro dell'Interno Kithure Kindiki. La polizia conta di trovare altri corpi all'interno dei boschi in altre fosse comuni, ma sono attive le ricerche anche per altri adepti ancora in vita.

Il ministro dell'Interno Kithure Kindiki ha parlato di «strage», «uccisioni di massa» e «abuso del diritto umano costituzionalmente sancito alla libertà di culto». Per questo motivo ha chiesto una regolamentazione più severa sulle realtà religiose del Paese, estremamente diversificate e in cui non è una rarità trovare culti estremi e pericolosi come quello di Mackenzie Nthenge.

Il presidente del Kenya, William Ruto, ha dichiarato: «Questa storia è affine al terrorismo, chiunque utilizzi la religione per intenti criminali è un terrorista e il suo posto non è in chiesa, ma in prigione».

«Come ha fatto un crimine così odioso, organizzato e perpetrato per un lungo periodo di tempo, a sfuggire ai radar del nostro sistema di intelligence? – ha provocatoriamente chiesto il presidente del Senato Amason Jeffah Kingi – Come ha fatto questo pastore a raccogliere così tante persone, a indottrinarle, sottoporle al lavaggio del cervello e affamarle a morte in nome della religione e poi seppellirle in una foresta senza essere scoperto?

Hussein Khalid, direttore dell'organizzazione per i diritti umani Haki Africa, ha chiesto l'intervento dell'esercito: «Ci sono ancora persone che stanno continuando a digiunare e che rischiano di morire, ogni secondo che passa».

Sebastian Muteti, addetto alla protezione dei minori nella sottocontea di Malindi, ha spiegato cosa accadeva all'interno della setta: «I bambini appartenevano alla famiglia e alla comunità. E quando uscivano erano legati con corde e costretti a digiunare, fino alla morte. Questo è un duro colpo e un grande shock per il nostro Paese. Che inaudita crudeltà!».