«No significa no» con compromesso, Carobbio: «Ma c'è ancora molto da fare»

La Giornata internazionale dei diritti della donna a Palazzo federale è stata omaggiata un giorno in anticipo con una decisione per certi versi storica. Soprattutto per le (troppe) vittime di violenza a sfondo sessuale. In futuro, se a giugno la Camera del popolo seguirà il Consiglio degli Stati, saranno più protette.
«La data del dibattito è stata casuale, ma simbolicamente è molto importante perché questa lotta contro le violenze sessuali è una delle rivendicazioni dei movimenti femministi», spiega la «senatrice» ticinese Marina Carobbio, che parla ripetutamente di «un passo nella giusta direzione». In particolare «dopo tanti anni di battaglie per migliorare il diritto penale in materia sessuale».
I due principi
Oggi si parla di stupro quando una donna viene costretta a subire una congiunzione carnale, usando minaccia o violenza, esercitando pressioni psicologiche o rendendola inetta a resistere. La vittima deve difendersi, cercando di sottrarsi all’atto. Questa norma - e sono tutti concordi - va cambiata, ma tra Nazionale e Stati la grande differenza riguarda la definizione di consenso: «sì significa sì» e «no significa no». Quest’ultima, detta anche «soluzione del veto» o del rifiuto, comprende i casi in cui l’autore del reato agisce ignorando intenzionalmente la volontà espressa dalla vittima. Inizialmente i «senatori» si erano pronunciati a favore di questa prima opzione.
Il Nazionale lo scorso dicembre aveva invece approvato di misura il principio «solo sì significa sì», che si spinge un po’ oltre e impone il consenso esplicito. In caso contrario, si tratta automaticamente di stupro. Ciò permetteva di considerare nella legge anche il cosiddetto «freezing», una sorta di paralisi che non permette alla vittima di opporre resistenza. D’altra parte, questa soluzione rovescia l’onere della prova: è il presunto aggressore - spesso uomo - a dover presentare le prove di non aver commesso reati.
Il tipico compromesso
I «senatori» oggi hanno così approvato il tipico compromesso: verrà mantenuto il principio «solo no significa no», ma verrà condannato anche chi sfrutta lo stato di choc di una persona.
«È sicuramente un passo importante per garantire l’autodeterminazione sessuale, ma anche per un codice penale in materia di reati sessuali più progressista e che corrisponde alla realtà. Una revisione che finalmente fornisce una maggior tutela alle persone e alle donne vittime di stupri e violenze». Per Carobbio si tratta «di uno dei progetti di legge più importanti di questa legislatura». Tuttavia, sottolinea, «l’impegno e gli sforzi contro la violenza sessuale non devono finire. Sappiamo che c’è ancora molto da fare anche a livello di prevenzione e di sostegno alle vittime».
Non solo violenza fisica
Ad ogni modo, in futuro sarà possibile punire per violenza carnale anche chi, per commettere il reato, non esercita coazione sulla vittima usando violenza, minacce o pressioni psicologiche. In altre parole, la violenza carnale nel Codice penale comprende ora tutti i casi in cui l’autore del reato agisce ignorando intenzionalmente la volontà espressa dalla vittima.
«La vittima ora non deve più dimostrare di aver opposto resistenza, perché il suo rifiuto esplicito o implicito di non volere un rapporto sessuale sarà riconosciuto», conclude Carobbio.
Nella revisione verrà introdotto anche il principio più generico di «penetrazione corporale». Attualmente solo la penetrazione vaginale è considerata «violenza carnale» (stupro). Il sesso anale e orale imposto è considerato ai sensi del Codice penale «coazione sessuale», un reato che prevede pene inferiori.
Diritto moderno
«Abbiamo trovato un eccellente compromesso e infatti nessuno si è opposto», ci dice dal canto suo il «senatore» Philippe Bauer (PLR/NE). «È una buona soluzione perché permette di mantenere la disposizione come l’avevamo immaginata, aggiungendo il concetto di "freezing" e al contempo conservando anche il principio "solo no significa no". E a mio avviso si tratta del fondamento del diritto penale».
Per Bauer il fatto che un uomo - «perché socialmente si andrà ad applicare essenzialmente agli uomini» - possa essere condannato se non presenta le prove di non aver commesso il reato «è contrario ai nostri principi di diritto penale. Che lo si voglia o no». «Restano ancora alcune divergenze con il Consiglio nazionale, ma spero che già a giugno avremo un nuovo diritto penale moderno in materia sessuale. A mio avviso è molto soddisfacente», sostiene il «senatore» neocastellano.
Il Nazionale seguirà
Il dossier ora torna al Consiglio nazionale, che però non se ne occuperà durante l’attuale sessione. La decisione degli Stati, tuttavia, è stata ben accolta da associazioni e deputate femministe: dalla frangia più militante a quella più moderata del Parlamento. «È sicuramente un buon segnale quello del Consiglio degli Stati», afferma la consigliera nazionale grigionese Anna Giacometti (PLR). «Lo scorso dicembre avevo sostenuto "solo sì significa sì", anche se avevo una certa comprensione per l’altra opzione. La via del compromesso per me è sicuramente una delle migliori soluzioni, poi si vedrà in futuro se ci saranno problemi nella sua applicazione o se si rivelerà la decisione giusta».