Giustizia

Nomine, autonomia e organico: la Magistratura lancia l’allarme

Il rendiconto 2023 del Consiglio della Magistratura è impietoso: «Negli ultimi 12 mesi non è stato posto rimedio alle criticità» - Sollevato anche il tema dell’indipendenza finanziaria - La possibile soluzione? «Un contratto di prestazione quadriennale sul modello dell’USI»
© CdT/Gabriele Putzu

«È certamente gravoso e ripetitivo continuare a puntare il dito su argomenti che di anno in anno sono sempre gli stessi, ma non farlo significherebbe distogliere l’attenzione di chi ha il potere per intervenire e correre il rischio di perdere un’occasione per fare qualcosa». È con questa premessa che inizia il documento di 80 pagine del rendiconto annuale del Consiglio della Magistratura. Una premessa che, in soldoni, è il grido d’aiuto – da tempo inascoltato – della Giustizia ticinese. Come evidenziato nel rapporto, i problemi della Magistratura sono «suddivisibili in poche categorie: le carenze organiche di personale, le problematiche logistiche e la grande mole di cause». Limiti noti, ma che appunto di anno in anno non trovano soluzione. Bisogna dunque agire: «Non è pensabile di limitarsi ad attendere sperando che le cose si risolvano da sole». Pur riconoscendo le difficoltà delle finanze cantonali, di altre realtà pubbliche e la decisione popolare di accogliere il decreto Morisoli, il Consiglio «non può esimersi dall’indicare quali siano le necessità e nel contempo evidenziare i rischi che il loro mancato soddisfacimento potrebbe comportare per la qualità e le tempistiche della Magistratura».

L’elezione dei procuratori

Gli appelli contenuti nel rapporto proseguono, e viene sottolineato come quelli evidenziati nei precedenti rendiconti non sono stati ascoltati. La causa dei problemi è spesso di natura finanziaria, come «il tanto agognato» potenziamento di organico della Pretura penale e della Corte di appello e revisione penale di Locarno. Nello specifico, «non è stato possibile ottenere qualcosa di concreto dalla competente autorità». «Intralci», rincara il Consiglio, «che mettono in luce un problema che si trascina da anni e che non potrà certamente trovare soluzione in tempi stretti, poiché per le decisioni sugli aumenti di personale la Magistratura non ha al momento alcun ruolo attivo, se non quello di richiedente e autorità di nomina della singola persona, essendo queste soggette a valutazioni e contro valutazioni di altre autorità, così come ad approcci che se nella politica e nel mondo economico odierni sono divenuti comuni, nel lavoro di un magistrato e dei suoi collaboratori non possono trovare e mai hanno trovato immediata o facile applicazione».

Il rapporto chiama dunque in causa anche il sistema di nomina dei procuratori pubblici. Secondo il Consiglio, sono numerose le caratteristiche, tecniche e umane, che dovrebbe avere un buon magistrato. E «a complicare le cose vi sono pure le regole della politica e di ripartizione dei posti in base all’appartenenza partitica, che non sempre consentono di riuscire a eleggere il candidato» ideale. In questo senso «sarebbe importante» – è l’auspicio dell’organo di vigilanza – fare in modo che anche un senza tessera «possa avere pari opportunità rispetto a chi è affiliato (per vocazione, convinzione o per mero opportunismo) a un partito piuttosto che a un altro». In questo senso, il Consiglio rileva «che le schede senza intestazione alle Cantonali del 2023 hanno raggiunto il 22,18% (Gran Consiglio) e sono risultate essere il primo partito cantonale». Ergo, «bisogna tener conto della rappresentanza di questa parte della popolazione. Si tratta di un messaggio difficile da far passare, poiché in definitiva chi decide è un Parlamento nel quale siedono solo persone con una delineata appartenenza partitica, ma che questo Consiglio ritiene opportuno portare avanti nell’interesse della Giustizia e dei cittadini».

Cause sempre più complesse

Ad aggravare una situazione a dir poco complessa, c’è anche un problema di natura «tecnica», perché, come sottolinea il Consiglio, «il costante aumento della complessità delle cause» aumenta i carichi di lavoro e i tempi di evasione delle pratiche. I motivi sono parecchi: si va dalle novità legislative che conferiscono sempre più competenze ai tribunali e che impongono procedure più impegnative, al mutato approccio di avvocati e parti, fino alle accresciute difficoltà che «il progresso tecnico in ogni settore delle attività umane che impone di affrontare a chi deve giudicare in quell’ambito e inevitabilmente non ne è più esperto». In questo senso, fa stato il messaggio del presidente del Consiglio della Magistratura Damiano Stefani, il quale cita espressamente l’arrivo dell’intelligenza artificiale anche nell’ambito della Giustizia. Cambiamenti, quelli tecnologici, che imporrebbero più tempo per l’analisi e la formazione. «Tempo che, in un contesto di costante affanno, non è pensabile togliere all’evasione di altre pratiche e che si potrebbe ottenere solo con un aumento del personale», evidenzia però il rapporto. Personale che, nel 2023, ha evaso 47.822 incarti: «Una quantità considerevole che attesta l’efficacia del sistema e un buon dinamismo che hanno consentito di limitare le giacenze».

«Attrattività scemata»

Insomma, le condizioni di lavoro all’interno della Giustizia sono, a stare larghi, critiche. Tanto da rendere, come viene riportato, «ogni assenza di un magistrato o di un suo collaboratore difficilmente compensabile» e da comportare, quindi, «un rallentamento dell’attività». Il tutto si traduce in dimissioni «di giudici di fresca nomina» e in un «importante turnover in seno al Ministero pubblico». Di conseguenza, data anche la natura della professione, «affaticamento, lavoro a qualsiasi ora e pensieri notturni che impediscono il sonno non sono un’eccezione». Condizioni gravose e che si riflettono anche sull’attrattività della carriera in magistratura, «che appare scemata, come riscontrabile dal fatto che le candidature per posti vacanti non sono mai innumerevoli e che ben poche di esse provengono dall’esterno».

In generale, poi, la carenza di personale in alcuni tribunali «è evidente», e impone «ritmi e carichi di lavoro talvolta al limite del tollerabile». Tutta colpa dei potenziamenti «molto contenuti» negli ultimi quattro anni: «Dell’aumento di 83 unità equivalenti a tempo pieno del personale del Dipartimento delle istituzioni (1.643 unità del 2020, 1.726 nel 2023), solo 5,3 unità sono state riconosciute alla Magistratura. In teoria, almeno a parole, erano stati previsti (e in parte decisi) dei rinforzi per la Pretura penale e la Corte di appello e revisione penale; purtroppo a questi propositi non è stato dato alcun seguito». Un punto, questo, ribadito anche dal procuratore generale Andrea Pagani. A fronte dell’aumento del 25% in tre anni delle procedure in entrata, il pg definisce «insufficiente» l’organico di personale amministrativo e anche il numero di magistrati. «Tant’è che in Commissione giustizia e diritti si è già propugnata la reintroduzione del sostituto procuratore».

Ad ogni modo, il Consiglio riconosce la difficile situazione finanziaria del Cantone, «ed è dunque eccessivo pretendere che si proceda ad aumenti di forza lavoro che superano il minimo necessario a garantire un servizio giudiziario corrispondente agli standard di un Paese come la Svizzera. Tuttavia almeno quel minimo deve essere concesso, pena l’accumulo di ritardi che sarà poi impossibile recuperare».

A ciò si lega la «totale assenza di autonomia finanziaria della Magistratura». Un tema sempre più presente e che «permetterebbe di garantire maggiore indipendenza al terzo potere dello Stato». Un cambiamento radicale, spiega il Consiglio, che potrebbe avere conseguenze favorevoli, come avvenuto a Ginevra. Lo stesso organo avanza poi una possibile soluzione: un contratto di prestazione quadriennale «come quello concluso con l’Università della Svizzera italiana».

Stabili vetusti

C’è poi un altro tema annoso, quello legato alla situazione logistica, «che non si è modificata di un chiodo» nel 2023. Posto che sullo stabile EFG e la futura cittadella della Giustizia si andrà a votare il 9 giugno, il Consiglio evidenzia al solito «stabili inadeguati, finanche indecorosi». L’inadeguatezza, viene specificato, è data sia dal punto di vista della sicurezza delle persone, sia da quello della dotazione tecnica. In questo senso, l’arrivo del progetto di digitalizzazione della Confederazione Justitia 4.0 preoccupa: solo il Pretorio di Biasca e la Pretura di Locarno sono dotati dei necessari cablaggi.

La Commissione giustizia e diritti ha sottoscritto a maggioranza il rapporto di Sabrina Aldi (Lega) favorevole all’introduzione dei tempi parziali anche in Magistratura. La proposta - contenuta in una mozione di Maddalena Ermotti Lepori (Centro) e sulla quale si era già espresso favorevolmente il Consiglio di Stato - chiedeva in sostanza di proporre una modifica legislativa che, sulla base di quanto avviene già in altri cantoni, «potrebbe permettere una migliore organizzazione all’interno della Magistratura» oltre che «essere uno strumento per permettere una migliore conciliabilità lavoro-famiglia». Nel suo rapporto, Aldi rileva che l’attuale sistema «sia anacronistico». Inoltre, «permettere anche ai magistrati di lavorare a tempo parziale potrebbe rendere la professione più interessante e spingere un numero maggiore di persone a candidarsi per la funzione».