L’analisi

Oriente e Occidente: la Turchia tra Ucraina, Russia e NATO

Da una parte l’Europa, dall’altra l’Asia – Come si sta muovendo Ankara di fronte al conflitto?
La nave russa Dmitriy Rogachev nelle acque del Bosforo nei pressi di Istanbul. La Turchia, recentemente, ha chiuso il passaggio delle navi da guerra negli stretti del Bosforo e dei Dardanelli. © EPA/ERDEM SAHIN
Sara Mauri
03.03.2022 20:16

Da una parte, l’Europa, dall’altra l’Asia. A Istanbul due sponde si incontrano, come in un bacio tra due continenti. La Turchia, membro della NATO, è da sempre un ponte tra Occidente e Oriente. Questa caratteristica va tenuta ben presente in qualsiasi analisi. Se adesso le relazioni con Putin sembrano essere meno strette, il complesso rapporto tra Putin ed Erdogan è fatto di relazioni a volte amichevoli, a volte controverse. Ciò che si delinea in questo conflitto, ovvero nell’invasione russa dell’Ucraina, è un nuovo assetto, un nuovo status: la Turchia sembra avvicinarsi all’Ucraina, anche se vuole essere mediatrice con la Russia.

Erdogan ha sempre mantenuto un tono equilibrato nelle sue dichiarazioni sulla situazione tra Russia e Ucraina. Ha definito l’invasione russa come «inaccettabile», ma ha espresso il suo desiderio di una soluzione pacifica del conflitto. Molto passa dalle mosse della Turchia riguardo alla Convenzione di Montreux. Ci sono i droni turchi in Ucraina e poi le offerte di mediazione turche tra Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin. Un’altra vicenda importantissima è la decisione turca sugli stretti del Bosforo e dei Dardanelli.

La questione degli stretti
Tutto è partito da un tweet di Zelensky del 26 febbraio, in cui il presidente dell’Ucraina ringraziava il presidente di Turchia e annunciava la decisione del divieto di passaggio delle navi da guerra russe nel Mar Nero. In attesa della dichiarazione della controparte, ovvero della parte turca, sono stati molti i discorsi degli analisti sul tema. Anche perché sugli account ufficiali turchi era apparsa la notizia della telefonata intercorsa tra il Zelensky ed Erdogan, ma non si faceva nessun minimo accenno alla questione degli stretti. La stessa cosa valeva per l’account Twitter della Presidenza della Turchia, dove non c’era alcun riferimento alla questione.

Quella di Zelensky poteva apparire come una richiesta ucraina alla Turchia, andava trattata con prudenza. E questo perché, il 25 febbraio, ovvero solo il giorno prima, Mevlüt Cavusoglu, ministro degli Esteri turco, aveva dichiarato che la Turchia non avrebbe potuto chiudere gli stretti.

Cos’è la Convenzione di Montreux? La Turchia, che condivide i confini marittimi con l’Ucraina e la Russia, controlla l’accesso al Mar Nero attraverso la Convenzione di Montreux: un trattato internazionale del 1936 che garantisce alla Turchia il controllo dello stretto del Bosforo e di quello dei Dardanelli. Questa convenzione consente alla Turchia di vietare l’accesso alle navi che non hanno una base nel Mar Nero durante i periodi di guerra. Da un lato, l’appartenenza alla NATO, dall’altra il rischio di rottura troppo esplicita con Mosca, la situazione era complicata: l’unica via che aveva la Turchia per chiudere il passaggio alle navi russe sarebbe stata quella di dichiarare espressamente che la situazione in Ucraina fosse uno «stato di guerra». Un’altra criticità era il fatto che la Russia, confinando con il Mar Nero, avrebbe potuto asserire di muovere le navi per ritornare alla base e poi muoverle per far la guerra.

Insomma, tra il dire e il fare c’era di mezzo il mare. Il 27 febbraio, il ministro degli esteri turco Cavusoglu aveva poi rilasciato una dichiarazione che faceva presagire come più vicina la chiusura dello stretto da parte turca. In pratica, il ministro degli Esteri turco aveva detto di poter agire secondo la convenzione di Montreux. «Siamo giunti alla conclusione che la situazione in Ucraina si è trasformata in una guerra», aveva detto alla CNN Turchia. «Implementeremo tutti gli articoli di Montreux in maniera trasparente». E qui veniamo al discorso che si faceva: il fatto dichiarato che l’invasione di Mosca fosse diventata ad occhi turchi una vera e propria «guerra» ha permesso alla Turchia di invocare gli articoli della convenzione che avrebbero limitato il passaggio delle navi militari. La decisione ufficiale e la conseguente comunicazione sul blocco degli stretti è arrivata solo nella serata del 28 febbraio. Su vari media era apparsa la notizia di un blocco delle sole navi russe, ma non è così. Applicando la convenzione di Montreux alla lettera, Ankara ha vietato il passaggio alle navi da guerra. Chiaramente, eccetto quelle registrate nei porti militari nel Mar Nero, secondo il diritto – dettato dalla convenzione – di tornare alle proprie basi. «Non dovrebbe esserci nessun abuso di questa eccezione. Le navi che dichiarano di tornare alle loro basi e che passano attraverso gli stretti non dovrebbero essere coinvolte nella guerra», ha dichiarato Cavusoglu.

I droni turchi in Ucraina
L’Ucraina sta già utilizzando i droni turchi, una delle armi più sofisticate dell’esercito ucraino e la Turchia amplierà ulteriormente le forniture. Questa decisione si inserisce nel contesto dei sempre più complessi legami russo-turchi. Infatti, se vogliamo, si può intendere come una sorte di affronto alla Russia, Paese rivale e amico, in una sorta di rapporto di cooperazione e conflitto. Lo scorso autunno, questo tipo di fornitura non aveva certo reso felici i russi. Putin aveva anche manifestato il suo dissenso durante una telefonata con Erdogan. La Turchia, infatti, aveva già venduto all’Ucraina dei droni Bayraktar TB2. Droni che l’esercito ucraino aveva utilizzato in combattimento contro i separatisti sostenuti dalla Russia già dallo scorso ottobre.

Ma tra Russia e Turchia le cose sono molto più articolate. Nel 2019, Erdogan aveva acquistato un sistema di difesa missilistico S-400 da Mosca. La Turchia, proprio per questo ordine dalla Russia, era poi stata estromessa dal programma di sviluppo degli F-35. Gli Stati Uniti avevano anche imposto sanzioni al Paese. Occorre sicuramente ricordare che, già in passati conflitti, in Libia e Siria, Putin e Erdogan si sono trovati a combattere su fronti opposti. In Siria, nel 2015, la Turchia aveva anche abbattuto un jet russo, ma poi la relazione si era normalizzata.

La NATO e l’Occidente
Ankara ha dichiarato di sostenere qualsiasi allargamento della NATO e dell’UE. Sull’UE, Erdogan ha invitato gli stati membri a mostrare anche alla Turchia la stessa sensibilità dimostrata a Kiev per un ipotetico ingresso in Europa. «L’Unione Europea accetterà la Turchia solo quando sarà sotto attacco come l’Ucraina? Dobbiamo aspettare fino a quel punto?». Ma ciò appare come una piccola provocazione. La questione dell’ingresso in UE è spesso usata dalla Turchia come grimaldello.

Cooperazione e conflitto: un equilibrio difficile
Se, da un lato, la relazione con l’Ucraina si fa sempre più significativa, Erdogan ha anche una posizione molto moderata sulla Russia. La Turchia si è spesso offerta come mediatrice tra Russia e Ucraina e cerca di mantenere un difficile equilibrio diplomatico. Pur condannando le azioni in Ucraina e sostenendo Zelensky, l’assetto politico turco si muove su un filo. «Non rinunceremo né alla Russia, né all’Ucraina, ma continueremo a difendere l’integrità territoriale dell’Ucraina», ha detto Erdogan. Nella difesa di quelli che sono gli interessi turchi, comprese le intese energetiche e commerciali, Erdogan (anche in vista delle elezioni nel 2023) non può schierarsi di netto e sta tenendo aperti i canali sia con l’Ucraina che con la Russia. La situazione economica turca non è delle più felici, l’inflazione galoppa e la lira turca perde moltissimo. La Russia è il primo fornitore di gas della Turchia, che ha molto da perdere nel conflitto (soprattutto a livello economico). Tuttavia, la posizione turca è molto difficile e si gioca sempre in equilibrio tra NATO e Oriente. La Turchia, infatti, non ha previsto (per ora) sanzioni alla Russia, nella speranza di tenere aperto un canale di dialogo con Mosca. «C’è bisogno di un attore che possa parlare con la Russia», ha dichiarato ieri Ibrahim Kalin, il portavoce di Erdogan.

In questo articolo: