L'intervista

«Pronto alla corsa per gli Stati, raccolgo voti non solo a sinistra»

Nel PS i giochi sono fatti: il candidato al Consiglio degli Stati sarà il consigliere nazionale Bruno Storni che spiega perché ha accettato - Un tecnico della politica non dotato per discorsi ideologici
Bruno Storni al lavoro in Consiglio Nazionale. Per lui sarà doppia candidatura alle Federali del prossimo 22 ottobre. ©Gabriele Putzu
Gianni Righinetti
17.05.2023 06:00

Bruno Storni, qualche mese fa ha deciso di ricandidarsi per altri 4 anni al Consiglio nazionale. Come è maturata quella scelta?
«Semplicemente perché il lavoro a Berna è molto stimolante e importante, permette di contribuire, lavorando in prima fila, allo sviluppo del Paese. Ho notato in questi 4 anni che il mio profilo piuttosto tecnico è stato e potrà anche in futuro essere utile nelle Commissioni e in Parlamento, soprattutto di questi tempi di grandi problematiche sociali e ambientali che stiamo affrontando, in particolare quelle relative al clima, all’energia o alla mobilità, ma anche al lavoro o alla digitalizzazione. Dopo solo 4 anni, in parte serviti per imparare i meccanismi di Palazzo, mi sembra normale ricandidarmi».

Ma la novità che possiamo anticipare è che ha optato per la doppia candidatura, sarà pertanto in lista anche per il Consiglio degli Stati quale rappresentante del PS. E questa decisione com’è maturata?
«Mi è stato chiesto già tempo fa, quando si discuteva ancora l’eventuale elezione suppletiva e avevo dato la mia disponibilità, che ho confermato per le elezioni di ottobre. La commissione elettorale ha ora proposto il mio nome».

Possiamo dire che a convincerla è anche il fatto che grazie al traino degli Stati lei potrebbe avere meno problemi nell’elezione alla Camera bassa?
«Sicuramente la doppia candidatura dà più visibilità durante la campagna, ma non è stato quello l’argomento che mi ha convinto o spinto a scendere in campo. Come detto, io ho dato la mia disponibilità sin dall’inizio».

Ma restiamo agli Stati. Sulla scorta di quali certezze (o sogni) conta di fare proprio il seggio oggi vacante ma conquistato con grande entusiasmo con Marina Carobbio nel 2019?
«Certezze non ne ho e sogni tantomeno; farò del mio meglio per difendere la presenza socialista e ambientalista ticinese agli Stati, decideranno elettrici ed elettori».

Non possiamo dimenticare che se lei oggi è al Nazionale è grazie alla storica entrata della sinistra agli Stati. Ma come si fa a fare il bis?
«Il PS ha sempre avuto uno o due rappresentanti ticinesi al Nazionale, e se per “fare il bis” intende una mia rielezione, ricordo che ero già subentrante all’elezione del 2015. È chiaro che non potevo pretendere di superare Marina, sia nel 2015 che nel 2019. In questi primi 4 anni credo di aver dimostrato che non sono fuori posto, il numero di atti parlamentari che sono riuscito a far approvare è chiaramente superiore alla media, soprattutto se si considera che non è facile per un Socialista trovare maggioranze. Quanto al bis della sinistra ticinese agli Stati, dobbiamo mettercela tutta».

Per il Gran Consiglio 2019 ho ottenuto, seppur di poco, più voti esterni che interni. Ho l’impressione che il mio modo di affrontare i problemi e proporre soluzioni trovi consensi non solo nell’area rossoverde

La corsa alla Camera dei Cantoni è sorretta dal sistema maggioritario, si tratta pertanto di convincere l’elettorato d’area più che quello strettamente d’appartenenza socialista. Magari raccogliendo anche qualche voto di stima/simpatia nel centrodestra?
«Sicuramente occorrono voti da tutto lo spettro politico, ma se esamina i voti di panachage nelle diverse elezioni cui ho partecipato, vedrà che raccolgo molti preferenziali anche fuori dalla lista PS. Per il Gran Consiglio 2019 ho ottenuto, seppur di poco, più voti esterni che interni. Ho l’impressione che il mio modo di affrontare i problemi e proporre soluzioni trovi consensi non solo nell’area rossoverde. Molti temi portati avanti dall’area progressista interessano tutti, ad esempio l’energia e le relative tariffe, ma anche i premi casse malati, il potere d’acquisto o la digitalizzazione».

Lei, se possiamo permetterci, non è propriamente un esponente puro duro che fa politica strettamente ideologica, ma che poggia spesso i suoi ragionamenti sulla scienza. È questo il suo jolly per gli Stati?
«Sono ingegnere da una vita e ho lavorato in Svizzera e all’estero in molti settori industriali e scientifici. Gli enti pubblici devono affrontare e risolvere molti aspetti infrastrutturali complessi, dai servizi idrici all’energia, dai trasporti alle telecomunicazioni, e qui l’ideologia si scontra presto con i numeri, con l’esigenza di trovare soluzioni efficienti, intelligenti e finanziabili frutto di lavoro di squadra. Ho sempre cercato di fare politica sulla base di analisi tecniche per proporre soluzioni concrete ai problemi da risolvere, sono poco incline e non sono nemmeno dotato per discorsi ideologici fine a sé stessi ma va da sé che nelle soluzioni concrete che propongo non posso prescindere dai principi della giustizia sociale e dal rispetto dell’ambiente. Il mio è sicuramente un modo diverso di fare politica, poco ideologico ma più tecnico e pragmatico, non spettacolare, sovente complicato. Non saprei se è un jolly, vero è che è apprezzato dentro e fuori dall’area strettamente progressista, vedremo».

È pronto ad affrontare i duelli che contraddistinguono la campagna elettorale verso gli Stati?
«Più che duelli li definirei confronti, in questo senso dibattiti ne ho fatti molti sui vari temi passati in votazione, cercherò di fare la mia parte civilmente con rispetto della controparte, ma difendendo con fermezza il mio punto di vista. Conto sulla forza degli argomenti».

Si preannuncia una tornata di doppie candidature (i rumors indicano Alex Farinelli, Fabio Regazzi, Greta Gysin e Marco Chiesa). Con lei potreste essere ben cinque. Ma tutto questo ha senso, non toglie sale alle elezioni proponendo una ridondanza degli stessi nomi?
«Era così l’ultima volta. Sia Marco Chiesa che Marina Carobbio erano uscenti al Nazionale e si ricandidavano, ma si candidavano anche per gli Stati ed hanno avuto successo. Mi sembra naturale entrare agli Stati passando per l’esperienza al Nazionale».

Detto che Gysin non è ancora stata indicata ufficialmente (ma è una formalità) lei sarebbe pronto a una staffetta con l’ecologista e poi il più votato andrebbe al secondo turno?
«Sicuramente! Mi sembra logico che al secondo turno non ci si divida i voti, quindi manterremo un solo candidato d’area. Immagino che confermeremo l’accordo del 2019».

I problemi ambientali si stanno acutizzando, saranno drammatici in molte parti del mondo, e anche la Svizzera e il Ticino ne subiranno gli effetti, come già vediamo

Con Gysin si tratterà di fare squadra, oppure ognuno faccia la sua corsa anche mostrando ciò che vi distingue e non solo quanto vi unisce?
«Chiaramente faremo squadra perché difendiamo e lavoriamo per medesimi progetti e per i valori che vorremmo rappresentino ancora il nostro Cantone nel Consiglio degli Stati. I problemi ambientali si stanno acutizzando, saranno drammatici in molte parti del mondo, e anche la Svizzera e il Ticino ne subiranno gli effetti, come già vediamo».

Se dovesse scegliere si reputa più socialista o più ecologista?
«Fare politica ambientale vuol dire anche far politica sociale, ad esempio la gestione razionale dell’acqua potabile garantisce a tutti un servizio pubblico a costi bassi, quindi sociale e l’offerta capillare di trasporto pubblico che stiamo sviluppando è pure un’offerta sociale (chiaramente bisognerebbe ridurre i prezzi per i biglietti singoli). Se non adottiamo provvedimenti adeguati, il cambiamento climatico avrà effetti sociali negativi importanti per una gran parte della popolazione del globo. Ci vuole giustizia sociale, ma anche giustizia ambientale. Ad esempio l’UE, con il Mobility package, protegge nel contempo gli autisti e l’ambiente mettendo dei paletti al trasporto merci su strada. La mozione accolta che avevo proposto sul riposo settimanale degli autisti è una proposta contro il dumping sociale ma che ha anche effetti sull’ambiente. Comunque, per rimanere nel puro ambito sociale, malgrado a Berna nei gruppi i compiti siano ben definiti, ho presentato mozioni relative ai premi cassa malati con la proposta di compensazione (solidarietà) intercantonale, una proposta socialista».

Il seggio d’area di sinistra lasciato da Carobbio fa gola a PLR e al Centro usciti sconfitti ed estromessi quattro anni fa. Di quali armi dispone per fare fronte all’attacco che presto o tardi verrà sferrato?
«Qualche drone spia e amici esperti di cybersicurezza potrebbero bastare. Scherzi a parte, credo che quanto fatto in precedenza in Gran Consiglio o in Municipio, ma soprattutto in questa prima legislatura a Berna possano servire. Oltre all’Iniziativa cantonale “Strade sicure subito” sono riuscito a far approvare 2 mozioni e 3 postulati e a difendere l’Iniziativa cantonale per la banda ultralarga, attuata nella forma di Ordinanza ma che andrà implementata a livello di Legge. Ricordo che le Iniziative cantonali hanno un tasso di successo dell’uno due per cento. Inoltre penso che il mio curriculo professionale, con i tanti progetti in ambito tecnologico avanzato cui ho lavorato, possa essermi utile. Ho esperienze anche nella formazione, sia SUPSI che Politecnico, e una nomina nella Commissione Federale per le Questioni spaziali. Per finire anche l’attività che da decenni svolgo nell’ambito della politica dei trasporti nell’ATA, che ha portato benefici anche al nostro Cantone, come, ad esempio, il Fondo per l’infrastruttura ferroviaria, il terzo binario completo e la fermata Piazza indipendenza e la mobilità dolce, penso siano competenze adeguate per poter svolgere il lavoro al Consiglio degli Stati, come mi sembra aver dimostrato per il Nazionale. Sono però ben cosciente che la contesa sarà dura».

Cosa le potrebbero dare gli Stati che il Nazionale neppure lontanamente ha?
«I due consessi sono diversi nei processi e nei formalismi, ma negli obbiettivi sono simili. Si propongono e si elaborano atti legislativi e crediti d’impegno in sequenza tra le due camere. Ritengo di poter continuare a lavorare come ho fatto al Nazionale, chiaramente il formato e le procedure non sono identici».

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