Quando il Fusi cita Brera e il bomber paga per tutti

Il Bar Milton è frequentato anche da ex calciatori del Como. Alcuni passano al mattino a scroccare la Gazzetta, silenziosi e indisturbati, altri invece provano, qua e là, a inserirsi nelle discussioni degli habitué. Questo, solitamente, fa arrabbiare il Fusi. Lui è uno da club privato. Della serie: o ci sei sempre, o sei fuori. È esclusivo, e non guarda in faccia a nessuno. Una volta - è successo qualche mese fa - ha riempito di insulti un ex portiere, uno di Serie A, cresciuto in zona, perché aveva osato criticare l'acquisto di Audero. Che avesse ragione, con il senno di poi, poco importa. Essendo un frequentatore distratto, non aveva il diritto di manifestare un'opinione contraria alla sua. E il Fusi aveva appena detto che, stando a statistiche da lui osservate su un sito indonesiano, Audero era potenzialmente più forte di Donnarumma. Aveva dimenticato che il portiere, ora alla Cremonese, è nato a Mataram, Indonesia.
In tutti i casi, questa mattina, all'ora del caffé - per alcuni, impavidi, del primo bianchino sporco o persino della spuma, che al Bar Milton è ancora servita alla spina, come nei peggiori bar di Ronago -, si è fatto vedere anche un ex attaccante. Uno a cui tutti noi vogliamo bene. Un giorno farò nomi e cognomi, promesso. Per ora resto sul vago, per non compromettere nessuno. Sia quel che sia, il fu calciatore ha ascoltato volentieri i nostri sproloqui. Poi è intervenuto. Ma ci arriveremo.
Tema di discussione, oggi, era lo 0-0. Il Fusi si è detto convinto che sia il risultato perfetto. E ha citato Brera. A un certo punto persino il Casolini della RSI - «L'ha detto anche il Casolini della RTSI», testuali parole -, tentativo dialettico, questo, che ha generato mugugni. In particolare, l'Antognoni di Olgiate, incavolato nero con Comano perché non riesce più a vedere la RSI da oltre confine, ha alzato la voce, dicendo di non voler «prendere lezioni dagli svizzeri». Il Fusi è svizzero, naturalmente. «E allora rimaniamo a Brera. Che cosa diceva Brera?». Qui ha mostrato la sua verve da professore quasi in pensione. «Diceva che la partita perfetta è quella che finisce 0-0, simbolo di un pareggio tatticamente impeccabile dove le squadre si annullano a vicenda. Lo 0-0 rappresenta la massima espressione dell'equilibrio tra difesa e attacco».
Intanto l'ex attaccante già stava ascoltando. Il Panzeta, che come sappiamo si vanta di essere amico di tutti i calciatori e politici locali, gli si era avvicinato, provando a offrirgli il caffé ma sapendo che, piuttosto, sarebbe stato lui a guadagnarci la colazione. E poi si è inserito nella discussione, forse per cercare di fare colpo sull'ex attaccante. «Ma adesso non mi vorrai dire che lo 0-0 di sabato è stato perfetto? Ma di che cosa stiamo parlando? È stato uno scempio!». E si è messo a criticare la scuola spagnola, da Guardiola in giù, passando appunto per gli allenatori di Parma e Como, Cuesta e Fabregas. «Questo è perché avete esaltato per anni gente che fa il tic e toc e che non sa come arrivare a tirare in porta. Roba che nemmeno con il sano catenaccio italiano». Poi si è girato verso il bomber. «È vero o no? No, dico, è vero o no?». Questa è un'espressione che usa spesso, al pari di quella che utilizza quando si schermisce: «Dai che non ho piacere». Il suo mito è Christian De Sica, in particolare il Felicino di Sapore di mare. E allora ne riprende anche le espressioni.
A quel punto, però, è salito in cattedra il Conte Giuliani, ultimamente in grande spolvero, forse per via della sua fresca tresca con una finta bionda presentatrice di una «tv» - virgolette d'obbligo, essendo diffusa solo attraverso i social - locale, TeleCamerlata. Il Conte si è messo a snocciolare nomi. Per un attimo ha verificato anche con la Robertina se gli era possibile rubare la solita lavagna ma, ricevuto uno sguardo fulminante, ha desistito. «Morata, Douvikas, Pellegrino, Cutrone. Questi gli attaccanti scesi in campo a Parma. Ma poi vi dico anche: Dovbyk, Gimenez, David, Piccoli, Lucca, Openda, ma persino Hojlund, Kean, Vlahovic. Questi sono attaccanti che nella Serie A di vent'anni fa non avrebbero mai visto palla. Ma vi dirò di più: persino i Lautaro, i Thuram, i Lukaku, non sarebbero stati così protagonisti. E infatti sono in Italia perché nessuno ha creduto in loro altrove. E chi li serve? Chi sono i numeri dieci, oggi? Baldanzi? Gudmundsson? De Ketelaere? Esaltiamo Pulisic neanche fosse Messi. Ma chi segna? Chi inventa? Normale che si finisca 0-0. Per fortuna ci possiamo godere ancora per qualche mese Nico Paz. Ma nemmeno lui, da solo, può fare più di tanto. E per fortuna che qui abbiamo Fabregas, che grazie alle idee ci regala un minimo di libidine. Ma è questo, oggi, a fare la differenza. Non è una questione di partite perfette, di 0-0, di goleade, ma di idee. A Parma è stato bravo Cuesta a spegnere le idee di Fabregas. E nessuno ha saputo andare oltre, perché pochi sono capaci di farlo, nella Serie A di oggi. Punto».
Nessuno sembrava più avere nulla da dire, dopo questa sparata. Il Bar Milton si è ammutolito, lasciando spazio alla solita canzone del De Sfroos. Al che tutti ci siamo guardati. Poi ha fatto un passo in avanti l'ex attaccante. Ha lasciato i soldi della colazione di tutti noi sul bancone. E con atteggiamento teatrale, avvicinandosi all'uscita, ci fa: «Ma andate a lavorare».
Como me gusta la Serie A, dialetto edition, ottava giornata
A caval dunaa se varda minga in buca: Stefano Pioli
A lavurà la vita l'è düra, ma la pagnòta l'è sicüra: Juan Cuadrado
Al m'ha menaa a mesa senza vedè al prevat (mi ha preso in giro): Antonio Conte
Al ma fà gnè còlt gnè frech: Jonathan David
Al ma fai vedè al sant e al miracul (mi ha mostrato come stanno le cose): Zambo Anguissa
A la sera légur, a la matina pégur: Patrick Vieira
Cantà e purtà la crus: Guillermo Maripan
I uur de la mattina gh'ànn l'oor in buca: Zachary Athekame
Galina vegia la fà bun broeu: Jamie Vardy
Se la mia nona la ghera i roeut a l'era un tram: Cristian Chivu