Lugano

Quaranta candeline al Maghetti

Sono passati quarant’anni dal termine dei lavori che hanno reso il Quartiere una realtà polivalente, dopo essere stato per oltre un secolo esclusivamente un oratorio – Sabato 21 settembre festa popolare
Quartiere Maghetti, 1950. © Vincenzo Vicari
Federico Storni
Valentina Coda
16.09.2024 06:00

«In fondo quello che festeggiamo oggi è non aver mai tradito il concetto di quartiere, nemmeno nei momenti più difficili». Il quartiere in questione è il Maghetti, che si appresta a festeggiare quarant’anni dal termine dei lavori che l’hanno reso una realtà polivalente, dopo essere stato per oltre un secolo esclusivamente un oratorio. A parlare è il direttore della Fondazione Maghetti, Riccardo Caruso, che di questi quarant’anni ne ha vissuti una trentina, di cui 24 proprio da direttore: «Ci siamo modernizzati rimanendo sempre aperti alla città, ma restando al contempo un luogo d’aggregazione. I nostri 60 appartamenti e 40 negozi oggi sono tutti affittati».

La fatica dell’inizio, poi...

Se Caruso parla di difficoltà è perché il profondo cambiamento non sempre ha dato i frutti sperati, e specialmente una decina d’anni fa il Maghetti sembrava aver perso centralità e rilevanza nella vita cittadina. «All’inizio la popolazione faceva fatica a entrare anche per l’assetto architettonico un po’ chiuso su se stesso, oltre che forse per la difficoltà di alcuni commerci a reagire alla crisi», spiega Caruso. Un problema che la Fondazione ha provato a risolvere con «un importante intervento architettonico per dare respiro alla galleria», terminato nel 2018.

Il restauro ha reso più accessibile il quartiere, e così alcune scelte azzeccate della Fondazione. «Il focus del progetto era riuscire a trovare delle nuove attività che potessero apportare una maggiore qualità e innovazione. La ricerca è stata impegnativa ma siamo poi riusciti a diversificare l’offerta concentrandoci in particolare sui servizi, che rispetto ai commerci risentono meno della concorrenza dell’online». Detta così, sembra essere andato subito tutto liscio, ma trovare la quadra non è stato semplice, complice anche la pandemia. Il nuovo concetto gastronomico è stato per esempio frenato per diversi mesi dagli inattesi problemi finanziari della catena italiana California Bakery, che hanno portato alla scelta di un nuovo inquilino e infine al completamento della cosiddetta “Corte dei sapori”.

Una tripla anima

Questo non significa che in atto non vi siano cambiamenti: «La situazione economica della città è ben nota e le difficoltà ci sono anche per noi – commenta Caruso –, quindi abbiamo ancora dei turnover. La differenza rispetto a qualche anno fa è che ormai non facciamo più fatica a trovare nuovi inquilini e le vetrine non restano vuote: ad esempio, il negozio di mobili è stato immediatamente rimpiazzato da uno di giocattoli».

Il Quartiere Maghetti, afferma il direttore, «ha una tripla anima: abitativa, commerciale e aggregativa». Per quanto riguarda il terzo punto, vale la pena ricordare che non solo è stato mantenuto l’oratorio, ma anche che negli ultimi anni ha trovato un animatore straordinario in don Emanuele Di Marco: «È riuscito a rilanciarlo alla grande: non solo per le attività pastorali ma anche con una grande apertura al mondo d’oggi. Penso in particolare al progetto LabOratorio 6900 negli ex spazi del Litorale». Il LabOratorio, inaugurato ad aprile, vuole essere una casa della solidarietà, al contempo sede di associazioni caritatevoli, sportello sociale, centro educativo e altro ancora.

Focus sulla sostenibilità

Anche il Litorale era uno spazio sperimentale, gestito dall’USI: mirava a mettere in contatto studenti universitari e start-up, ma il progetto è durato pochi anni. Il Covid non gli è stato favorevole, ma qualche seme ha fatto in tempo a piantarlo: «Il rapporto del Quartiere Maghetti con l’USI continua – dice Caruso –. Con essa, SUPSI, Franklin University e con il supporto della Città di Lugano, abbiamo avviato un lavoro di dibattito e confronto sulla sostenibilità, con un primo incontro incentrato sull’economia circolare, all’interno di un luogo che già rappresenta una sorta di economia circolare che ricorda quella di un paese».

Un segno di riguardo

La Fondazione arriva dunque soddisfatta a festeggiare i quarant’anni della nuova impostazione. La festa popolare, aperta a tutti, è in programma sabato 21 settembre, e non è un caso. La domenica al Maghetti significa infatti riposo, e anche la gastronomia rimane generalmente chiusa: «Il Maghetti è densamente abitato, quindi alla domenica si vuole dare un minimo di tranquillità agli inquilini. È un segno di riguardo verso chi abita qui e mi sembra che gli esercenti abbiano colto».

Un po' di storia

Il Quartiere Maghetti era originariamente un’area che possedeva un forte legame con la chiesa e la vita comunitaria. Tuttavia, negli ultimi decenni ha vissuto radicali cambiamenti, causati dalle sfide e dalle opportunità che si sono manifestate con l’evoluzione urbanistica. Nell’Ottocento la famiglia Maghetti, originaria di Luino ma insediatasi a Lugano agli inizi del Settecento, lasciò due eredità: quelle di Angiola Maghetti e dei genitori della donna, ovvero Antonio Maria Maghetti e Maddalena Luvini, che possedevano una grande fortuna grazie all’industria della seta e di diverse merci. Da qui nacque il legato Maghetti. Nonostante i fondatori, con le loro disposizioni testamentarie, avessero voluto sottrarre esplicitamente il legato al controllo di qualsiasi autorità civile o ecclesiastica, nel tempo esso si è trasformato nell’attuale Fondazione, amministrata dalla Curia vescovile e sottoposta al controllo dell’autorità cantonale di vigilanza sulle fondazioni. Il 28 dicembre 1916 il legato Maghetti fu riconosciuto come fondazione «avente lo scopo di dare ai figli orfani poveri di Lugano una istruzione ed educazione professionale» e iscritto al Registro di commercio. L’edificio fu successivamente utilizzato come luogo di ritrovo per le generazioni dei giovani luganesi e dalle numerose associazioni oratorie. Negli anni Cinquanta, vicino alla cappella, fu costruito un cinema-teatro che, con il passare degli anni, divenne noto come «cinema Iride», che fu poi demolito nel 1981 per dare spazio al nuovo Quartiere Maghetti inaugurando infine il nuovo cinema nel mese di settembre del 1987. 

Centro polifunzionale

Il progetto per il rinnovamento del Maghetti nacque in risposta alla crescente urbanizzazione e alla crisi delle strutture di socializzazione legate alla Chiesa. La Fondazione Maghetti arrivò così al punto di affrontare difficoltà finanziarie e necessità di rinnovo. Nel 1984, il nuovo quartiere fu inaugurato, progettato dallo studio di architettura CBS (Architetti Camenzind, Brocchi e Sennhauser). Il progetto comprendeva appartamenti di lusso, negozi, ristoranti e un nuovo cinema Iride, contribuendo così alla rinascita del quartiere. Il Centro giovanile Maghetti fu creato come risposta alla crescita della periferia e alla diminuzione di utenti dell’oratorio. Questo centro polifunzionale includeva una palestra e spazi per attività ricreative, ma non riuscì a emergere completamente, rimanendo una zona con accessi difficili e una certa difficoltà di integrazione con la città.

Una nuova veste

Nel 1999, il Maghetti subì una radicale trasformazione grazie su progetto dello Studio Mendini di Milano. L’intervento portò una nuova veste al quartiere con colori vivaci e decorazioni innovative, segnando un passaggio verso una fase di maggiore espressione urbanistica e sociale che mirava inoltre a renderlo un luogo dinamico e accogliente, capace di attrarre visitatori e residenti. Tra le misure adottate per rivitalizzare l’area vi furono la riconversione di spazi commerciali in bar e ristoranti, la creazione di studi professionali per la salute e il benessere, e il rilancio del cinema Iride con proiezioni in prima visione. Il quartiere divenne quindi un luogo vivace grazie a manifestazioni ricorrenti, come la pista di ghiaccio artificiale ed eventi come l’esposizione di auto d’epoca e raduni di Harley Davidson. Questi eventi contribuirono a creare un punto di incontro per giovani e famiglie, offrendo un miscuglio di cultura e intrattenimento.