Il punto

Sciopero: «La mobilitazione non si fermerà»

A Bellinzona si è tenuta una lunga giornata di mobilitazione e sciopero – Un serpentone di circa 5.000 persone ha invaso pacificamente le vie della capitale, dalla stazione fino a piazza Governo – Ripercorriamo le tappe
© CdT / Gabriele Putzu

Una lunga giornata di mobilitazione e sciopero. Lunga tanto quanto il serpentone di circa 5.000 persone che ha invaso pacificamente le vie di Bellinzona, dalla stazione fino a piazza Governo. Ecco le tappe principali di quella che i sindacati hanno definito «una giornata storica» e «il più grande sciopero del settore pubblico e parapubblico in Ticino».

Ore 10.00: prima assemblea dei sindacati

Si parte. Un po’ in sordina, ma si parte. Il primo evento organizzato dai sindacati è un’assemblea online, in diretta da una piazza Governo ancora semi-deserta, ma comunque già addobbata da striscioni e bandiere. Quasi nessuno, a questo punto della giornata, ha deciso di recarsi in piazza ma, d’altronde, era previsto: lo sciopero vero e proprio partirà solo nel pomeriggio. Ad ogni modo, la prima assemblea (delle tre previste) è iniziata alle 10 in punto ed è stata interamente dedicata all’amministrazione cantonale. Qui, i sindacati hanno ribadito le rivendicazioni principali della protesta: le «misure pericolose e senza progettualità del Preventivo 2024», il mancato riconoscimento del carovita, la parziale non sostituzione del personale partente, senza dimenticare tutti i tagli che andranno a incidere sul settore sociosanitario. Ma, oltre ciò, ha evidenziato il sindacalista Raoul Ghisletta (VPOD), «siamo preoccupati anche per le ulteriori misure che saranno presentate nei prossimi mesi», con il Preventivo 2025 e, quindi, con il secondo pacchetto di misure di risparmio. Le richieste fatte dai sindacati? «Riaprire il tavolo delle trattative con il Governo» dopo la mobilitazione, sia per quanto riguarda il carovita e la mancata sostituzione del personale, sia «per evitare di ripetere gli errori fatti anche nel Preventivo 2025».

Ore 12.00: la seconda assemblea

Il secondo momento di protesta in diretta da piazza Governo, previsto a mezzogiorno, ha avuto come protagonista il mondo della scuola. Per il sindacato OCST, Gianluca D’Ettorre ha messo l’accento sul crescente disagio che sta toccando il settore. «Siamo qui per esprimere il nostro malessere e il nostro disappunto per la politica del personale portata avanti negli ultimi decenni». In questo senso, D’Ettorre ha evidenziato gli interventi politici che la scuola subisce da tempo e «che denotano superficialità». Ma a essere sottolineato è stato pure l’aumento della burocrazia. Senza tralasciare la misura della parziale non sostituzione del personale (criticata a più riprese dai presenti) che potrebbe portare a classi più numerose e mettere sotto pressione i docenti stessi. Insomma, come poi sottolineato da una docente della Scuola cantonale di commercio, «non è solo una questione di salario», ma di «deterioramento delle condizioni lavorative». Ghisletta, da parte sua, sulla non sostituzione del personale ha parlato di «una linea rossa che è stata superata».

Ore 13.00: primi segnali di sciopero

Nel primo pomeriggio, in viale Portone, si intravvedono i primi segnali di sciopero. Presso il Centro educativo per minori Ithaka è infatti comparso un lungo striscione dal messaggio eloquente: «Sciopero».

Ore 13.30: braccia incrociate all’OSC

Ma di sciopero vero e proprio non si è parlato solo nella capitale, bensì anche nel Mendrisiotto. Alle 13.30, infatti, è cominciato lo sciopero dei dipendenti dell’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale. Circa 150 le persone che hanno aderito, un numero che ha sorpreso gli stessi organizzatori. È stato comunque garantito un servizio minimo di assistenza ai pazienti. «Ci sentiamo dimenticati», hanno rilevato alcuni dipendenti. «La nostra categoria di solito vive un po’ nell’ombra, ma ora è il momento di dire basta. Non possiamo tollerare ulteriori tagli, in un momento in cui la società – e i giovani in particolare – hanno sempre più bisogno dei nostri servizi». Il personale, prima di trasferirsi a Bellinzona, si è radunato al teatro sociale dell’OSC per un punto di incontro. Un momento fatto di testimonianze, anche commosse, da parte dei dipendenti presenti a Casvegno.

Ore 15.00: la terza assemblea

Tornando in piazza Governo, i sindacati hanno organizzato la terza e ultima assemblea, a questo giro dedicata al settore sociosanitario. Ed è a questo momento che la piazza dinnanzi a Palazzo delle Orsoline ha iniziato a popolarsi di «scioperanti».

Ore 15.00: anche le scuole si uniscono

In parecchie scuole comunali, Medie e Licei, è scattato lo sciopero. Alcuni istituti hanno sospeso le lezioni, proponendo attività didattiche alternative agli allievi. In altre sedi, invece, la ricreazione di bambine e bambini è durata un po’ più del solito. Sono comunque molte le scuole che hanno garantito l’accudimento degli allievi fino al termine dell’orario scolastico.

Ore 16.00: il punto con Erredipi

Intanto, alla stazione della capitale l’Associazione per la difesa delle pensioni (Erredipi) ha fatto il punto sulla giornata. «Lo sciopero non è soltanto quanta gente viene, ma è anche la dinamica che migliaia di persone mettono in moto. E questa è una cosa positiva», le parole del portavoce Enrico Quaresmini. «Hanno fatto una forte pressione sui dipendenti (n.d.r. per non farli scioperare). Ma questo non fermerà la gente. Speriamo sia un momento di svolta».

Ore 17.15: la partenza

Pian piano, dalle 17.00 in poi centinaia e centinaia di persone hanno iniziato a radunarsi davanti alla stazione. Con qualche minuto di ritardo, verso le 17.15, il corteo è finalmente partito alla volta di Piazza Governo.

Ore 17.45: lo stop in Collegiata

Ma prima di arrivare davanti a Palazzo delle Orsoline, il lungo corteo si è fermato per qualche discorso di rito in piazza Collegiata. E la fiumana di gente arrivava ancora su su fino in stazione. A spanne, si può dunque parlare di diverse migliaia di persone, almeno 5.000 secondo quanto ci ha detto la Polizia municipale. Qui, in piazza Collegiata, a parlare è stato anche Gianni Frizzo, volto simbolo delle proteste delle Officine di Bellinzona nel 2008: «Sono con voi, che difendete i vostri diritti. Avete il mio rispetto e vicinanza per quello che state facendo. Solidarietà alle lavoratrici e ai lavoratori». E in questo senso, guardando oltre lo sciopero, Frizzo ha chiesto solidarietà alla piazza anche per i lavoratori delle Manor di Balerna e Sant’Antonino, dove sono a rischio oltre 100 posti di lavoro. I manifestanti hanno risposto con un grande applauso. Quella di oggi, ha affermato Frizzo, «è un’azione democratica, in difesa dei diritti» e contro una «palese ingiustizia ai danni di una parte della società».

Ore 18.30: l’arrivo in piazza

Il serpentone, dopo aver svoltato verso piazza Indipendenza, ha raggiunto lentamente il fulcro della giornata, piazza Governo. Dal palco situato alle spalle della fontana della Foca, hanno preso la parola diversi sindacalisti, organizzatori e membri di associazioni. «Grazie per la vostra mobilitazione», ha urlato al microfono Ghisletta. «È una giornata storica, perché questo è il più grande sciopero dei dipendenti pubblici e parapubblici che il Ticino abbia mai visto». Questa, ha proseguito il sindacalista, «è una mobilitazione importantissima: è in atto, infatti, uno scontro durissimo con una parte di politica che vuole liquidare il servizio pubblico e tagliare posti di lavoro. È un disegno politico ben chiaro, questo. Scioperiamo contro il taglio del carovita per gli anni a venire, contro i tagli al settore sociosanitario, alle scuole, agli ospedali. Qualcosa di mai visto. È un Paese, il nostro, che sta tagliando sulla formazione per i giovani, sulle persone meno fortunate, un Paese che guarda alla destra e all’estrema destra. Dobbiamo ribellarci».

Ore 18.50: «Ciao estremisti»

«Ci hanno detto che lo sciopero è qualcosa di estremo. Dunque, ciao estremisti», ha detto da parte sua Quaresmini rivolgendosi ai manifestanti. «Vi ringrazio. Sono contento per la dinamica che si è creata. Quando ho iniziato facevo fatica. C’era paura, indifferenza. Dire che i soldi non ci sono è terrorismo contabile. L’unica via è spiegare alla gente cosa facciamo e perché».

Ore 19.00: non è finita

«Ciao a tutti. Ma ricordate, ci rivedremo», sono state le parole degli organizzatori. Insomma, come è stato più volte promesso nel corso della lunga giornata, se le cose non cambieranno si tornerà in piazza.

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