Bruxelles

Stop al gas russo e blocco dei fondi, l’UE alza la posta contro il Cremlino

Le istituzioni dell’Unione non cedono alle minacce di Vladimir Putin e rilanciano proponendo anche in maniera formale norme finalizzate alla confisca dei beni di Mosca depositati in Europa - Ungheria e Slovacchia contrarie al blocco definitivo di importazione del GNL
Ursula von der Leyen ha alzato ieri la posta nello scontro con la Russia di Vladimir Putin. La Commissione UE ha deciso lo stop definitivo all’importazione di gas russo. ©Harry Nakos
Dario Campione
03.12.2025 20:17

Non è ancora uno scontro diretto. Sicuramente, è una guerra di nervi. Che Bruxelles sta combattendo, per una volta, con grande determinazione nonostante i molti ostacoli incontrati lungo il percorso.

L’Europa non intende arretrare di fronte alle minacce di Vladimir Putin. Semmai rilancia. E alza, persino, la posta in gioco. Prima decidendo lo stop definitivo all’importazione di gas russo. Poi annunciando l’iter legislativo finalizzato a utilizzare i beni russi attualmente bloccati nei forzieri del Vecchio continente. Qualunque sarà la formula finale, l’obiettivo è uno solo: proseguire nel sostegno all’Ucraina, «Paese invaso».

«Con le nostre proposte - ha detto oggi alla stampa la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, illustrando le decisioni prese - garantiremo che l’Ucraina abbia i mezzi per difendersi e per portare avanti i negoziati di pace da una posizione di forza. Stiamo proponendo soluzioni per aiutare a coprire le esigenze finanziarie dell’Ucraina nei prossimi due anni, sostenere il bilancio dello Stato e rafforzare la sua industria della difesa, nonché la sua integrazione nella base industriale europea della difesa. Proponiamo di creare un “prestito per le riparazioni”, utilizzando i saldi di contanti provenienti da beni russi immobilizzati nell’UE, con forti tutele per i nostri Stati membri. Stiamo aumentando il costo della guerra d’aggressione russa».

Le due proposte

Sul tema dei beni congelati dalle sanzioni contro il Cremlino, la Commissione ha messo oggi sul tavolo due proposte: prendere subito parte dei 210 miliardi di asset russi immobilizzati dalle sanzioni, la gran parte dei quali sono attualmente detenuti da Euroclear, una società belga che si occupa del deposito di titoli finanziari; oppure chiedere un prestito agli Stati membri - prestito garantito dagli stessi fondi congelati - per inviare il denaro in Ucraina. In ogni caso, sarà vietato qualsiasi trasferimento verso la Russia di beni immobilizzati della Banca Centrale di Mosca.

Secondo Bruxelles, Kiev avrebbe bisogno, nei prossimi due anni, di circa 136 miliardi di euro per alimentare la sua macchina difensiva e per il corretto funzionamento dello Stato (stipendi, pensioni, benefici e altro). Ed è questo l’importo su cui si vuole arrivare al più presto a una decisione finale.

Le due opzioni indicate da von der Leyen cancellano, di fatto, un’altra proposta avanzata poche settimane fa: il trasferimento diretto di risorse dagli Stati membri a Kiev. Peraltro, la decisione di impedire il ritorno dei beni russi a Mosca fa cadere uno dei punti del piano di pace che gli Stati Uniti avevano avanzato due settimane fa. Washington voleva infatti usare 100 miliardi per ricostruire l’Ucraina avocando a sé gli utili dell’operazione, e proponeva, per i beni rimanenti, di creare «un fondo congiunto USA-Russia per progetti bilaterali che aumentassero gli incentivi per evitare un ritorno al conflitto».

Belgio scettico

Gli ostacoli, come detto, non mancano. Il Belgio, Paese nel quale ha sede Euroclear, continua a non essere d’accordo. «Nelle attuali circostanze, un prestito per la ripresa economica dell’Ucraina utilizzando i beni russi congelati in Belgio non è fattibile - ha detto il premier belga Bart De Wever parlando all’emittente Vtm - Non riesco a immaginare che la Commissione oserebbe confiscare beni a una società privata (Euroclear, ndr) contro la volontà di uno Stato membro. Sarebbe senza precedenti».

«Il testo della Commissione non affronta le nostre preoccupazioni in modo soddisfacente - ha aggiunto il ministro degli Esteri di Bruxelles Maxime Prévot al suo arrivo alla sede della NATO per la riunione dei capi delle diplomazie degli Stati dell’Alleanza atlantica - Abbiamo la frustrante sensazione di non essere ascoltati».

In realtà, secondo la Commissione UE, se da un lato il credito della Banca Centrale Russa costituisce un’attività a cui corrisponde un obbligo di rimborso da parte degli istituti finanziari che detengono gli asset sotto sanzioni, dall’altro lato il divieto di trasferimenti alla stessa Banca Centrale Russa in questi 4 anni quasi di guerra ha generato un accumulo «straordinario e inaspettato» di saldi di cassa nei bilanci degli istituti finanziari. Tali saldi «non sono di proprietà» della Banca Centrale Russa e «non sono protetti dall’immunità sovrana». Questi saldi dovrebbero garantire il prestito per le riparazioni dell’Ucraina.

«Un giorno storico»

Oltre al destino dei fondi congelati, oggi l’Unione Europea ha discusso anche di approvvigionamento energetico. Decidendo di introdurre il divieto totale delle importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) e di gas tramite gasdotti dalla Russia rispettivamente dalla fine del 2026 e dall’autunno del 2027. Una decisione che dovrà essere ratificata dai 27 e dalla plenaria dell’Europarlamento. «Finalmente, e per sempre, stiamo chiudendo il rubinetto del gas russo. Non torneremo mai più alla nostra pericolosa dipendenza dalla Russia», ha detto il commissario UE all’Energia, il danese Dan Jorgensen. «Oggi è una giornata storica per l’Unione europea: molti pensavano che non sarebbe stato possibile, invece oggi è successo. Ho sempre saputo che avremmo potuto farlo. Ora siamo pronti ad aprire collaborazioni con nuovi partner affidabili. Questo è solo l’inizio di un vero successo europeo», ha invece commentato Ursula von der Leyen.

Voci critiche, anche in questo caso, non sono mancate. Ungheria e Slovacchia hanno subito fatto sapere che non voteranno il blocco delle importazioni di gas russo.

«Non appena il piano RePowerEU sarà formalmente adottato, lo contesteremo immediatamente alla Corte di giustizia dell’UE - ha scritto su X il ministro ungherese degli Esteri Peter Szijjarto - Il procedimento legale inizierà senza indugio. I lavori preparatori sono già in corso. Faremo tutto il necessario per difendere la sicurezza energetica dell’Ungheria», ha aggiunto.