Cassis: «Ascoltiamo chi è sul posto»

Un viaggio a sorpresa. Destinazione: Ramallah, città palestinese in Cisgiordania. E poi un’altra tappa, in Israele. Ignazio Cassis risponde così alle pressioni e alle critiche arrivate da più fronti nelle ultime settimane: proteste, petizioni, appelli, come quello di 55 ex ambasciatori svizzeri oppure di Medici senza frontiere e - non da ultimo - anche una lettera firmata da oltre 200 dipendenti dello stesso Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE). Tutti chiedono alla Svizzera, e a Ignazio Cassis, di fare di più. Il «ministro» degli Esteri, dal canto suo, si è recato direttamente sul posto. Un segnale per le pressioni ricevute? «È una visita che Cassis aveva in mente da tempo», ci fanno sapere dal DFAE, senza tuttavia specificare quando è stata programmata. I servizi di Cassis hanno poi aggiunto che l’obiettivo della visita del ticinese in Medio Oriente è anche finalizzata alla partecipazione della Svizzera alla Conferenza dell’ONU dedicata alla «risoluzione pacifica della questione palestinese e la messa in atto della soluzione a due Stati», che si terrà dal 17 al 20 giugno a New York.
«Si scontrano ogni giorno»
Il programma del consigliere federale, atterrato a Tel Aviv nel pomeriggio, è diviso in due giorni: questa sera, «per farsi un’immagine più completa possibile della situazione umanitaria a Gaza», c’è stato l’incontro a Gerusalemme con dei rappresentanti delle organizzazioni internazionali attive nella Striscia di Gaza e sostenute dalla Confederazione. Al tavolo c’erano anche la coordinatrice umanitaria ad interim dell’ONU per i territori palestinesi, i capi del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) e dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA). «Siamo nel mezzo di una guerra dell’informazione», ha tenuto a ribadire il capo del DFAE (lo aveva già detto in un’intervista alla RSI la scorsa settimana, attirandosi numerose critiche) all’inizio della riunione, secondo quanto riportato da un inviato dell’agenzia Keystone-ATS. «In queste situazioni è fondamentale sentire direttamente le istituzioni che lavorano sul campo ogni giorno», ha aggiunto dal canto suo Cassis su X. Le organizzazioni internazionali che lavorano sul campo - in un incontro di oltre 90 minuti - hanno spiegato in dettaglio le difficoltà nel fornire aiuti umanitari nella Striscia di Gaza.«Si scontrano ogni giorno con l’amministrazione israeliana», ha indicato un portavoce del DFAE. Domani mattina, invece, è in programma un colloquio a Ramallah (a nord di Gerusalemme) con il primo ministro e ministro degli Affari esteri dell’Autorità palestinese Mohammad Mustafa. In seguito, in Israele, Cassis incontrerà invece il ministro israeliano degli Affari esteri Gideon Sa’ar: proprio con quest’ultimo si confronterà sulle critiche mosse dalle organizzazioni umanitarie.
Governo sconvolto
Per il momento, tuttavia, la diplomazia elvetica non cambia la sua linea. Oggi il Governo ha risposto a tutti i consiglieri nazionali che hanno chiesto spiegazioni sul comportamento - e sul silenzio - dell’Esecutivo sulla situazione a Gaza. A una quindicina di quesiti, posti durante la tradizionale Ora delle domande, il Governo ha dato una sola risposta a tutti. «Il Consiglio federale rimane profondamente sconvolto dall’entità della sofferenza umana a Gaza», ricorda nella risposta pubblicata in forma scritta, ricordando che il Consiglio federale si era già espresso in merito lo scorso 28 maggio. L’Esecutivo, questa volta, sottolinea però «con forza che il ricorso alla fame come metodo di guerra, così come lo sfollamento forzato delle popolazioni, costituiscono gravi violazioni del diritto internazionale. Di fronte a questa acuta crisi umanitaria, il Consiglio federale prosegue il suo impegno a favore delle popolazioni in difficoltà, stanziando, per l’anno 2025, attualmente 21 milioni di franchi svizzeri alle organizzazioni umanitarie attive sul campo».
Soluzione politica
Il DFAE ribadisce poi la necessità di trovare «una soluzione politica al conflitto», la liberazione degli ostaggi detenuti da Hamas e invita a garantire un accesso umanitario rapido, sicuro e senza ostacoli in tutta la Striscia di Gaza e per tutti gli attori umanitari, in particolare l’ONU e i suoi partner. Qui entra in gioco la controversa «Gaza «Humanitarian Foundation», gestita da Stati Uniti e Israele. Una fondazione criticata da più parti: una ventina di «ministri» degli Esteri avevano firmato una lettera in cui si chiedeva che gli aiuti umanitari fossero gestiti dall’ONU e dalle ONG umanitarie. Cassis non ha firmato. Anzi, ha detto che si trattava di un «processo alle intenzioni».
Potenza occupante
Tuttavia, oggi nelle risposte ai parlamentari si è tornati sulla questione: «Alla luce delle informazioni attualmente disponibili, il Consiglio federale, come le Nazioni Unite, esprime serie riserve sulle attività di questa fondazione, che, a quanto si dice, non ha avviato alcuna attività dalla Svizzera e attualmente non ha più un indirizzo valido per la sua sede centrale a Ginevra», scrive il Governo. Secondo il diritto internazionale umanitario, ricorda ancora l’Esecutivo, gli aiuti umanitari devono essere forniti senza indugio, in modo imparziale e senza discriminazioni a tutti i civili che ne hanno bisogno. Un aspetto, questo, particolarmente criticato della controversa Gaza Humanitarian Foundation. «In quanto potenza occupante, Israele assume, in virtù delle Convenzioni di Ginevra, una responsabilità particolare per la protezione della popolazione civile».
Si resta in attesa
E poi ci sono i coloni. L’UE sta valutando di inasprire le sanzioni nei loro confronti (già adottate nel 2024) e sta discutendo di una possibile sospensione dell’accordo di associazione con Israele. La Svizzera, invece, resta in attesa: in un’altra risposta (questa volta diversa dalle altre, poiché il dipartimento competente sulle sanzioni è il DEFR di Guy Parmelin) il Governo afferma di aver preso atto delle discussioni dell’UE. «A seguito delle violazioni dei diritti umani in Cisgiordania, l’UE ha imposto sanzioni contro i coloni estremisti nell’ambito del regime di sanzioni tematiche sui diritti umani. La Svizzera decide se accogliere o meno nuove sanzioni dell’UE dopo aver effettuato una valutazione che tiene conto di considerazioni di politica estera e di politica economica estera, nonché di considerazioni legali e di altro tipo. Sulla base di questa valutazione, finora la Svizzera non ha ripreso alcuna sanzione tematica dell’UE», si limita a scrivere il Consiglio federale. Tradotto: nessuna sanzione nei confronti dei coloni.
Cooperazione militare
Infine c’è la cooperazione militare tra Svizzera e Israele. Il Consiglio federale come può garantire che le esportazioni effettuate finora non contribuiscano alla commissione di crimini contro l’umanità nella Striscia di Gaza? Lo ha chiesto l’ex presidente dei Verdi e consigliere nazionale zurighese Balthasar Glättli. Le esportazioni verso Israele non sono consentite, spiega il Consiglio federale nella risposta data per iscritto al deputato, «se vi è motivo di ritenere che i beni esportati dalla Svizzera saranno utilizzati nel conflitto in corso o a sostegno di Israele nell’occupazione del territorio palestinese».