Tributi

Frontalieri e Sagl, da Berna «una risposta piuttosto timida»

Il Consiglio federale ha risposto all'interpellanza di Giorgio Fonio sulle misure fiscali prese da Roma nei confronti dei lavoratori italiani titolari di società in Svizzera – Samuele Vorpe: «Ci si poteva aspettare di più»
© CdT/Chiara Zocchetti
Giovanni Galli
02.05.2024 21:45

«La risposta è piuttosto “timida” e non vi è una vera e propria presa di posizione». Secondo Samuele Vorpe, responsabile del Centro di competenze tributarie della SUPSI, si poteva attendere una risposta più decisa da parte del Consiglio federale sulle misure che il fisco italiano sta adottando nei confronti dei frontalieri titolari di una Sagl (Società a garanzia limitata) in Svizzera. La questione era stata portata a Berna dal consigliere nazionale Giorgio Fonio (Centro) in un’interpellanza nella quale chiedeva come si intende reagire alle azioni unilaterali di Roma volte a riqualificare il reddito da lavoro dipendente di un frontaliere attivo in una Sagl, imponibile esclusivamente in Svizzera, in un reddito imponibile in Italia, con tanto di sanzioni amministrative e penali. La sostanza della risposta del Consiglio federale è questa: ne stiamo discutendo con l’Italia, se quest’ultima dovesse mantenere le sue posizioni la Svizzera richiederà una corrispondente restituzione o compensazione per i ristorni versati per questi contribuenti. «Non stiamo parlando di soluzioni di comodo per aggirare il fisco italiano. Queste persone vengono effettivamente in Svizzera tutti i giorni e hanno regolarmente pagato le imposte per anni», dice Vorpe, che tramite un contributo su «laRegione» (14 febbraio) aveva ispirato l’atto parlamentare. «Ora l’Agenzia delle entrate ritiene che non vi sia un rapporto di subordinazione e vuole a sua volta tassare questi redditi, che in quanto tali non rientrano nell’Accordo fiscale sui frontalieri e che quindi devono pagare le imposte anche in Italia; oltretutto, a differenza dei frontalieri “normali”, senza poter detrarre quanto hanno già versato al fisco svizzero, trattandosi di omessa dichiarazione. Le ragioni giuridiche alla base di questa iniziativa unilaterale sono alquanto deboli. Per questo, tutto considerato, da Berna ci si poteva aspettare di più, sia in considerazione dell’Accordo fiscale sui frontalieri, sia del diritto svizzero che ha fatto stato finora sia della Convenzione contro le doppie imposizioni sottoscritta dai due Paesi».  

Tutto è partito all’inizio dell’anno scorso, quando la Guardia di Finanza ha dato il via a indagini nei confronti di un numero imprecisato di frontalieri che in Ticino hanno una Sagl della quale sono dipendenti. L’ipotesi è di «falsa subordinazione», nel senso che queste persone non sarebbero realmente dipendenti della ditta in questione, bensì lavoratori autonomi o amministratori. E di conseguenza la definizione stessa di frontaliere sarebbe venuta a cadere, facendo sì che essi avrebbero dovuto pagare le imposte in Italia (e non più solo in Svizzera). Il problema nasce anche dal fatto che nel diritto svizzero il titolare di una Sagl (socio unico o gerente impiegato nella società) è considerato un dipendente della società; mentre in Italia vige il principio secondo cui nessuno può essere sottoposto a se stesso. Questa prassi, sottolinea Vorpe, non è certo una novità ed esiste da anni. E, oltre a non essere una novità, è legata al necessario rispetto di requisiti previsti per l’esercizio di alcune professioni da leggi interne svizzere. Per questo si parla di iniziativa unilaterale per riqualificare i redditi di contribuenti che finora hanno versato regolarmente le imposte in Svizzera. Questi lavoratori, dal giardiniere all’estetista, avevano costituito a suo tempo una Sagl per separare il patrimonio privato da quello aziendale. Ora c’è chi fra imposte arretrate degli ultimi cinque anni (i procedimenti non valgono solo per il periodo fiscale in corso), interessi di mora e sanzioni, si è visto recapitare dal fisco italiano una «fattura» molto salata. Nella risposta a Fonio (l’atto parlamentare era stato sottoscritto anche da Simone Gianini, PLR, e Piero Marchesi, UDC) il Consiglio federale afferma di seguire la tematica, affrontata peraltro nella riunione tenutasi nel settembre scorso ad Ascona nel quadro dell’incontro annuale previsto dall’Accordo del 1974 tra la Svizzera e l’Italia, relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri ed alla compensazione finanziaria a favore dei Comuni italiani di confine. Da un punto di vista tecnico, secondo il Governo, si tratta di un «conflitto di qualificazione» che si verifica abbastanza frequentemente nell’ambito dell’applicazione di convenzioni per evitare le doppie imposizioni. In questo caso le autorità fiscali italiane riqualificano il reddito derivante da un’attività lucrativa dipendente che il contribuente ha conseguito come impiegato della sua Sagl come reddito derivante da un’attività lucrativa indipendente. Se, nel quadro dei colloqui bilaterali, la qualificazione proposta dall’Italia dovesse essere mantenuta, conclude l’Esecutivo, «la Svizzera richiederà una corrispondente restituzione o compensazione per i ristorni versati per questi contribuenti».