L'alternativa alla raclette va di traverso ai vallesani

«Deliziosa alternativa vegetale alla raclette a base di materie prime svizzere». È il titolo del comunicato con cui l’istituto di ricerca Agroscope (il centro di competenza della Confederazione per la ricerca nel settore agricolo), lo scorso 10 novembre, annunciava di aver sviluppato un’alternativa vegetale alla raclette a base di panelli di girasole locali. Questa nuova pietanza fa parte di un progetto triennale finanziato da Innosuisse ed è stata testata da Betty Bossi nella Svizzera tedesca.
In Vallese, però, dove il piatto tipico al formaggio è un’istituzione, c’è chi ha storto il naso. La «senatrice» del Centro Marianne Maret ha sfogato il suo disappunto in un’interpellanza al Consiglio federale. Sono due in particolare le cose che l’hanno disturbata: la prima, è che anche questo prodotto si chiami raclette, la seconda che Agroscope interpreti in questo modo la sua missione di ricerca e di sostegno all’agricoltura indigena. «Questo ha a che fare con la mia identità di vallesana» ha dichiarato al quotidiano Le Temps. Nell’atto parlamentare, intitolato «Una raclette è una raclette», la consigliera agli Stati di Troistorrents si chiede quali siano le priorità di Agroscope e quale ruolo svolga la Confederazione.
«È legittimo domandarsi se l’impiego di fondi pubblici per sviluppare sostituti vegetali di prodotti lattieri tradizionali corrisponda realmente alla missione» di dare un sostegno scientifico all’agricoltura. Questo dibattito, a suo avviso, fa eco alle preoccupazioni espresse recentemente sul rischio di confusione per i consumatori quando le alternative vegetali riprendono denominazioni di prodotti di origine animale. Di qui tre domande al Governo: se considera opportuno finanziare la ricerca di prodotti che potrebbero fare concorrenza alle filiere lattiere svizzere; se ritiene che lo sviluppo di alternative vegetali sia conforme alle priorità di Agroscope; e sotto quale denominazione il nuovo prodotto potrebbe essere commercializzato senza rischio di confusione.
La richiesta di Maret è stata sottoscritta da colleghi dell’UDC e del PS, nonché dal ticinese Fabio Regazzi. La «senatrice» ha dichiarato a Le Temps che la novità culinaria non l’avrebbe disturbata se non fosse stata chiamata raclette: «Sostengo la libertà di commercio e la concorrenza, ma non sono d’accordo che i soldi del contribuente vengano utilizzati per questo». Il tema ha tenuto banco anche sulla stampa vallesana, mentre a Berna, stando alle reazioni raccolte dal quotidiano romando, la deputazione cantonale difende la raclette ma non per forza l’azione di Maret. Il consigliere nazionale Philippe Nantermod ha detto che il ruolo di Agroscope è di fare ricerca nel settore alimentare, comprese le alternative vegetali di prodotti correnti. «I consumatori sanno distinguere. E questa variante vegetale non farà diminuire le vendite di formaggio per la raclette». Per cui si tratta solo di «una tempesta in un bicchier d’acqua».
Di diverso avviso, invece, il corregionale Jean-Luc Addor (UDC), secondo cui «una raclette è una raclette, punto. Tutto il resto non si può chiamare così, altrimenti è un inganno del consumatore». Quanto al verde Christophe Clivaz, ritiene che quello della raclette sia un discorso molto emotivo in Vallese, ma al tempo stesso considera sproporzionata la reazione della collega. La variante vegetale è pensata per quelle persone che non mangiano prodotti lattieri. Agroscope, da parte sua, spiega che la materia prima locale è un sottoprodotto derivante dalla spremitura dei semi di girasole decorticati. E fa sapere che l’alternativa vegetale sarà commercializzata. È già stato trovato un primo partner interessato alla vendita e alla distribuzione. Per la produzione, entro venerdì 30 gennaio 2026 si cercano aziende interessate a partecipare al lancio sul mercato.
