Le Camere vogliono avere un loro ufficio a Bruxelles

Il rafforzamento delle relazioni tra Svizzera e Unione Europea passa anche dal dialogo parlamentare. E dalla proposta, ribadita oggi nel corso di un confronto a Bruxelles, di creare in futuro un ufficio di rappresentanza delle Camere federali svizzere nella capitale dell’UE così da facilitare lo scambio con gli eletti dell’Eurocamera. Dopo la visita della commissione Affari esteri del Parlamento europeo a Berna, due mesi fa, adesso è stata la Commissione della politica estera del Consiglio nazionale a restituire il favore. Lo ha fatto dedicando una due giorni di incontri alle istituzioni dell’UE: principalmente con eurodeputati di varia provenienza, ma anche con alti funzionari della Commissione europea (l’organo esecutivo dell’UE), del Consiglio dell’Unione (dove sono rappresentati i governi dei 27 Stati membri) e infine del servizio diplomatico dell’UE, con i quali sono stati toccati temi dell’agenda multilaterale, degli equilibri geopolitici e della cooperazione allo sviluppo.
Processo decisionale
«Nel pieno rispetto della separazione dei poteri, siamo convinti che il Parlamento e la diplomazia parlamentare siano importanti, se non altro perché, alla fine, sono i Parlamenti che devono adottare gli accordi», ha affermato il presidente della Commissione della politica estera del Consiglio nazionale, Laurent Wehrli (PLR/VD), parlando delle ragioni della visita nel corso di un punto stampa organizzato nella sede della missione della Confederazione presso l’UE di Place du Luxembourg.
Lo scambio è stato a doppio senso: la tappa brussellese ha fornito l’occasione, per gli interlocutori dell’UE, per «fare domande e avere ulteriori informazioni sul processo decisionale che si apre davanti a noi in Svizzera dopo la fase di consultazione che si è appena conclusa il 31 ottobre: se il 2025 è stato l’anno degli accordi in consultazione, il 2026 sarà quello del pacchetto in Parlamento», ha aggiunto Wehrli.
Il pacchetto UE-Svizzera in discussione prevede un’intensificazione del legame tra i Parlamenti. Tra le idee concrete di cui si è parlato a Bruxelles rientra la creazione (a ratifica del pacchetto avvenuta) di un posto di collegamento tra le due assemblee elettive, idea evocata a fine ottobre dal presidente del Centro Philipp Matthias Bregy e simile a quanto fa già la Norvegia. E proprio con un rappresentante di Oslo la delegazione elvetica ha affrontato la questione. In concreto, potrebbe trattarsi di avere un funzionario dell’amministrazione parlamentare distaccato presso la missione diplomatica svizzera, oppure con un suo ufficio in un’ala del Parlamento europeo.
Un forte caos
«Abbiamo avuto un ottimo confronto sulla situazione attuale del pacchetto e parlato anche di altri temi come i dazi sull’acciaio o il trasporto dei rifiuti negli inceneritori in Svizzera, e in generale della situazione in un mondo che vive un forte caos. Noi siamo convinti di essere più forti insieme», ha detto al Corriere del Ticino al termine dell’incontro l’eurodeputato tedesco Andreas Schwab, presidente della delegazione parlamentare per le relazioni con la Svizzera. A proposito di dazi, la delegazione guidata da Wehrli e dalla sua vice Sibel Arlan (Verdi/BS, prossima presidente in pectore) ne ha parlato con la Commissione europea, l’organo esecutivo dell’Unione che è responsabile della politica commerciale. A ottobre, Bruxelles aveva deciso infatti di dimezzare il quantitativo di importazioni siderurgiche a dazi zero, raddoppiando invece l’aliquota sulle eccedenze, dall’attuale 25% al 50%. Si tratta di una mossa fatta nell’intento di frenare i volumi di acciaio a basso costo in arrivo dalla Cina, ma che finisce per estendere i suoi effetti alla Confederazione, che non è membro dello Spazio economico europeo. «A dire il vero - ha predicato cautela Wehrli -, oggi risulta esserci più acciaio dell’UE venduto in Svizzera che svizzero nell’UE. La questione è certamente meno drammatica di quanto alcuni hanno voluto far credere finora, per dire che l’UE è ostile nei nostri confronti».
Meccanismo di sottomissione
Alla missione hanno aderito 13 parlamentari espressione di tutti i partiti, con una sola eccezione: l’UDC. In realtà, c’era il consigliere nazionale Pierre-André Page, che l’anno prossimo ricoprirà la carica di presidente del Consiglio nazionale, ruolo che lo porrà al di sopra delle logiche di partito. A proposito dell’assenza del resto dei membri dell’UDC, interpellato dal Corriere del Ticino, il membro ticinese del Consiglio nazionale Piero Marchesi ha detto che «la nostra delegazione boicotta questo viaggio perché non intende avallare i nuovi accordi con l’UE, che rappresentano di fatto un meccanismo di sottomissione al diritto europeo e ai suoi giudici. Partecipare significherebbe accettare un processo che limita la nostra autonomia decisionale e indebolisce la democrazia diretta. Non partecipando - ha precisato -, lanciamo un chiaro messaggio a Bruxelles che esiste ancora un partito in Svizzera che intende battersi affinché il nostro Paese non diventi una succursale dell’UE».