L'intervista

«Oggi alla Posta una candela rende più di una lettera»

I cambiamenti in atto, la futura legge e le critiche: a colloquio con il direttore della Posta Roberto Cirillo
© KEYSTONE / MICHAEL BUHOLZER
Giovanni Galli
23.04.2024 06:00

Dalla consegna della Posta A e dei giornali ai cambiamenti in corso con la digitalizzazione, dalla riorganizzazione della rete al mandato di servizio pubblico, dall’impatto dei pagamenti con il codice QR all’esigenza di una nuova legge, il gigante giallo vive tra innovazioni e critiche. Ne parliamo con il direttore Roberto Cirillo. 

Il presidente Christian Levrat ha detto che nel breve e medio termine il recapito quotidiano della Posta A e dei giornali è garantito. Ma quanto durerà ancora?
«Confermo che il prodotto Posta A è molto importante per l’azienda nella misura in cui risponde oggi a una precisa domanda della nostra clientela e che continueremo ad offrirlo sul mercato finché ci sarà una domanda sufficiente. Ma visto che la Posta si autofinanzia e non viene sovvenzionata, questo prodotto deve anche generare profitto, indispensabile per finanziare lo sviluppo della Posta»

Non si potrebbe quantificare in anni?
«No, anche perché non dipende da noi ma dallo sviluppo del mercato. Sappiamo che la domanda di lettere diminuisce tra il 4% e il 5,5% all’anno e che questo trend non si fermerà. Verso la fine del decennio scenderemo sotto il miliardo di invii di lettere. La questione non è se un prodotto deve esistere o meno, ma importante è il contesto legale (definito dalla politica) all’interno del quale la Posta lo deve offrire. Se le condizioni saranno adattate, si potrà continuare più a lungo. Se non lo saranno, il prodotto diventerà più velocemente non redditizio».

La Posta svizzera ha un interesse assoluto a passare ogni giorno presso tutte le economie domestiche ed essere vicina alla popolazione
Roberto Cirillo

Anche in Gran Bretagna è stata ipotizzata la consegna di posta e pacchi tre volte alla settimana. Un segnale che presto o tardi, volenti o nolenti, si andrà a finire lì?
«Assolutamente no. La Posta svizzera ha un interesse assoluto a passare ogni giorno presso tutte le economie domestiche ed essere vicina alla popolazione, perché il nostro ruolo principale è quello di canale di distribuzione per le aziende svizzere verso i loro clienti, cioè verso la popolazione. Di conseguenza, la consegna quotidiana è un valore molto importante per noi. Già oggi, il 52% delle lettere che consegniamo sono B2, vale a dire che vengono recapitate 5 o 6 giorni dopo la spedizione. Il prodotto principale non è la Posta A. Se il trend continua come crediamo, saremo in grado di passare tutti i giorni presso tutte le economie domestiche perché il volume dei pacchi e delle lettere sarà sufficiente». 

La legge è ancora attuale o andrebbe adattata ai cambiamenti?
«La legge deve essere adattata non più tardi per il 2030. La legge attuale è stata elaborata a partire dal 2004, quando la Posta, con tre miliardi di lettere, aveva da poco stabilito un primato assoluto. Ma è entrata in vigore quasi dieci anni dopo. Era già obsoleta, perché nel frattempo si sono diffusi gli smartphone e la digitalizzazione ha iniziato a galoppare. Oggi, a vent’anni di distanza dalle prime decisioni, ci troviamo con quasi la metà del volume di lettere di allora. I presupposti vengono rimessi in discussione. Per un mondo diverso serve una legge diversa». 

Ma in quale direzione dovrebbe andare la nuova legge sulla Posta?
«La legge deve tenere conto dei bisogni futuri e non di quelli passati, nel senso che deve essere ancora valida per gli anni dal 2040 al 2050. Grande importanza rivestiranno i servizi digitali, nella comunicazione fra i cittadini e fra cittadini e potere pubblico. Bisogna riconoscere che serve una logistica performante per l’e-commerce. Questo significa mettere la priorità sui pacchi priority anziché sulle lettere, che perdono rilevanza. La legge, insomma, andrebbe modernizzata adeguandola al modo in cui funzionano la società e l’economia di oggi e soprattutto di domani».

Se vogliamo continuare a finanziare il servizio pubblico dobbiamo adattarci alla domanda e alle esigenze delle aziende
Roberto Cirillo

Le lettere continuano a diminuire. Qual è la soglia del dolore per la Posta?
«La situazione è già problematica oggi. Una diminuzione dei volumi d’attività del 5% all’anno non può essere compensata semplicemente con un aumento della produttività, soprattutto in un contesto inflazionistico come quello degli ultimi due anni. Continuiamo a fare sforzi ma questi non possono pregiudicare la necessità di offrire un livello di servizi coerente con la richiesta dei nostri clienti, costituiti nella misura del 95% da aziende. Se vogliamo continuare a finanziare il servizio pubblico dobbiamo adattarci alla domanda e alle esigenze delle aziende». 

Com’è oggi la proporzione fra invii A e B?
«L’anno scorso abbiamo trasportato 1,65 miliardi di lettere. Come detto, nella misura del 52% si trattava di invii di massa recapitabili nel giro di 5 o 6 giorni. Il 20% era costituito da lettere B, che devono essere recapitate 3 giorni dopo, mentre il 28% da Posta A. Di queste, meno di un quarto (quindi nemmeno il 7% del totale), inviato da utenti privati».

Che impatto ha avuto sui pagamenti agli sportelli l’introduzione dei codici QR?
«Massiccio e deleterio. Negli ultimi tre anni, ogni anno, il numero di transazioni allo sportello è diminuito del 19-20%. In tre anni, abbiamo perso quasi il 60% delle transazioni. Abbiamo così meno lavoro a disposizione e meno clientela che si reca nelle filiali. Queste ultime si sono svuotate molto più velocemente del previsto». 

La Posta dice che bisogna adattarsi alle esigenze della popolazione e dell’economia. Ma più che rispondere ai cambiamenti non sta usando troppo la sua libertà d’azione per rivedere i servizi?
«La nostra libertà d’azione è in realtà molto limitata. È il cambiamento delle necessità della popolazione che guida la nostra azione. Non siamo stati noi a introdurre il QR code, è stata l’industria finanziaria. Noi ne subiamo le conseguenze».

Si può già immaginare se e quante filiali saranno chiuse nei prossimi anni in Svizzera e in Ticino?
«L’evoluzione della rete sarà resa nota con la strategia 2025-2028. Oggi sarebbe prematuro parlare di cifre concrete. Nei prossimi mesi saremo in grado di comunicare in merito. Ci sviluppiamo in linea con le esigenze dei clienti. Questo vale anche per i prossimi anni. Resta fondamentale che i nostri clienti ricevano un buon servizio, indipendentemente da dove vivono. Oggi in Svizzera disponiamo di 4.975 punti di accesso e in Ticino 365, oltre a 59 uffici postali (in Svizzera 768), 76 filiali con partenariato/agenzie (1.234), 181 servizi a domicilio (1.900), 5 punti per i clienti commerciali (226), 34 punti di servizio (567) e 10 sportelli automatici MyPost24 (280)». 

State incontrando difficoltà nella gestione delle agenzie per le condizioni che ponete ai concessionari?
«Oggi le filiali con partner, come detto, sono più di quelle in proprio. Ogni anno c’è un tasso di fluttuazione di neanche il 6% (meno di settanta l’anno scorso), dovuto a dinamiche proprie dei partner, come la mancanza di un successore o problemi legati alla loro attività. In soli dieci casi ci sono state divergenze di tipo economico fra la Posta e un suo partner. È quindi una fluttuazione normalissima, che dimostra quanto il modello sia apprezzato, sia dai partner sia dalla popolazione, il cui gradimento in certi casi è superiore a quello nutrito per le filiali in proprio».

Quali novità dobbiamo attenderci a breve termine nei servizi, in particolare a livello di digitalizzazione?
«In questi ultimi tre-quattro anni abbiamo sviluppato una paletta molto ampia di servizi digitali, in particolare nei settori della logistica e della comunicazione. Nel primo caso stiamo testando un sistema di gestione dei giri di distribuzione dinamico, che permette fra l’altro di seguire l’invio di un pacco “live”. Nel secondo, un’applicazione chiamata ePost che permette di decidere in maniera autonoma se una lettera inviata nel modo tradizionale la si vuole ricevere fisicamente o in formato digitale». 

Dove stanno oggi i nodi da sciogliere nella trasformazione digitale?
«L’elemento più importante è inserire nella legge un’equivalenza fra servizi digitali e servizi fisici. Inoltre, è importante la prossimità ai cittadini. Oggi, solo i formati fisici sono regolamentati. Se anche quelli digitali fossero regolamentati si potrebbe raggiungere in modo ottimale tutta la popolazione». 

Il nocciolo della questione per la Posta sta tutto qui: stiamo surfando sull’onda della progressiva digitalizzazione e facciamo di tutto per restare in equilibrio
Roberto Cirillo

Ad oggi che cosa portano in moneta i servizi digitali come il voto elettronico, l’identità elettronica e la cartella clinica?
«In moneta poco o nulla, ma non è attualmente determinante. La Posta è in perdita nel segmento delle lettere inviate dai privati ma questo servizio viene finanziato grazie a quanto si guadagna trasportando le lettere e i pacchi inviati dalle aziende. Ci sono alcuni servizi digitali che hanno un carattere di servizio pubblico e che richiedono tempo per essere sviluppati - pensiamo all’evoting - e sui quali la Posta non potrà guadagnare molto. E ci saranno altri servizi digitali per le aziende sui quali la Posta guadagnerà molto di più e che consentiranno di finanziare i primi. Insomma, per i servizi digitali vale lo stesso discorso del servizio pubblico tradizionale. Bisogna trovare un equilibrio in un sistema globale. Il nocciolo della questione per la Posta sta tutto qui: stiamo surfando sull’onda della progressiva digitalizzazione e facciamo di tutto per restare in equilibrio».

L’anno scorso la Posta ha realizzato ricavi per 7,2 miliardi di franchi. È proprio necessario continuare a vendere candele agli sportelli?
«Una candela porta più di una lettera. La nostra cifra d’affari non è altro che la somma di tantissime piccole prestazioni che cumulate fanno 7 miliardi, un importo che permette alla Posta di mantenere un equilibrio finanziario sano». 

C’è chi si lamenta perché certi uffici postali stanno diventando dei bazar, dove si vendono anche miele, noccioline e vestiti. Perché la Posta non torna semplicemente a fare la Posta?
«La Posta ha sempre fatto la Posta. Gli uffici postali sono un canale di distribuzione di servizi. Siccome ci sono meno servizi classici da mettere a disposizione, ma si vuole mantenere più a lungo questi uffici presenti localmente, abbiamo chiesto a dei partner se sono interessati a vendere i loro servizi là dove va la popolazione. Che siano servizi assicurativi o di telecomunicazione, abbiamo dei partner che trovano interessante vendere prodotti nel contesto di un ufficio postale. E questo aiuta al finanziamento degli uffici. Noi non produciamo miele e castagne. Ci sono aziende produttrici però che sono interessate a farlo. Ci limitiamo a mettere a disposizione lo spazio necessario». 

Sta funzionando la nuova strategia che vede la Posta come luogo di intermediazione per altri servizi?
«Ci è voluto più tempo del previsto per trovare un numero sufficiente di partner, ma nel 2023 abbiamo avuto una prima contribuzione positiva. Continuare in questa direzione è la cosa giusta. Inoltre, con queste collaborazioni abbiamo dimostrato che la rete non è solo un peso, ma anche un attivo».

Per quale motivo la Posta ha lanciato una propria offerta di telefonia mobile (Post Mobile) quando la Confederazione possiede già un’azienda di telefonia? Come reagirebbe se Swisscom si mettesse a consegnare pacchi o a sbrigare pagamenti?
«La maggior parte delle nostre attività viene svolta in regime di libero mercato e di conseguenza se qualcun altro vuole farlo, che ben venga. Fatta eccezione per il monopolio sotto le lettere di peso inferiore ai 50 grammi e che rappresenta il 15% dei nostri ricavi, si tende a dimenticare che operiamo su mercati completamente liberi. Dai pacchi alle transazioni finanziarie siamo in concorrenza. Ben venga questa concorrenza, purché anche noi possiamo farla ad altri, nei nostri settori d’attività: logistica, comunicazione, settore finanziario e mobilità».

Per ogni sviluppo di una certa dimensione abbiamo sempre dimostrato una trasparenza totale verso il nostro proprietario, la Confederazione
Roberto Cirillo

Il Parlamento vuole che la Posta debba ottenere il nullaosta del Consiglio federale in caso di acquisizioni che non rientrano nel suo mandato di prestazioni. Sono stati criticati l'acquisto del software di contabilità KLARA, di PubliBike e di una società sul mercato pubblicitario. Perché questi acquisti rientrerebbero nel vostro mandato?
«Agiamo nello spirito della legge e nel quadro legale dato, in mercati che rientrano nel nostro raggio di attività, mettendo a disposizione servizi fisici e digitali di alta qualità che corrispondono alla domanda del mercato. Ci siamo affiliati, rispettivamente abbiamo acquistato queste aziende, per accelerare la messa a disposizione di questi servizi a livello nazionale. Per ogni sviluppo di una certa dimensione abbiamo sempre dimostrato una trasparenza totale verso il nostro proprietario, la Confederazione. Di conseguenza, tutta la nostra strategia e tutte le nostre attività sono sempre improntate alla massima trasparenza».

Prevedete ulteriori investimenti per lo sviluppo del servizio pacchi?
«Certo. Il mercato continua a svilupparsi. Al momento, il bisogno principale non è la spartizione, sviluppata negli ultimi anni, ma la digitalizzazione e l’accompagnamento digitale del servizio fisico. Stiamo investendo in modo massiccio in questo segmento».

Anche la Posta sarà confrontata a un’ondata di pensionamenti. Che cosa bisogna aspettarsi sul fronte dell’offerta di impiego?
«È probabilmente la sfida più grossa. Nei prossimi cinque anni saremo confrontati con un’ondata di pensionamenti gigantesca. La nostra preoccupazione principale sarà quella di avere sufficienti collaboratori qualificati. Ora ne abbiamo circa 46.000. Vogliamo restare un datore di lavoro esemplare, perciò abbiamo lanciato diverse iniziative che ci permettono di restare un datore di lavoro attrattivo».

La causa dei problemi dell’editoria è il passaggio dell’informazione dalla carta al digitale e non certo la distribuzione
Roberto Cirillo

L’editoria è in difficoltà. La Posta, con il punto dolente del recapito dei quotidiani, non sta forse contribuendo ad aumentarne i problemi?
«La causa dei problemi dell’editoria è il passaggio dell’informazione dalla carta al digitale e non certo la distribuzione. Già oggi la Posta perde più di cento milioni di franchi nella distribuzione dei giornali. Quindi fa già parecchio per sostenere la carta stampata. Il problema non si risolve chiedendole di perdere ancora più soldi, distribuendo più giornali dove non c’è la distribuzione mattutina fino alle 12.30. Inoltre, questo termine non ha solo conseguenze economiche ma anche sociali, perché il fatto di bloccare il lavoro a quell’ora implica una riduzione del grado di occupazione dei nostri collaboratori al 60-80% e nel contempo riduce la possibilità di proseguire altre consegne, per esempio i pacchi. Ci sono anche altre esigenze da considerare per le economie domestiche e le aziende. Serve una soluzione politica, il problema non può essere delegato ad un attore esterno all’editoria. In quanto, come detto precedenza, la Posta è tenuta a operare in maniera economicamente sostenibile». 

Quale sarà la Posta del futuro? Ricoprirà ancora un mandato pubblico, fra cui la distribuzione dei quotidiani regionali, o sarà principalmente una profit company che sfrutta la sua posizione dominante nella logistica nazionale?
«Per 175 anni la Posta si è trasformata e si è adattata ai bisogni del Paese. È stata in grado di accompagnare e di anticipare gli sviluppi tecnologici e sociali. Ha offerto servizi e prestazioni fondamentali per famiglie, aziende e istituzioni. In futuro, la definizione dei servizi dipenderà dai bisogni della società. Anche nel futuro, la Posta continuerà ad offrire un servizio pubblico forte e di alta qualità».

Quello che stiamo vedendo, sono i preparativi per quelli che potrebbero essere i servizi offerti ad un gigante quale Amazon? Pronti per offrire servizi logistici tali da convincere un Amazon di turno ad appoggiarsi su di voi?
«La Posta deve rispondere a una domanda del mercato. Non compriamo beni online. Lo fa la popolazione. Noi ci mettiamo a disposizione per fare da tramite per trasportare beni, informazioni, persone o flussi finanziari da un’azienda alla popolazione. Questo è il nostro mestiere e secondo quello che sarà la domanda, saremo pronti. Potrebbe quindi essere così come dice lei, ma potrebbe anche essere tutt’altro, a seconda della domanda che si presenta e delle necessità delle aziende e della popolazione. Il nostro ruolo è di soddisfare questa domanda al livello di qualità più alto e nella maniera più competitiva possibile,  in modo che i clienti commerciali e privati scelgano noi e non un altro prestatore di servizi».

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