L’intervista

Simonetta Sommaruga: «I giornali che leggevo da piccola oggi purtroppo non esistono più»

La consigliera federale affronta il tema degli aiuti ai media, in votazione il 13 febbraio
Simonetta Sommaruga. ©CDT/Gabriele Putzu
Paride Pelli
05.02.2022 06:00

Il 13 febbraio il popolo svizzero è chiamato a esprimersi sul pacchetto di misure a sostegno dei media. Un tema che, come previsto, sta dividendo l’opinione pubblica. Affrontiamo la questione coinvolgendo il capo del DATEC, la consigliera federale Simonetta Sommaruga.

Onorevole Signora Sommaruga, perché è importante sostenere la Legge a favore dei media, in particolare in una regione linguistica svantaggiata come quella della Svizzera italiana, dove la massa critica di pubblico è nettamente minore rispetto al resto del Paese?
«Le misure a sostegno dei media sono concepite in modo da garantire che tutte le regioni del Paese possano mantenere anche in futuro una copertura mediatica locale e un’informazione diversificata. La Svizzera italiana non può ovviamente competere con altre regioni del Paese, né in termini di pubblico né di introiti pubblicitari. Il Ticino e le valli del Grigioni italiano vivono una realtà diversa dalla Svizzera romanda o tedesca; la Svizzera italiana ha bisogno di media che considerano la cronaca regionale e danno voce alle molteplici realtà presenti sul territorio. Le redazioni locali, oltre a conoscere il contesto, assumono la funzione di controllo sulle autorità comunali, cantonali e nazionali».

Come considera il panorama mediatico della Svizzera italiana, che oggi conta due quotidiani e che quasi quattro anni fa ha perso una testata storica come il Giornale del Popolo?
«Quando ero piccola, a casa leggevamo due giornali: il Vaterland di Lucerna e, il mio papà, il Giornale del Popolo. Oggi, i due quotidiani della mia infanzia non esistono più. Quando un giornale chiude i battenti, a soffrirne di più è la popolazione che perde una voce della realtà locale. Negli ultimi 20 anni sono scomparse più di 70 testate giornalistiche e il Ticino non è stato risparmiato da questa triste evoluzione. Dei numerosi quotidiani che un tempo riferivano e commentavano l’attualità cantonale ne sono rimasti soltanto due. Senza le misure previste dalla nuova legge, altre redazioni rischiano di chiudere, per non parlare della pressione crescente sulle radio locali. Per me, in questa votazione c’è in gioco anche la coesione sociale nelle regioni».

Il comitato a favore del «No» critica il modo in cui la legge è stata elaborata poiché, rispetto a quanto inizialmente previsto, non saranno solo le testate con una tiratura fino a 40.000 copie a essere sovvenzionate, ma anche i grandi giornali e i domenicali di proprietà dei quattro grandi gruppi mediatici del Paese: non c’è insomma il rischio di arricchire ulteriormente chi è già ricco?
«Con il pacchetto a favore dei media, i giornali a piccola o media tiratura riceveranno proporzionalmente molto più sostegno di quelli grandi. Il Consiglio federale e il Parlamento hanno espresso chiaramente questa volontà. L’80% delle riduzioni per la distribuzione vanno attualmente ai piccoli e ai medi editori. Nonostante un’estensione degli aiuti ai titoli con tirature maggiori, la distribuzione dei mezzi cambierà poco in futuro. Se i nostri media sono in difficoltà è perché a beneficiare degli introiti pubblicitari sono sempre più spesso le grandi piattaforme Internet internazionali, come Google o Facebook».

A tal proposito, oggi, in Svizzera come nel resto d’Europa, la proprietà intellettuale delle testate non viene salvaguardata, e i giganti del web - oltre a drenare gran parte del mercato pubblicitario - propongono i contenuti degli editori sulle loro piattaforme senza pagarli. Non è giunta l’ora di provare a regolamentare questa situazione incresciosa, come avvenuto per esempio in Australia?
«Il Consiglio federale è cosciente che la digitalizzazione ha portato a una nuova utilizzazione commerciale di servizi giornalistici, senza che questi siano rimborsati. Ma non può bastare e ci vorrà tempo prima di avere una risposta concreta. Nel frattempo, i piccoli giornali e le radio locali hanno bisogno immediatamente di un sostegno, prima che sia troppo tardi».

Perché dalla Legge sono stati esclusi i media online gratuiti, alcuni dei quali fungono senz’altro da arricchimento per la democrazia in Svizzera?
«Nessuno nega la qualità del lavoro giornalistico di vari media gratuiti. Ma hanno un modello economico diverso, basato sulle entrate pubblicitarie o sul finanziamento tramite un mecenate. Gli aiuti alla stampa, che esistono da più di 170 anni, sono riservati ai giornali che si finanziano attraverso gli abbonamenti. Questo modello servirà anche come base per il sostegno ai media online, saranno infatti sostenute solo le offerte co-finanziate dai lettori».

Secondo lei c’è una strategia per avvicinare le giovani generazioni all’informazione di qualità, facendo capire loro che i social media non possono sostituire i giornali, le radio e le TV? A chi tocca questo compito di sensibilizzazione ed educazione così delicato ma così importante?
«Proprio per adattarsi a queste nuove abitudini, il pacchetto a favore dei media prevede un sostegno ai media online. L’obiettivo è garantire che in futuro siano disponibili su Internet informazioni su tutte le regioni e in tutte le lingue nazionali. È un obiettivo importante per le giovani generazioni che si informano sul cellulare. La popolazione deve potersi informare in Internet sui fatti regionali o nazionali».

Lei è ministro delle comunicazioni. Posso chiederle quando e come s’informa giornalmente, e attraverso quale tipo di media?
«Quando mi alzo accendo la radio per ascoltare il notiziario. Poi leggo il quotidiano bernese Der Bund, perché mi sembra fondamentale conoscere l’attualità della località in cui si vive. I miei collaboratori mi preparano poi una rassegna stampa in tre lingue che leggo sul tablet, spesso in tram, andando in ufficio. Mi metto da parte articoli culturali e approfondimenti, che spero di leggere durante il fine settimana».

Si parla poco, in vista di questa votazione, della cosiddetta stampa associativa, con quasi mille testate però che beneficerebbero di ulteriori riduzioni dei propri costi: quanto sono importanti anche le piccole testate di associazioni e fondazioni in un contesto di pluralità dell’informazione?
«Numerose associazioni, fondazioni o partiti informano i membri e i donatori con pubblicazioni proprie. Tra le testate che beneficiano di riduzioni per la distribuzione, ci sono il giornale di Caritas Ticino, l’Informatore del Mendrisiotto, la Borsa della spesa, le riviste del TCS e del WWF nonché di Chiese, opere di soccorso e associazioni sportive o culturali. Solo a citarne i nomi si capisce l’importanza di queste pubblicazioni per la pluralità dell’informazione e delle opinioni. Il progetto in votazione prevede di aumentare il contributo di 10 milioni di franchi».

Il disservizio della Posta sulla distribuzione già alle prime ore del mattino ha obbligato alcuni editori a organizzarsi in proprio per la distribuzione dei giornali in abbonamento, con un aggravio ulteriore di costi che solo la nuova Legge, se approvata, finanzierebbe in parte con ulteriori 40 milioni di franchi. La Posta non potrebbe o non dovrebbe essere in grado di garantire un servizio in generale migliore anche nelle regioni più periferiche?
«I lettori vogliono leggere il loro giornale alla mattina presto, e li capisco. La distribuzione mattutina era un elemento importante per il Parlamento, e per questa ragione ha deciso di stanziare 40 milioni di franchi. Gli editori hanno così un incentivo per estendere la consegna anticipata ad altre aree. E, in fin dei conti, ne beneficiano i lettori. Per quanto riguarda La Posta, la consegna mattutina non fa parte del servizio postale universale, motivo per cui il servizio e il prezzo dipendono dal mercato».

Gli ultimi sondaggi confermano che l’esito del voto del 13 febbraio è molto incerto: qualora la Legge dovesse venir bocciata, è plausibile che si corra ai ripari con un altro tipo di sostegno, magari straordinario alla distribuzione come avvenuto durante il 2021, per scongiurare che in Svizzera si perdano altre testate dopo le 70 già scomparse dal 2003 ad oggi?
«Se la popolazione rifiuta il pacchetto a favore dei giornali regionali e delle radio locali, il Consiglio federale accetterà ovviamente la decisione. Ma tutti noi sentiremo le conseguenze di una bocciatura: quando i giornali scompaiono, è a scapito dei lettori, delle regioni interessate, della coesione sociale e in ultima analisi della democrazia. Per questo votare “Sì” è di fondamentale importanza».