Blatten

Un insieme di cause ha prodotto il crollo del ghiacciaio del Birch

La zona della frana era monitorata da tempo - Il glaciologo Kappenberger: «Il permafrost si è indebolito»
©Maxar Technologies
Giona Carcano
30.05.2025 06:00

Sulla montagna che sovrasta Blatten, sono in azione enormi forze geologiche. Da un lato c’è la conformazione stessa di quel particolare versante alpino, con il Kleines Nesthorn non nuovo a frane e scoscendimenti anche di una certa consistenza. Dall’altro c’è il ghiacciaio del Birch, uno dei pochi ad avanzare in tutto l’arco alpino.

Sullo sfondo, poi, il riscaldamento climatico. Dare la colpa del disastro alle temperature estreme che si registrano anno dopo anno è prematuro. Probabilmente, è stato un insieme di più elementi a dare vita a un evento che - come è stato detto durante la conferenza stampa di mercoledì, nelle ore successive al crollo - «ha un periodo di ritorno di mille anni». Roccia fragile, ghiaccio in movimento, estati e inverni sempre più caldi. Una bomba a orologeria che è esplosa nel modo più drammatico alle 15.24 dell’altroieri.

«Al momento è impossibile stabilire la causa del crollo», dice al CdT Giovanni Kappenberger, glaciologo. «Dopo le ere glaciali, si sono verificati numerosissimi crolli sulle Alpi a causa del ritiro dei ghiacci. Poi, per millenni, la situazione si è stabilizzata». Il cambiamento climatico in atto, talmente rapido da spiazzare gli stessi scienziati, potrebbe aver giocato un ruolo. «In Svizzera negli ultimi anni è andata persa la metà della superficie coperta da permafrost», prosegue Kappenberger. Il collante che tiene assieme le montagne più alte, sta lentamente sparendo. Il Kleines Nesthorn «è situato ad un’altitudine in cui il permafrost è ancora presente, ma si nota comunque un indebolimento che contribuisce alla disgregazione della roccia».

Ora, al di là dei crolli che ancora potrebbero accadere lungo il versante, a preoccupare gli esperti è il fiume Lonza. L’enorme massa composta da ghiaccio, roccia, fango e terra franata su Blatten ha ostruito il torrente. Il risultato, è la formazione di un lago a monte del villaggio. «Nei prossimi giorni le previsioni indicano temperature caldissime», avverte Kappenberger. «Ciò porterà a un aumento della portata della Lonza dovuto allo scioglimento della neve in altitudine». Tuttavia, è ancora presto per stabilire gli scenari futuri. «Molto dipenderà dalla quantità di ghiaccio presente fra i detriti», sottolinea il glaciologo. «L’acqua potrebbe anche infiltrarsi al di sotto della frana, trovando uno sbocco dall’altra parte». L’importante, per Kappenberger, è diminuire la pressione dell’acqua lungo il fronte della frana. Al momento gli specialisti stanno cercando delle soluzioni al problema. Tuttavia, al momento, non è possibile avvicinarsi all’area colpita. Centinaia di migliaia di metri cubi di roccia sono tuttora instabili e potrebbero franare a valle nelle prossime ore.