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Un patto miliardario a Berna su spese militari e Ucraina

Centro e sinistra, dunque, si accordano per potenziare la Difesa e pagare gli aiuti al Paese in guerra al di fuori del freno all'indebitamento
© KEYSTONE / Gian Ehrenzeller
Giovanni Galli
25.04.2024 23:30

C’è un piano per colmare le lacune nell’armamento dell’esercito e al tempo stesso per finanziare la ricostruzione dell’Ucraina senza intaccare il bilancio della Cooperazione allo sviluppo. Lo hanno concordato Centro, PS e Verdi e vale circa 15 miliardi di franchi: 10,1 per le spese militari (tanto serve per raggiungere nel 2030, anziché nel 2035, l’obiettivo di portare il bilancio dell’esercito all’1% del PIL) e altri 5 per aiutare il Paese in guerra. L’intesa è maturata nella Commissione della politica di sicurezza degli Stati, che ha approvato con una maggioranza di 8 a 5 (contrari UDC e PLR) una mozione dalla centrista Marianne Binder (AG).

Una legge speciale

Concretamente, la commissione chiede di creare un fondo temporaneo, retto da una legge speciale, che permetta di finanziare sia l’intero fabbisogno supplementare di 10,1 miliardi di franchi a partire dal 2025 per colmare le lacune nell’armamento dell’esercito, sia il contributo svizzero all’Ucraina. Quest’ultima, si afferma, necessita di un aiuto urgente, ad esempio a livello umanitario, per la protezione della popolazione civile, per le operazioni di sminamento e per il rafforzamento dell’infrastruttura civile.

Indebitamento autorizzato

Il fondo sarebbe autorizzato a indebitarsi temporaneamente. Detto altrimenti, l’operazione verrebbe effettuata al di fuori dei canali ordinari che sottostanno al freno all’indebitamento e quindi non richiederebbe di effettuare pesanti risparmi su altre voci di spesa dello Stato. Lo stesso era stato fatto, nel recente passato, per gli aiuti COVID e per l’accoglienza dei rifugiati ucraini. Questo finanziamento extra è stato ammesso perché le cause sono indipendenti dalla volontà del Governo e del Parlamento. Secondo la maggioranza di centrosinistra, le maggiori spese per l’esercito e gli aiuti all’Ucraina, hanno un’origine comune: il deterioramento della situazione in materia di sicurezza in Europa. Questa soluzione è considerata l’unica in grado di riscuotere una maggioranza a livello politico per ottenere l’uno e l’altro obiettivo, senza tagliare risorse in altri settori o aumentare le imposte.

Come stanno le cose oggi

Stando i piani attuali (la decisione era stata presa dal Parlamento in dicembre), le spese militari potranno passare dall’attuale 0,7% del PIL (circa 5,5 miliardi) all’1% entro il 2035. Il fatto di spalmare i crediti aggiuntivi su un periodo di cinque anni, secondo i vertici dell’esercito, non consentirebbe di portare avanti il piano di ammodernamento elaborato dopo lo scoppio della guerra e creerebbe lacune nelle capacità di difesa. Quanto all’Ucraina, negli scorsi giorni il Consiglio federale ha presentato un piano di aiuti in più fasi da qui al 2036, per un totale di 5 miliardi: 1,5 da attingere entro il 2028 al bilancio della cooperazione internazionale e gli altri 3,5 per il periodo 2029-2036 valutando altre fonti.

L’idea di «aggirare» il freno all’indebitamento (che non ammette deficit) era già stata avanzata in passato, incontrando tuttavia la decisa opposizione della direttrice delle Finanze Karin Keller-Sutter. Secondo la consigliera federale mancherebbero i presupposti legali (la straordinarietà della situazione) per andare in questa direzione. Anche il PLR e l’UDC, pur essendo favorevoli al potenziamento della spesa militare, sono contrari ad allentare il freno all’indebitamento, che negli ultimi vent’anni ha consentito alla Svizzera di ritrovare una situazione finanziaria sana. Le risorse per maggiori investimenti nella Difesa vanno cercate in altri settori.

«Situazione straordinaria»

Non così, invece, per la maggioranza commissionale. Secondo la presidente Andrea Gmür (Centro/LU) «che cosa potrebbe essere una situazione straordinaria se non una guerra in Europa? La sicurezza del Paese è più importante della politica finanziaria» ha dichiarato al Tages-Anzeiger. Mentre la collega socialista Franziska Roth (SO) ha parlato di «compromesso fra guerra e pace».

Oltre alla mozione di Binder, che chiede una legge per «un contributo straordinario per la sicurezza della Svizzera e la pace in Europa», la commissione ne ha accolta anche una del democentrista Werner Salzmann (BE) per portare all’1% del PIL le spese militari entro il 2030. La differenza con la precedente sta nel fatto che le maggiori spese militari andrebbero finanziate risparmiando in altri settori, come ad esempio l’aiuto allo sviluppo. La commissione, stavolta con una maggioranza «borghese», ha deciso di aggiungere al programma d’armamento 2024 un credito d’impegno di 660 milioni di franchi per l’acquisto di mezzi di difesa terra-aria a media gittata.

Arduo trovare una maggioranza

Ma quali sono le chance che questo piano vada effettivamente in porto? Visti i rapporti di forza nei due rami del Parlamento, una maggioranza potenziale esiste sommando i seggi delle tre forze che sostengono il patto. Ma alla prova dei fatti bisognerà vedere se in aula il Centro sarà in grado di mantenere la compattezza dimostrata in commissione. Il «senatore» zughese Peter Hegglin, ad esempio, che tempo fa aveva proposto un aumento dell’IVA per finanziare gli accresciuti impegni dell’esercito, ha dichiarato a CH-Media di essere contrario. Non è nemmeno detto che le posizioni siano granitiche all’interno della sinistra stessa, da sempre critica sulle spese militari. In ogni caso, anche in caso di approvazione, trattandosi di una legge potrebbe esserci un referendum e l’ultima parola spetterebbe al popolo.

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