Economia

Taiwan aiuta le aziende a trasferirsi negli USA dopo i dazi di Trump

Taipei, le cui aziende producono beni hi-tech tra microchip e componentistica di elettronica, è vulnerabile alle mosse del tycoon dato che molte sue società hanno fabbriche in Messico e in Cina
© EPA/Al Drago
Ats
03.02.2025 13:11

Taiwan sosterrà le sue aziende che hanno intenzione di trasferirsi negli Stati Uniti, aiutandole anche a trovare partner locali in risposta ai nuovi dazi decisi da Donald Trump contro Cina, Canada e Messico. Taipei, le cui aziende producono beni hi-tech tra microchip e componentistica di elettronica, è vulnerabile alle mosse del tycoon dato che molte sue società hanno fabbriche in Messico e in Cina, mentre le minacce dell'inquilino della Casa Bianca di dazi sui microprocessori importati non promettono nulla di buono.

Il ministero dell'Economia di Taiwan, in una nota dettagliata sulle misure per aiutare le aziende colpite dai nuovi dazi statunitensi, ha affermato che fornirà informazioni alle società che desiderano trasferirsi, indicando i possibili stati Usa in cui investire, leggi locali e assistenza nella ricerca di partner. Inoltre, le filiali dell'Industrial Technology Research Institute del governo di Taipei in Nord America promuoveranno anche la ricerca e lo sviluppo e la cooperazione manifatturiera tra aziende taiwanesi e americani, hanno riferito i media dell'isola.

L'investimento principale di Taiwan negli Usa è quello da 65 miliardi di dollari del colosso mondiale dei microchip Tsmc in Arizona, seguendo un piano iniziato nel 2020 sotto la prima amministrazione Trump. Le azioni delle società hi-tech taiwanesi con stabilimenti in Messico hanno accusato pesanti perdite alla Borsa di Taipei, che ha ceduto il 3,5% al ritorno agli scambi dopo la lunga pausa del Capodanno lunare. Foxconn, il principale assemblatore di iPhone, ha perso l'8,1%, Quanta il 9,8% e Inventec il 6,7%.

Taiwan, per altro verso, punta a garantire che le sue aziende continuino ad allontanarsi dalla Cina, viste le continue minacce militari e politiche di Pechino che considera l'isola una parte «inalienabile» e «sacra» del suo territorio da riunificare anche con la forza se necessario.