Forze armate

Thomas Süssli: «La Russia resta una minaccia»

Il capo dell’esercito, che lascerà l’incarico dopo sei anni, ha voluto tracciare un bilancio e parlare delle sfide future – Preoccupa la situazione geopolitica: «Non ho fatto abbastanza per illustrare e far capire l’urgenza di potenziare la difesa» – Ora tocca a Benedikt Roos
Lo scorso giovedì, il capo dell’esercito uscente, Thomas Süssli (a destra), ha passato simbolicamente il comando al suo successore, Benedikt Roos. © DDPS
Luca Faranda
02.12.2025 22:00

«Dalla Svizzera, se guardate ad est, vedete il fumo. Noi vediamo il fuoco». Il capo dell’esercito Thomas Süssli ha voluto ricordare questa frase, pronunciata dal suo omologo estone, per spiegare la necessità di avere forze armate che siano in grado di proteggere il Paese. Oppure, per dirla con le sue parole, «sapersi difendere per non doverlo fare». A fine dicembre, dopo sei anni, Süssli lascerà l’incarico di capo dell’esercito. Oggi, a Berna, ha così voluto tracciare un bilancio, ma anche guardare al futuro. E non appare roseo. Il suo successore, Benedikt Roos, è avvisato.

La Russia rappresenta infatti una minaccia concreta e attraverso il passaggio a un’economia di guerra si starebbe preparando a estendere (già nel 2028 o nel 2029) il conflitto. «Se l’Ucraina dovesse cadere, fra la Svizzera e la Russia resterebbero solo due Stati: l’Ungheria e l’Austria», ha avvertito il 49.enne.

Nessuna memoria collettiva

La Svizzera, così come l’Europa, ha probabilmente sottostimato il reale pericolo negli anni precedenti il 2022. Poi, c’è stata l’invasione russa in Ucraina e la guerra convenzionale (che si credeva inverosimile e anacronistica) è tornata di prepotenza alle porte del continente. La politica e la popolazione non stanno avvertendo la minaccia? «A fine settembre ero presente in Polonia al “Warsaw Security Forum” e lì la questione non è se la Russia rappresenti una minaccia, bensì cosa si può fare al riguardo».

Per Süssli, l’obiettivo della Russia è dividere l’Occidente - anche attraverso la guerra ibrida, con disinformazione, spionaggio e ciberattacchi - e non tutti si sono resi conti della situazione di minaccia. «La Svizzera si è svegliata il 24 febbraio 2022, ma poi è tornata a dormire».

Il capo dell’Esercito cita tre possibili motivi: gli svizzeri, a differenza di altri Paesi dell’est, non hanno una memoria collettiva di cosa significhi attraversare una guerra o atti terroristici (il riferimento è al 2015, con vari attentati in Europa); per il momento, inoltre, si osserva da lontano quanto accade in Ucraina. Non c’è la stessa percezione di pericolo per quanto riguarda il conflitto nella periferia d’Europa. Infine, c’è la convinzione che la neutralità ci possa proteggere. Ma è importante avere una neutralità armata in un mondo multipolare che è sempre meno basato su regole, ha sottolineato Süssli, che ha poi strizzato l’occhio a una maggior collaborazione internazionale.

L’interoperabilità

Per il capo delle forze armate, il Consiglio federale (come già nel 1939) ha la possibilità di cooperare militarmente con altri Stati per proteggersi da attacchi diretti. «Questo, oggi, necessità però di avere una interoperabilità in termini di processi e di strutture (come i sistemi d’arma, ndr). Ma ciò non avviene dall’oggi al domani. Proprio per questo motivo l’interoperabilità è importante per l’Esercito».

Per rafforzare la capacità di difesa, oltre alla cooperazione internazionale, Süssli auspica un potenziamento dei mezzi a disposizione dell’Esercito (e che riguarda anche droni e cibersicurezza), facendo più volte riferimento all’ormai famoso «libro nero» pubblicato nel 2023. Anche se alla fine, a decidere, è la politica, ha tenuto a ricordare.

Sbagliare e spiegare male

Quel che è certo, è che agli occhi di Süssli la capacità del Paese nel reagire alle minacce «non è ancora sufficientemente rafforzata». Süssli ha anche puntato il dito verso di sé. Ha infatti ammesso di non aver fatto abbastanza per illustrare e far capire (alla popolazione e alla politica) l’urgenza di potenziare la difesa. Tra i punti negativi ha messo la comunicazione (ricordando anche la vicenda della mancanza di liquidità dell’esercito): «Se vengono messe critiche ci sono due motivi: è stato fatto qualcosa di sbagliato, oppure è stato spiegato male. A volte entrambe le cose», ha evidenziato.

La più grande mobilitazione

Süssli ha poi ripercorso i suoi anni alla guida delle forze armate: entrato in carica nel gennaio del 2020, dopo pochi mesi il Consiglio federale ha ordinato la più grande mobilitazione dell’esercito dalla Seconda guerra mondiale. Per fronteggiare l’emergenza legata alla pandemia, sono entrati in servizio cinquemila militari. «La nostra milizia merita riconoscenza», ha voluto sottolineare il capo dell’Esercito.

Poi, ha ricordato, appena una settimana dopo l’ultimo impiego legato al COVID, nel febbraio del 2022, ecco il ritorno della guerra ai confini dell’Europa. Süssli non usa giri di parole: «È un punto di svolta epocale».