Cosa vorrei in città

«A Lugano manca un mercato che sia un punto d’incontro»

Torna l’appuntamento con 5 personaggi e la loro idea di città - Oggi tocca a Camilla Camponovo, Alessia Ciuchi, Carla Mazzarelli, Sergio Munz e Lara Del Rocino
Camilla Camponovo, project manager di una startup tecnologica
Red. Lugano
14.11.2019 06:00

Nella quinta puntata dello speciale dedicato a «Cosa vorrei in città» diamo voce a personaggi diversi tra loro: Camilla Camponovo, Alessia Ciuchi, Carla Mazzarelli, Sergio Munz e Lara Del Rocino.

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Un mercato coperto che sia un punto d'incontro

Camilla Camponovo, project manager di una startup tecnologica

Mia cara Lugano, ti confesso che mi piacerebbe vederti più accogliente e attrattiva verso coloro che, come me, si sono momentaneamente assentati per svolgere degli studi oltralpe (o all’estero). Desidero vedere il grande potenziale luganese coltivato altrove ritornare alla propria fonte. Per realizzare questo mio desiderio, potresti renderti più flessibile e innovativa. Flessibile negli orari di chiusura dei negozi e innovativa negli incentivi professionali. Non avere paura del nuovo, non ancorarti al passato ma espandi le ali verso un futuro entusiasmante. Non smettere mai di reinventarti e di essere competitiva. Nel 2020, con l’espansione del campus universitario, potresti sfruttare lo spazio dietro alla pensilina e trasformarlo in un mercato moderno al coperto. Mi vengono in mente i magnifici mercati di varie città spagnole o danesi, dei veri punti di incontro della città nel corso di tutto l’anno. Ma non ti dimenticare di agevolare i prezzi per favorire i produttori locali e permettere ai giovani e alle famiglie di incontrarsi per degustare l’infinita scelta di formaggi, vini e salami offerti dalla nostra regione. Infine, per essere una città davvero innovativa, ti chiedo di offrire degli spazi coworking dedicati alle startup, agli artisti e ai professionisti freelance alla ricerca di un luogo di scambio e di lavoro.

Da Roma a Lugano: qui muoversi è più faciée

Carla Mazzarelli, docente all’USI e all’Accademia di architettura di Mendrisio

Il pregio di vivere e tornare a Lugano dopo i miei frequenti viaggi per lavoro e studio è poter muoversi con facilità a piedi o in bicicletta tra casa e l’università, andare in biblioteca e poi potersi concedere del tempo per una passeggiata all’aria aperta, lungo il sentiero di Gandria o andare a vedere una mostra, un concerto, anche nei dintorni, senza dover prendere l’auto, visti i frequenti e ottimi collegamenti con i mezzi pubblici. Sono nata a Roma, città che amo molto ma in cui ogni volta che torno registro le difficoltà del vivere quotidiano dovute soprattutto alla congestione del traffico. Mi piacerebbe, quindi, che a Lugano si promuovesse sempre di più una politica di disincentivo all’uso dell’auto per ragioni ambientali ma anche culturali. Credo, inoltre, che Lugano dovrebbe puntare a tutelare e valorizzare la sua natura di piccolo centro reso speciale dal lungolago, dal verde circostante e da un patrimonio artistico e architettonico di rilievo composto non solo dalle chiese e dai palazzi del centro storico ma anche da quei villini otto-novecenteschi che hanno costituito un tratto peculiare della bellezza del suo paesaggio. Una città è un organismo vivente, certo, in costante trasformazione ma resta il risultato del rispetto, nel tempo, dei suoi contesti storici, un insieme delicato quanto fragile che merita di essere protetto.

Manca uno spazio aperto dove ritrovarsi e ascoltarsi

Alessia Ciuchi, consulente

Alla domanda: «Cosa ti sembra manchi a Lugano?» mi ha incuriosito la risposta data da alcuni amici, provenienti da sei Paesi differenti, di età diverse, uomini e donne che abitano a Lugano da più o meno tempo dopo aver accumulato esperienze di vita altrove. Svolgono (o hanno svolto) le professioni più diverse e quello che li accomuna è il piacere di ritrovarsi insieme per trascorrere una piacevole mattinata in compagnia, sorseggiando un buon caffè. Concordiamo che sarebbe bello trovare in città, spazi aperti durante tutta la giornata (ma anche in serata) dove potersi ritrovare e sapere di essere ascoltati. Uno spazio per chi lavora al computer, per coloro che parlano di vecchi ricordi usando il dialetto ticinese e anche per chi si è appena trasferito e ancora non parla la lingua italiana. Un luogo in cui siano i benvenuti sia le mamme con i piccoli al seguito sia le persone in cerca di lavoro. Un posto dove ci si può ritrovarsi per scambiare informazioni, opinioni o semplicemente sguardi e sorrisi. Per molti, infatti, anche nella bella Lugano, la solitudine è spesso una triste ombra. Così, come già avvenuto in altre realtà, si potrebbe rivalorizzare un vecchio edificio dandogli vita nuova tra libri, chiacchiere, eventi e presentazioni, tra musica di sottofondo e vocine di bambini che giocano, per offrire uno angolo sicuro a coloro che sentono il bisogno di sfuggire alla frenesia individualista di questa nostra società.

Senso d'appartenenza e un ritrovato umanesimo

Lara Del Rocino, professionista nel settore delle risorse umane

Lugano è una bellissima città e quando la osservo ne rimango sempre ammirata. Fatto questo incipit, sono convita che in questo momento storico di grande sofferenza dei commerci e dell’economia in generale, sia necessario un sano «ridimensionamento» a tutto tondo: sia per ciò quello che riguarda gli affitti, sia per i costi elevati che ancora oggi fanno scappare anche il turista per caso. Per tanti motivi che non sto ad elencare, siamo meno attrattivi e proprio per questa ragione non possiamo demandare tutto all’amministrazione pubblica: dobbiamo chinarci sul problema e riflettere sulle quello che anche la collettività può fare. Ritengo che si debba soverchiare il concetto di individualismo con quello di appartenenza a una città che, se pensiamo al periodo estivo, è stata capace di promuovere attività ed eventi muovendo moltissime persone. Questo non accade durante altri mesi dell’anno. Chiaramente si possono organizzare diverse attività, ma il focus va sui costi ad oggi ancora troppo elevati rispetto al desiderio di socialità anche delle nuove generazioni. Einstein diceva che bisogna costruire un nuovo umanesimo per salvare il pianeta, ma per applicare questo principio alla nostra città è necessario, e quanto mai doveroso, facilitare e favorire i processi di socializzazione.

Non ci manca nulla, ma sfruttiamo di più i parchi

Sergio Munz, capo progetto delle AIL per l’illuminazione pubblica

Ho praticamente sempre vissuto Lugano, prima nel quartiere di Molino Nuovo e poi in zona Lambertenghi e devo dire che la città ha avuto un'evoluzione importante. Cosa vorrei vedere di nuovo? Difficile pensare a qualche cosa in particolare, praticamente non manca nulla. Si potrebbe sfruttare maggiormente i diversi parchi pubblici presenti nel comprensorio della città, come ad esempio quelli del San Michele e di Villa Florida, per organizzare manifestazioni di diverso genere: concerti, spettacoli di cabaret, mostre all’aperto e altro ancora. Oppure potremmo pensare a eventi di tipo sportivo, come ad esempio tornei di beach volley o pallacanestro a tre coinvolgendo gli istituti scolastici. Inoltre, si potrebbe creare un circuito per i go-cart all’interno del parco Ciani: se un giorno verrà realizzato, sicuramente ci porterò i miei nipotini! Per essere più realista, a Lugano vorrei vedere una rete più fitta di piste ciclabili, anche se bisogna riconoscere che in questo senso la Città si sta dando da fare. Visto che il traffico è sempre più intenso, avere delle corsie preferenziali aiuterebbe sicuramente i tanti ciclisti ad evitare alcune manovre azzardate a cui devono far capo attualmente: li si vedono fare «slalom» tra le vetture e anche sui marciapiedi, tra i pedoni.