Processo

Accoltellamento alla Manor: «Lo rifarebbe?» «Sì, ma meglio»

Interrogata la 29.enne che ha accoltellato due persone a Lugano: «Volevo dimostrare che anche una donna sa fare un atto terroristico» – Il perito: tempesta perfetta
©Gabriele Putzu
Federico Storni
29.08.2022 13:45

«Se potesse tornare indietro lo rifarebbe?», ha chiesto la giudice Fiorenza Bergomi verso la fine dell’interrogatorio alla donna a processo al Tribunale penale federale per aver accoltellato due persone alla Manor di Lugano il 24 novembre 2020. «Sì – ha risposto lei. – Ma meglio».

Non vi è alcun rimorso per quanto commesso nell’imputata, una ticinese di 29 anni convertita all’Islam con un passato di problemi mentali e un tentativo di recarsi in Siria per sposarsi già nel 2016 («Voglio te, voglio combattere con te», ha ricordato lei stessa oggi in aula). «Non mi fanno né caldo né freddo», ha aggiunto poco dopo, mentre sugli schermi del TPF venivano mostrate le fotografie delle ferite da lei inferte alla sua vittima, una giovane che è sopravvissuta all’assalto. «Non sono profonde quanto mi aspettavo», ha pure commentato. «Se potessi tornare indietro mi sarei presa dei complici. Così non mi è andata bene per niente».

La donna è accusata di tentato assassinio ripetuto (due le donne che ha attaccato: una ha avuto salva la vita per un pelo, l’altra ha riportato ferite più superficiali), violazione della Legge federale che vieta i gruppi «Al-Qaida» e «Stato Islamico» nonché le organizzazioni associate, e ripetuto esercizio illecito dalla prostituzione. In sostanza, l’imputata – con freddezza, come se si parlasse del meteo – sta confermando alla Corte (giudici a latere sono Monica Galliker e Roy Garré) la ricostruzione dell’accusa. È un susseguirsi di sì, il suo, e di aggiunta di particolari. Si ammutolisce solo quando le viene chiesto se avesse avuto complici, e chi fossero queste persone. Lei dice di sì, ma che all’ultimo momento si sono tirati indietro costringendola ad agire da sola; la procuratrice pubblica Elisabetta Tizzoni afferma di non essere riuscita, «purtroppo», a trovare conferme in un senso o nell’altro.

L’interrogatorio è stato a tratti surreale: la 29.enne ha risposto alle domande con tono tutto sommato gentile, con diversi sorrisi. Facendo, con questo tono, affermazioni quali «prima di cominciare a tagliare la gola della prima donna ho detto tre volte «Allah Akbar» nel modo più aggressivo possibile perché volevo che fosse percepito come attentato», o «Il mio obiettivo era fare vedere che anche le donne sanno fare atti terroristici, non solo gli uomini. Se non mi bloccavano avrei continuato».

L’attacco – se possa essere definito terrorismo è uno dei temi del dibattimento – era da un lato studiato da diverso tempo e dall’altro molto improvvisato. L’orario – metà pomeriggio – è stato scelto perché pensava vi sarebbe stata più gente. Motivo per cui ha deciso di agire proprio alla Manor. Il centro Grancia era stato da lei considerato troppo grande, e «alla Manor di Vezia non era tanto semplice compiere l’atto terroristico che avevo programmato», perché sovente vi si recava la famiglia a fare la spesa e perché conosceva alcune persone che vi lavoravano «e non volevo fare loro del male». L’arma del delitto è stata un coltello del pane preso poco prima proprio alla Manor: scelto perché facile da sfoderare dalla confezione. «Quello che volevo davvero – ha detto la donna – era chiuso con dei lacci di plastica e non pensavo che sarei riuscita a liberare la lama».

Un miscuglio di organizzazione e improvvisazione che emerge anche in relazione al suo tentativo di recarsi in Siria nel 2016. Un viaggio organizzato tramite agenzia viaggi (fino alla Turchia, quantomeno), ma un tentativo naufragato perché alla dogana con la Siria si è rifiutata di produrre la propria carta d’identità perché «avevo paura che vedessero i miei dati». Così è stata arrestata e rispedita in Svizzera. Dove ha comunque mantenuto i contatti con le persone che voleva aggiungere in Siria.

Altri cortocircuiti logici: la donna ha compiuto l’attacco griffata Guess da capo a piedi, e ha finanziato il suo viaggio in Siria per sposarsi con il presunto jihadista (che è rimasto ignoto) – nonché le persone che si trovavano in Siria – con i proventi della prostituzione: «Cinque-seimila franchi al mese».

Nel pomeriggio è stato sentito lo psichiatra Carlo Calanchini, autore di una perizia sullo stato psichico della donna, il quale ha diagnosticato una scemata imputabilità di grado medio-alto e un rischio di recidiva di grado medio, raccomandando un trattamento stazionario in una struttura chiusa. La donna, stando al perito che ha parlato di tempesta perfetta, soffre di un lieve ritardo mentale e di una patologia simile alla schizofrenia. La tempesta perfetta è dovuta alla combinazione di queste due patologie. Calanchini ha descritto la comprensione dell'ISIS da parte della donna paragonandola al rapporto fra Don Chisciotte e Dulcinea. 

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