Biasca

Airlight Energy, ex dirigenti rinviati a giudizio

Le ipotesi di reato formulate dal procuratore pubblico Daniele Galliano nei confronti dei cinque imprenditori vanno dall’amministrazione infedele aggravata alla cattiva gestione
Il collettore solare sviluppato dall’azienda biaschese non ha mai trovato sbocchi sul mercato delle energie rinnovabili. © CdT/Archivio
Spartaco De Bernardi
17.02.2021 06:00

Si profila il processo di fronte ad una Corte delle Assise criminali per cinque ex dirigenti dell’Airlight Energy Manufacturing SA, la società con sede a Biasca attiva nel campo delle energie rinnovabili fallita alla fine di agosto del 2016 lasciando dietro di sé una voragine milionaria. Il procuratore pubblico Daniele Galliano, che ha ereditato l’incarto da Fiorenza Bergomi nel frattempo nominata giudice del Tribunale penale federale, ha infatti chiuso nelle scorse settimane l’inchiesta rinviandoli a giudizio. I reati ipotizzati nei loro confronti, a vario titolo e a seconda dei ruoli svolti, sono di amministrazione infedele aggravata, diminuzione dell’attivo a danno dei creditori, favori concessi a un creditore e cattiva gestione.

Accuse rimandate al mittente

Ipotesi di reato che i cinque ex dirigenti della società biaschese respingono al mittente. «Contestiamo in particolare che si possa applicare la giurisprudenza abituale sulla bancarotta anche ad una start-up», dichiara al CdT l’avvocato Paolo Bernasconi, patrocinatore di uno degli accusati.

Nel fallimento della società della quale erano azionisti i cinque imprenditori hanno perso personalmente parecchi soldi. Denaro investito per sviluppare un progetto che sembrava avere le carte in regola per primeggiare a livello internazionale. A loro dire la società, che in un decennio aveva investito circa 120-140 milioni di franchi in attività di ricerca e di sviluppo, era finanziariamente solida. Ma quando sembrava che la start-up potesse finalmente prendere il volo, ecco sorgere problemi insormontabili legati alla commercializzazione dei progetti all’avanguardia sviluppati dal team di ingegneri. In concreto non si è riusciti a trovare i fondi necessari per promuovere quei progetti nei quali i dirigenti della Airlight credevano fermamente. E senza quei fondi l’epilogo era inevitabile: il fallimento. A quel punto il dossier passa all’Ufficio esecuzione e fallimenti di Bellinzona. Nell’esaminare la documentazione, un funzionario rileva operazioni risalenti al periodo antecedente il fallimento che meritano di essere approfondite. Parte la segnalazione al Ministero pubblico. Le indagini vengono affidate alla procuratrice capo Fiorenza Bergomi, la quale promuove l’accusa ipotizzando il reato di cattiva gestione. Ipotesi di reato originaria alla quale il pp Daniele Galliano ha ora aggiunto quelle di amministrazione infedele aggravata, diminuzione dell’attivo a danno dei creditori e favori concessi a un creditore.