Processo

Condannato per l'abuso, decisiva la sua confessione

Tre anni a un ventenne che nel 2020 molestò sessualmente una giovane ubriaca a Porza, a casa di amici - Prima ha negato, ma poi ha ammesso le proprie responsabilità in seguito al confronto con la vittima
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Federico Storni
16.08.2022 16:35

Di primo acchito, la strada per una condanna appariva in salita. L’abuso sessuale era stato denunciato a due anni di distanza e - non essendoci prove tangibili - si prospettava uno scontro di versioni in aula, senza particolari garanzie che il giudice ritenesse credibile ogni oltre ragionevole dubbio quella della vittima. Poi è intervenuto un fatto raro: l’assalitore - che fin lì aveva negato - dopo il confronto con la vittima ha confessato. E quella confessione ha permesso di «spianare» un iter giudiziario che si prospettava accidentato e potenzialmente doloroso per la giovane.

Era semincosciente

Partiamo dalla fine. Questa mattina, martedì, un ventenne svizzero residente nel Luganese è stato condannato a tre anni di carcere (di cui sei mesi da scontare) per atti sessuali con persone inette a resistere o incapaci di discernimento. Per avere, cioè, a settembre del 2020 abusato sessualmente di una giovane ubriaca in casa di amici a Porza. Il processo si è svolto nella forma del rito abbreviato (la procuratrice Valentina Tuoni, l’avvocato dell’uomo Olivier Ferrari e l’avvocato della vittima Carlo Borradori erano concordi sulla pena, che è poi stata approvata anche dal giudice delle Assise criminali Amos Pagnamenta).

Più precisamente il giovane - diciotto anni all’epoca dei fatti - a un certo della serata ha seguito la donna in bagno e vi è entrato a sua volta, malgrado lei gli avesse chiesto di non farlo. Dopodiché la giovane, che a quel punto era molto ubriaca, è svenuta a causa dell’alcol ed è finita a terra. Il diciottenne l’ha aiutata a rialzarsi e ha approfittato del suo stato di semincoscienza per compiere l’abuso sessuale, che è terminato solo perché la vittima a un certo punto ha rigurgitato nel lavandino. L’imputato l’ha quindi rivestita e l’ha lasciata - sempre semincosciente - a terra, chiamando gli amici per chiedere aiuto. Nel frattempo ha anche cancellato dal telefono della donna ogni elemento utile a identificarlo e infine l’ha accompagnata a piedi dal padre, giunto in auto per riportarla a casa.

Il punto di svolta

La giovane, però, l’abuso l’ha ricordato e se l’è tenuto dentro per due anni - finché non ha trovato la forza di denunciare il proprio assalitore. In seguito ha anche trovato la forza di confrontarlo innanzi agli inquirenti (nei casi di reati concernenti l’integrità sessuale, accusato e vittima si trovano in due stanze diverse e si guardano tramite videocamere). In quell’occasione la giovane ha raccontato l’impatto che quel gesto aveva avuto sulla sua vita. L’uomo ha risposto continuando a negare, ma pochi giorni dopo ha deciso di confessare. «Sono molto pentito - ha ribadito ieri in aula con un filo di voce. - Se potessi tornare indietro non lo rifarei».