Continua lo scontro sui serbatoi di Sonvico

Due serbatoi dell’acqua con facciate di 13 metri e alti ognuno otto metri e mezzo non saranno un pugno nell’occhio, incastrati fra una scuola e un complesso residenziale? Non si poteva farli più discosti dall’abitato di Sonvico? È giusto che la necessaria variante pianificatoria sia stata svolta in forma semplificata, senza quindi avvertire i confinanti? E la costruzione dei serbatoi non porterà al collasso il traffico, dato che sorgeranno in un terreno oggi usato – seppur impropriamente – come area di manovra dai genitori degli allievi delle elementari e del futuro asilo? Domande che una ventina di persone – in gran parte confinanti con la futura opera – ha rivolto senza successo al Consiglio di Stato e che negli scorsi mesi ha inoltrato al Tribunale cantonale amministrativo, in un ricorso di 14 pagine che chiede di annullare la licenza edilizia che permetterebbe di edificarli. Ma il progetto – peraltro necessario per migliorare l’approvvigionamento idrico non solo di Sonvico ma anche di Cadro e Villa Luganese – non sarebbe un problema solo per loro, e per dimostrarlo è stata avviata negli scorsi giorni una raccolta firme per fare emergere un dissenso all’opera. Dissenso che secondo gli opponenti sarebbe diffuso nel quartiere.
I perché dell’opera
Della vicenda ci siamo già occupati in passato (si veda l’edizione del 23.11.2020), nei mesi precedenti l’inoltro del primo ricorso - integralmente respinto - al Consiglio di Stato. Alla costruzione di un serbatoio a quella quota (ma non è chiaro se sullo stesso terreno) lavorava già l’ex Comune di Sonvico prima dell’aggregazione, e sulla scia di quell’idea la Città di Lugano ha poi ripreso e ampliato l’opera, di modo che potesse essere utile anche ai vicini Cadro e Villa Luganese. Il problema del comprensorio è che oggi la maggior parte dell’approvvigionamento idrico avviene da acque superficiali, un concetto non più previsto dalla pianificazione cantonale in merito. Per ovviare alla cosa, Lugano sta costruendo anche stazioni di pompaggio per far giungere l’acqua dalla zona bassa di Lugano.
Quanto al collocamento dei serbatoi, la Città ha affermato di aver scartato altri terreni più discosti alla stessa quota per ragioni «tecniche e/o finanziarie».
«Due immensi monoliti»
Il Municipio di Lugano, nel messaggio con la richiesta di spendere oltre tre milioni per realizzarli (accolta da tempo dal Consiglio comunale), non nascondeva che l’inserimento dell’opera «è subito apparso delicato paesaggisticamente», ma riteneva di aver risolto la questione decidendo di ricoprire i due «monoliti» (così vengono definiti) con una «facciata vegetale» (piante rampicanti) «che sia in grado d’integrarsi nel contesto specifico e di essere percepita in maniera differente, sia durante l’arco della giornata, sia con l’alternarsi delle stagioni».
Decisamente di diverso parere chi si oppone: «Dei simili edifici, senza nessun pregio e disarmonizzanti, non possono e non devono essere autorizzati», si legge nel ricorso al TRAM. Anche perché l’insediamento di Sonvico è iscritto nell’inventario federale ISOS e per cui dunque varrebbe una protezione paesaggistica accresciuta e - torniamo a citare - «non v’è dubbio che l’edificazione di due immensi monoliti proprio all’ingresso del paese sarebbe atta a compromettere definitivamente l’equilibro e la bellezza del luogo e debba dunque essere scongiurata».
Criticata anche l’informazione
Come detto, in prima istanza le argomentazioni dei ricorrenti sono state integralmente respinte, mentre l’impostazione di Città (proprietaria del fondo) e AIL (progettista) è stata tutelata e ritenuta «esauriente e del tutto plausibile». Per contro, il Consiglio di Stato non è entrato nel merito delle proteste per la modifica pianificatoria precedente. Ma anche su questo punto gli opponenti non demordono: «Ritenere che la modifica fosse di poco conto e che i proprietari dei fondi confinanti non possano essere considerati come interessati dalla modifica, omettendo dunque l’informazione personale di quest’ultimi in merito all’introduzione di una norma che nei fatti risulta atta a permettere la costruzione di immense strutture che sovrastano le abitazioni esistenti, sarebbe un disconoscimento del principio d’informazione e partecipazione». Ora toccherà al TRAM valutare il merito di queste obiezioni.