L'analisi

Da frontaliere a residente, è tutta questione di soldi

L’USTAT ha pubblicato un nuovo studio in cui si mettono in luce le possibili motivazioni che spingono i lavoratori italiani a trasferirsi in Ticino - Allo stesso modo, pure chi lascia la Svizzera è spinto da questioni economiche
La dogana di Gandria separa Lugano dalla Valsolda e dal Porlezzese. © CdT / Chiara Zocchetti
Dario Campione
24.04.2024 20:00

Cherchez l’argent. Per capire i motivi che spingono ogni anno centinaia di frontalieri a trasferire la propria residenza in Ticino (e, di converso, centinaia di ticinesi a vivere nella fascia di confine italiana), bisogna rovistare nei portafogli. È «una questione di reddito», sintetizza l’USTAT, che ha pubblicato un nuovo studio - il terzo in due anni - sull’analisi degli spostamenti tra frontalieri e residenti.

Alcuni dati, ormai, appaiono chiari; altri, invece, rimangono più incerti. Almeno dal punto di vista statistico. Partiamo dalle certezze, ovvero dal profilo di chi opta per il cambiamento. «Chi da residente in Ticino è diventato frontaliere tra il 2013 e il 2020 (anni per i quali i numeri disponibili possono essere collegati tra loro, ndr), confrontato a chi rimane residente in Ticino, risulta essere con maggiore frequenza: di genere maschile; giovane; non sposato; appartenente a un’economia domestica piccola (una o due persone) e senza minorenni; straniero, in particolare con un permesso di dimora». Una persona, quindi, con pochi o nessun vincolo e un grado di autonomia elevato. Lo stesso ritratto di chi compie il percorso inverso, da frontaliere e residente.

Stessi profili ma, evidentemente, motivazioni opposte. Sulle quali rimane, tuttavia, un minimo di incertezza. «Proprio le motivazioni sono le informazioni che ci mancano - dice al Corriere del Ticino Maurizio Bigotta, estensore dello studio USTAT assieme alla collega Vincenza Giancone - volevamo capire se il reddito giocasse un ruolo e, stando ai numeri, sembra effettivamente farlo». I residenti che si trasferiscono oltrefrontiera «mostrano generalmente livelli di reddito inferiori a chi è rimasto residente». Ma in Italia, pur guadagnando meno, potranno contare sicuramente su un costo della vita inferiore, e di conseguenza accettare salari più bassi o un lavoro a tempo parziale. «È possibile anche che una persona percepisca un reddito da lavoro aggiuntivo in Italia che sfugge dalle nostre statistiche - si legge nello studio dell’USTAT - un reddito che gli consente di averne uno inferiore in Svizzera».

Il frontaliere che sceglie di vivere in Ticino, al contrario, è in grado, in breve tempo, di azzerare la differenza di salario con i residenti, stimabile poco sopra il 19%.

Numeri contraddittori

Dal 2013 al 2020, i residenti che hanno scelto di diventare frontalieri andando a vivere in Italia sono stati 5.801, mentre i frontalieri che hanno deciso di chiedere la residenza in Svizzera sono stati 9.989. Un saldo tutto a favore di questi ultimi, ma con una tendenza che sembra andare in una direzione opposta. Se, infatti, nel 2013 i frontalieri desiderosi di ottenere la residenza in Ticino erano stati 1.546 (e addirittura, nel 2016, 1.937), nel 2020 questo numero è letteralmente crollato, fino quasi a dimezzarsi (869, pari a -43,8%). Al contrario, dai 587 residenti determinati a trasformarsi in frontalieri nel 2013, si è passati ai 941 del 2019 e agli 836 del 2020, con una crescita rispettivamente del 60,3 e del 42,4%.

«Siamo partiti da un dato preciso - spiega ancora Maurizio Bigotta - ovvero che da un paio d’anni si trasferiscono in Italia più lavoratori frontalieri di quelli che vengono a vivere in Ticino. E abbiamo tentato di capire perché accade». Le cose, come detto, non sono semplici, né scontate. «L’impossibilità di determinare la direzione del legame causale tra reddito e spostamento non permette di approfondire i meccanismi dietro a queste scelte - scrivono i ricercatori dell’USTAT nelle conclusioni del loro studio - Da un lato, la scelta di spostarsi potrebbe essere conseguenza del livello di reddito (un salario troppo basso potrebbe spingere a optare per lo statuto di frontaliere, oppure un reddito alto a diventare residente). Dall’altro lato, il livello di reddito potrebbe essere causato dallo spostamento (ad esempio, il basso costo della vita in Italia potrebbe portare a ridurre il tempo di lavoro per meglio bilanciare la propria vita o, viceversa, un residente in Ticino potrebbe aumentare il proprio reddito cambiando professione o aumentando il tempo di lavoro). La comprensione di tali dinamiche risulta complessa, e un miglioramento nella disponibilità di alcune informazioni e il continuo monitoraggio dei dati più recenti potrebbe essere utile per capire e rendere più robuste alcune delle ipotesi fatte».

Il nuovo accordo fiscale

Che cosa potrebbe invertire la tendenza degli ultimi anni? Le cifre analizzate dall’USTAT si fermano, al momento, al 2020. Bisognerà quindi vedere, innanzitutto, quale sia stato, nel suo complesso, l’effetto della pandemia di COVID 19.

Ma un altro fattore, secondo Bigotta, potrebbe incidere nel prossimo futuro: il nuovo sistema di calcolo delle imposte. «La maggiore pressione esercitata dal fisco italiano sui frontalieri dopo l’entrata in vigore, a luglio, dell’intesa sulla doppia imposizione potrebbe spingere più persone a trasferirsi in Ticino. Il vantaggio competitivo di un salario più elevato potrebbe, infatti, ridursi. E non di poco».

I cosiddetti “nuovi frontalieri” vedranno soltanto nella primavera del prossimo anno gli effetti dell’accordo fiscale sulle loro buste paga. Al momento di compilare il modello 730 dovranno infatti calcolare la quota di imposta italiana, in aggiunta a quella svizzera prelevata alla fonte. Se, come sembra, un 30% degli stipendi se ne andrà in tasse, allora qualcosa potrebbe davvero cambiare.