La missione

Danilo Cau riaccende i motori: in arrivo aiuti per la Turchia

Il trasportatore ticinese sta organizzando una spedizione assieme a GiocaSolida per aiutare la popolazione colpita dal terremoto: «Sappiamo di potercela fare»
© ERDEM SAHIN
Marcello Pelizzari
02.03.2023 11:15

Niente è impossibile. Danilo Cau, al solito, risponde alle nostre domande con entusiasmo. Di aiuti, in fondo, il ticinese se ne intende. Anni fa, nel 2017, organizzò una spedizione di spazzaneve per aiutare gli abitanti delle cittadine in Abruzzo colpite dal terremoto e isolate dalle impressionanti nevicate. All’indomani dello scoppio della guerra in Ucraina, invece, si mosse per spedire aiuti e beni di prima necessità al confine con la Polonia. Dove, sin dai primi giorni di conflitto, confluirono tantissimi profughi. Ora, come ha scritto sui social, in collaborazione con GiocaSolida di Muralto sta organizzando una missione in Turchia, Paese travolto da scosse sismiche devastanti e – di riflesso – in difficoltà. «Abbiamo appena ottenuto tutte le autorizzazioni e le indicazioni da parte dell’ambasciata turca» si legge nel post. «La merce è quasi pronta, non resta che trovare i fondi per coprire i costi vivi e organizzare i traghetti. Partenza prevista attorno al 18 marzo».

La missione

«Oramai è un’abitudine» afferma Cau. «Ed è incredibile pensare che, di volta in volta, emergenze di queste proporzioni si verifichino a inizio anno. Prima l’Abruzzo, poi la guerra in Ucraina. Ora, appunto, il terremoto fra Turchia e Siria». A spingere i camion del nostro interlocutore, va da sé, è un cuore grande così. «Ma c’è anche molta consapevolezza» ribadisce Cau. «Una consapevolezza che io e i miei collaboratori abbiamo costruito grazie alle esperienze precedenti. Sappiamo di potercela fare, insomma. Da parte mia, c’è sempre stata una certa disponibilità ad aiutare. Mi metto volentieri a disposizione. È più forte di me, per certi versi».

Cau, fra l’altro, aveva già organizzato un primo aiuto dopo il sisma. «Gli aiuti, però, erano destinati alla Siria. Un Paese difficile da raggiungere. Perciò, semplicemente, abbiamo portato i beni fino a Basilea, organizzando dei container che, via nave, sono poi arrivati in Medio Oriente. Adesso, beh, le coordinate sono differenti. Abbiamo effettuato una raccolta tramite GiocaSolida e, se tutto quadra, partiremo il 18 marzo. Useremo un mezzo più piccolo, non un camion. E parte del viaggio sarà via nave, con attracco in Grecia.

È necessario fare un passo alla volta. Le raccolte di aiuti, di solito, nascono in maniera spontanea, con tante emozioni in gioco. Il rischio, tuttavia, è di partire senza la giusta organizzazione

La burocrazia

Quanto è complicato, chiediamo a Cau, ottenere tutti i permessi necessari? «Più che complicato – risponde il ticinese – direi che è necessario fare un passo alla volta. Le raccolte di aiuti, di solito, nascono in maniera spontanea, con tante emozioni in gioco. Il rischio, tuttavia, è di partire senza la giusta organizzazione. In modo caotico. C’è una sorta di pensiero per cui ''tanto è una missione umanitaria e nessuno mi ostacolerà'' ma nella realtà le cose sono molto diverse. Devi tenere presente che, per arrivare a destinazione, attraversi altri Paesi. E che molta gente lucra sugli aiuti. Per cui non basta presentarsi in dogana dicendo che un determinato carico è per chi ne ha bisogno. C’è tutto un iter da seguire, c’è una trafila. Tutto questo richiede tempo. Noi partiremo forti dell’accordo con l’ambasciata turca e di una lettera firmata da loro».

Che cosa porterà, Danilo, in Turchia? Quali i beni che consegnerà alle autorità competenti? «Cibo e indumenti caldi, soprattutto. Penso a coperte, ma anche a latte in polvere e pannolini per i più piccoli».

Che cosa si prova?

A Danilo Cau, concludendo, chiediamo che cosa si provi – una volta sul posto – nel vedere così tanta sofferenza. «Ho ancora qui, in testa, i racconti dei miei collaboratori che, un anno fa, partirono per il confine polacco-ucraino. Sono tornati con un bagaglio di emozioni incredibile. Un conto è la raccolta di aiuti, un altro è organizzare il viaggio. Ma quando vedi perché ti sei mosso, quando vedi ad esempio i profughi che fuggono dalla guerra, capisci perché fai quello che fai. È toccante. A questo giro sarò io stesso a partire, lo devo anche ai miei colleghi che, finora, mi hanno visto più dietro le quinte. Non sappiamo ancora fino a dove potremo spingerci all’interno del Paese. Le strade, nelle zone colpite, sono dissestate e pericolose. Ankara, nello specifico, ci dirà dove depositare la merce. Poi toccherà alle organizzazioni locali portare gli aiuti in maniera capillare».  

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