Ticino

Diciott’anni non bastano: resta bandito dalla Svizzera l’assassino minorenne di Cresciano

Nonostante sia cresciuto in Ticino dall’età di due anni, il più giovane degli assassini di Leonardo non può rimettere piede nel Paese in cui vive la sua famiglia
©Chiara Zocchetti
Andrea Stern
Andrea Stern
19.03.2023 13:09

Fu uno dei più efferati crimini della recente storia del canton Ticino. Nella notte tra il 3 e il 4 aprile 2005 due fratelli kosovari residenti a Cresciano, all’epoca minorenni, pugnalarono con almeno 23 coltellate e poi strangolarono un 17.enne venezuelano, Leonardo, per impossessarsi di un centinaio di pasticche di ecstasy che custodiva nel suo alloggio a Giubiasco. Poi caricarono il cadavere nel bagagliaio dell’auto dei genitori e lo depositarono in una discarica sui monti di Claro. A ritrovarlo, una ventina di giorni dopo, fu un escursionista, che allertò la polizia.

L’intero Ticino fu sconvolto dal ritrovamento di quel giovane corpo. Seguirono giorni di speculazioni e di serrate indagini, che permisero di risalire ai due fratelli di Cresciano. Di fronte a prove schiaccianti, come il possesso dei documenti e delle chiavi di casa di Leonardo, gli autori dell’agghiacciante crimine non poterono che vuotare il sacco.

Pena massima

Furono processati e condannati per assassi-nio alla pena massima che il Consiglio dei minorenni avrebbe potuto loro comminare: il collocamento a tempo indeterminato - ma almeno per due anni - in una struttura educativa della Svizzera francese.

Alla prova dei fatti vi rimasero appena più di tre anni - conditi da una fuga di alcuni giorni, poco dopo il collocamento - dopodiché vennero rimessi in libertà. In seguito vennero entrambi espulsi verso il Kosovo, Paese nel quale avevano vissuto i loro primi 4, rispettivamente 2 anni di vita.

Nel frattempo, prima dell’espulsione, il più giovane dei due fratelli aveva però sposato una cittadina svizzera conosciuta nel foyer e aveva pure avuto un figlio con lei. Tornato in Kosovo, è quindi ripetutamente ricorso alle vie legali nel tentativo di ricongiugersi con la moglie (dalla quale ha nel frattempo divorziato), il figlio, i genitori e la sorella.

Ricorso respinto

Invano. Ancora a inizio marzo i giudici del Tribunale amministrativo federale hanno respinto l’ennesimo ricorso del kosovaro, oggi 34.enne. Vista «l’efferatezza del crimine agghiacciante da lui commesso (...), di una brutalità che difficilmente può trovare confronto», i giudici hanno ritenuto che il divieto di entrata in Svizzera sia tuttora giustificato.

Tanto più che il ricorrente, in questo caso patrocinato dall’avvocato Giorgio Battaglioni, non ha mai realmente intrapreso un percorso terapeutico volto a contenere la sua pericolosità. Da quando nel 2009 lasciò la struttura educativa in Svizzera francese ha svolto solo 16 sedute di psicoterapia. Troppo poche, secondo i giudici federali, che non vedono motivi di revocare il divieto di entrata in Svizzera tuttora in vigore.

Nonostante sia cresciuto in Ticino dall’età di due anni, il più giovane degli assassini di Leonardo non può quindi rimettere piede nel Paese in cui vive la sua famiglia, in parte ormai di nazionalità svizzera. I contatti con il figlio, che oggi ha 13 anni, dovranno continuare a svolgersi in forma virtuale, o fisica durante le vacanze di quest’ultimo in Kosovo.

Tuttavia il ricorrente ha una prospettiva, contrariamente agli inizi quando sul suo capo pendeva un divieto d’entrata a tempo indeterminato. Ora, grazie a una sua domanda di riesame accolta dalla SEM, il divieto d’entrata è stato limitato a fine 2026.