«Difficile affrontare le sfide se non puoi cambiare le cose»

Da quasi dieci mesi, monsignor Alain de Raemy è l’amministratore apostolico della diocesi di Lugano. Incarico al quale è stato chiamato da papa Francesco il 10 ottobre dello scorso anno, subito dopo le dimissioni di monsignor Valerio Lazzeri. Un passaggio traumatico, sicuramente inatteso, che il prelato friburghese ha saputo ben interpretare conquistando la fiducia di molti fedeli. Alcuni di questi fedeli hanno addirittura pensato che monsignor de Raemy potesse essere l’uomo giusto per guidare la diocesi, e hanno quindi raccolto le firme per chiedere la modifica della regola che impone la nomina a Lugano di un vescovo scelto tra i sacerdoti ticinesi.
Domani, come da tradizione, monsignor de Raemy celebrerà la messa al passo del San Gottardo. Per lui sarà l’occasione – forse l’unica – per inviare a tutti i cittadini del cantone un messaggio in occasione della Festa nazionale.
Monsignor de Raemy, se la sente di fare un bilancio del suo incarico di amministratore apostolico della diocesi di Lugano? Quali sono state le maggiori difficoltà che ha dovuto affrontare in questi mesi? E quali le sorprese più positive?
«Per conoscere bene una situazione e le sfide che pone, non bastano quasi 10 mesi. È dunque difficile per me fare un bilancio esaustivo, anche soltanto parlando del mio incarico. Potrei, questo sì, indicare qualche difficoltà riscontrata. Ma preferisco cominciare con le cose positive. Ad esempio, l’accoglienza a cuore aperto della popolazione, e non solo quella nelle parrocchie o nelle istituzioni ecclesiali. Mi sono trovato ovunque e da subito inserito, accolto nella vita locale della Chiesa e della società, senza mai sentirmi “un corpo estraneo”. Nell’ambito ecclesiale c’è la fede che unisce spontaneamente e soprannaturalmente, mentre nell’ambiente sociale svizzero-latino ci sono similitudini con la Spagna e l’Italia, Paesi che conosco benissimo, o con il per me più familiare Vallese. Ritornando alle difficoltà, la principale è forse quella di non poter andare fino in fondo quando si tratta di sfide da affrontare con delle decisioni puntuali. Da amministratore provvisorio quale sono, non spetta a me cambiare cose, ma allo stesso tempo neanche stare a guardare senza muovermi. Preciso subito, però, che non è compito esclusivo del vescovo cambiare le cose: tutto viene fatto in modo sinodale, ossia partecipativo».
La sua idea del Ticino corrispondeva alla realtà toccata con mano, oppure ha dovuto cambiare qualche giudizio? E che risposta ha avuto dai fedeli, e dai cittadini più in generale, alle sue iniziative?
«Non avendo fatto alcuna esperienza previa della vita in Ticino, ho avuto il vantaggio di arrivare senza pregiudizio alcuno. E il semplice fatto di essere sempre ben presente nelle diverse vicende viene percepito come un riconoscimento e un incoraggiamento a gruppi e persone, per andare avanti con fiducia».
Qual è lo stato attuale della Chiesa in Ticino?
«Stiamo attraversando un periodo importante, dovuto alle innumerevoli sfide poste dalla mancanza di trasmissione della fede in famiglia e nella società. Questo ha, tra le conseguenze, anche la mancanza di vocazioni consacrate a sostegno di tutti. Viene posta, così, una grande sfida a tutti i credenti perseveranti e convinti: dobbiamo trovare le vie giuste da percorrere, ora più che mai tutti insieme!».
Se dovesse definire oggi la Svizzera, che cosa direbbe?
«Un tesoro di cultura del coinvolgimento di tutti – penso in concreto alla sussidiarietà – che è da promuovere sempre, in particolare quando siamo confrontati con l’arrivo di tante persone con altri “background”».
Domani lei sarà al passo del San Gottardo per la tradizionale cerimonia in occasione della Festa nazionale. In passato, alcuni vescovi di Lugano hanno scelto il 1. Agosto anche per lanciare importanti messaggi sociali. Può anticiparci qualcosa del suo discorso?
«Vorrei incoraggiare a cercare e scoprire nella fede la più grande motivazione per essere dei cittadini attivi e positivi».
Che significato ha, il 1. Agosto, per un vescovo che è chiamato ad avere sempre come riferimento la dimensione universale della Chiesa cattolica?
«È proprio questa apertura a una dimensione universale che rende il cattolico, e non solo il vescovo, ancora più interessato e propositivo nella sua patria, per coinvolgere tutti e tenendo conto di tutto (anche oltre i confini!)».
Ancora di recente le statistiche confermano l’allontanamento di ampie parti della popolazione dalle tradizionali appartenenze religiose. Che cosa la spaventa di più di questo processo di secolarizzazione? E come invertirlo?
«Personalmente non sono spaventato; al contrario credo che tutto sia occasione per far riscoprire i fondamenti delle nostre belle tradizioni di fede, che sono sovente un patrimonio culturale riconosciuto e inestinguibile».
In questi giorni lei è a Lisbona per le Giornate mondiali della Gioventù. Quale messaggio arriva dal Portogallo alle giovani generazioni elvetiche?
«Il messaggio è decisamente quello di una fratellanza universale, che i giovani scoprono attraverso qualcosa di più profondo e di più alto rispetto alle mere preferenze o simpatie ideologiche».
Il suo incarico di amministratore apostolico potrebbe anche terminare presto. Come vive questa situazione? E che diocesi lascerà eventualmente al futuro vescovo?
«Non sono io a lasciare al futuro vescovo una diocesi, ma è tutto il passato recente – presente nelle persone – che si mostrerà da sé stesso al nuovo vescovo. Io non vivo mai le cose come un provvisorio, perché i legami umani non si vivono a metà o parzialmente».
Pensa che il cantone o, meglio, l’Ecumene ticinese sia pronta ad accettare che la titolarità della diocesi sia affidata anche a vescovi provenienti da territori e culture diverse?
«Tra i fedeli, e in generale nella popolazione in Ticino, sento spesso incomprensione verso una limitazione che escluderebbe candidati idonei. Tuttavia, non va dimenticato che ogni nomina che il Santo Padre dispone, da successore dell’Apostolo Pietro, viene sempre ben curata con l’aiuto e il consiglio di tanti, tenendo conto non solo delle particolarità ma anche della situazione locale attuale».
Da Airolo a Chiasso, gli appuntamenti per il Primo agosto
Come da tradizione, per celebrare il Natale della Patria, sul passo del San Gottardo (presso il piazzale del «Forte Vecchio») domani mattina alle 10.30 la Santa Messa sarà celebrata dal Vescovo Mons. Alain de Raemy. Sarà possibile raggiungere il Passo a piedi (il «Cammino di riflessione» partirà alle 7.30 dal Motto Bartola), oppure tramite un autobus (con partenza dalla stazione FFS di Airolo alle 9.30). Nel pomeriggio, in Via Lüína ad Airolo sarà offerto il pranzo preparato dai cuochi del Carnevale Airolese. Alle 14 è inoltre prevista la Benedizione di Casa Trosi da parte del Vescovo. Nel pomeriggio in programma la parte ufficiale con la presenza degli oratori Fabio Fransioli e Luca Cereda.
Da Nord a Sud del cantone, sono previsti tanti altri appuntamenti per celebrare il 1. Agosto. A Faido la commemorazione ufficiale sarà affidata a Marzio Della Santa, capo della Sezione degli enti locali. Sempre a Faido è prevista anche la tradizionale festa della Lega dei ticinesi: l’evento si terrà in zona Castelletto. L’inizio è fissato alle 11.30 e dalle 12.15 verrà offerto il pranzo. Nella capitale, in piazza del Sole, l’oratore ufficiale sarà Massimo Baggi, ambasciatore di Svizzera per gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein. A Ghirone-Campo Blenio la festa si terrà nel Parco Saracino, con l’allocuzione ufficiale del vicepresidente del Gran Consiglio Michele Guerra. A San Bernardino la festa si terrà in tutto il villaggio, con il discorso ufficiale di Martin Bühler, consigliere di Stato grigionese e il concerto di Sebalter. Nel Luganese sono previsti i discorsi di Marco Romano a Caslano, del consigliere federale Albert Rösti a Melide (che interverrà sia alla festa dell’UDC alla Swissminiatur sia alle celebrazioni ufficiali di Melide), Filippo Lombardi a Lugano e Fabio Regazzi a Massagno. Nel Mendrisiotto sono previsti i discorsi di Alex Farinelli a Chiasso, Raffaele De Rosa a Stabio e Luisa Lambertini a Mendrisio.