Il caso

Frontalieri, Province e Comuni spingono verso la Svizzera

Mentre il Governo nazionale e il ministro varesino Giancarlo Giorgetti promettono incentivi e risorse per trattenere i lavoratori italiani oltreconfine, gli enti locali si muovono nella direzione opposta e organizzano addirittura corsi in cui si insegna come fare a cercare lavoro in Ticino
© CdT/Gabriele Putzu
Fabrizio Barabesi
24.04.2023 06:00

Il 2023 si era aperto con il ministro italiano dell’Economia Giancarlo Giorgetti che, a fine gennaio, proponeva un «premio fiscale di confine». Un incentivo per consentire ai lavoratori e alle imprese italiane di «scegliere dove fare i propri affari, in Italia o in Svizzera». Una decisione messa sul tavolo per contrastare la «concorrenza insostenibile» tra gli stipendi italici e quelli offerti, a parità di mansione, dalla Confederazione. Nei mesi precedenti, l’allarme per la fuga di manodopera qualificata e di professionalità molto ricercate (come medici e infermieri) era inoltre risuonato in maniera incessante. La Regione Lombardia aveva valutato e proposto a più riprese - e tuttora se ne parla - di prevedere affitti calmierati e incentivi per trattenere il personale sanitario e non farlo migrare verso lidi più convenienti.

Massimo Coppia, segretario della UIL sanità pubblica del Lario - altra zona dove i frontalieri sono in costante aumento - aveva avviato una raccolta firme, poi consegnate ai vertici regionali, proprio per chiedere di fermare l’emoraggia di forza lavoro verso la Svizzera. Altro fronte caldo, quello del settore turistico, con sempre più addetti italiani attratti dalle offerte elvetiche.

Un enorme trambusto e una fortissima preoccupazione che stridono, però, decisamente, con una notizia in arrivo dal Comune di Luino, provincia di Varese, dove a breve, nel mese di maggio, saranno organizzati incontri di formazione su come trovare lavoro proprio in Svizzera. Insomma: la mano destra che non sa con esattezza cosa stia facendo la sinistra. Pare discutibile, infatti, che enti e Comuni italiani puntino a spiegare ai propri cittadini, specialmente a quelli più giovani, come muoversi per andare a lavorare fuori dal Paese, proprio in quella Svizzera più volte indicata come «colpevole» di sedurre sempre più lavoratori stranieri, italiani in primis.

Sta di fatto che l’ufficio InFormaLavoro, gestito attraverso il Piano di Zona distrettuale del Comune di Luino e coordinato dalla Provincia di Varese, ha deciso di organizzare una serie di incontri dal titolo emblematico e che poco spazio lascia al dubbio: «Trovare lavoro in Svizzera, come?».

Gli appuntamenti saranno aperti ai soggetti interessati che risiedono in ben 24 comuni della provincia di Varese (da Agra a Valganna), tutti vicini al confine con la Svizzera.

La fuga sempre più frequente di forza lavoro in Svizzera ha numerosi effetti negativi: dalla desertificazione dei nostri comuni, alla perdita di tutto il know how che supera il confine, all’impoverimento generale del territorio
Massimo Coppia, segretario della UIL sanità pubblica del Lario

La diaspora

«Sinceramente gli sforzi dovrebbero essere rivolti in direzione contraria, rispetto a quello che invece mi pare essere l’intento di questo programma - dice Massimo Coppia - In tal modo non si fa altro che aumentare e alimentare la diaspora dei lavoratori italiani. La fuga sempre più frequente di forza lavoro in Svizzera ha numerosi effetti negativi: dalla desertificazione dei nostri comuni, alla perdita di tutto il know how che supera il confine, all’impoverimento generale del territorio. Al centro delle agende degli enti locali, dei Comuni e delle Province - dice ancora Coppia - dovrebbero esserci piuttosto queste preoccupazioni, non i metodi per suggerire percorsi lavorativi che allontanano i più giovani dal nostro territorio. Bisognerebbe insistere su incentivi economici per trattenere in Italia i lavoratori, a partire dalla creazione di indennità di confine. Faccio un appello al ministro dell’Economia Giorgetti (che, va ricordato, è varesino, ndr) affinché faccia tesoro di tutto ciò che di particolare contraddistingue il lavoro in queste terre di confine. Sarebbe utile redigere un libro bianco sul fenomeno», conclude il sindacalista UIL.

Tre incontri

Tornando ad analizzare le lezioni in programma, si nota come sia stato proprio creato un percorso, in diverse tappe, per aiutare e spingere chi è in cerca di un’occupazione a varcare il confine.

Il primo incontro, fissato per il prossimo 8 maggio, servirà per «Comprendere il mercato del lavoro» ticinese e per «inserirsi» nello stesso, analizzandone in particolare le principali caratteristiche e le competenze richieste.

Spazio poi agli «Strumenti e dossier di candidatura», con tutte le informazioni per realizzare, oltre al curriculum, le lettere per proporsi, i certificati di lavoro e le referenze.

Infine, si passerà alla «Ricerca attiva ed efficace» dell’impiego, con tutto l’insieme di strategie e il piano di azione per districarsi nel mondo di Internet, nei siti e nelle agenzie di collocamento.

A conclusione del ciclo di appuntamenti è infine previsto un colloquio individuale, un momento per approfondire i temi sviluppati e definire la propria strategia di ricerca oltreconfine.

«Oggi non è facile muoversi in un mercato del lavoro in continuo cambiamento, e diventa di fondamentale importanza capire cosa succede per inserirsi ed identificare quali sono i comportamenti efficaci da attivare», viene specificato dagli organizzatori dei corsi, coloro cioè che hanno voluto porre il focus degli incontri proprio sulla possibilità offerte dalla Svizzera.

Il tema del frontalierato e dei tanti che preferiscono cercare un lavoro in Svizzera è annoso e non accenna a cambiare
Luca Mambretti e Pasquale Diodato, presidenti di CNA Varese e CNA Lario e Brianza

Le ultime voci di rilievo - visto che molto spesso gli artigiani varesini e comaschi lamentano come i pochi giovani ancora attratti da tali mestieri vengano poi lusingati dalle sirene svizzere - sono quelle dei presidenti di CNA (Confederazione nazionale artigiani) Varese, Luca Mambretti, e CNA Lario e Brianza, Pasquale Diodato. «Il tema del frontalierato e dei tanti che preferiscono cercare un lavoro in Svizzera è annoso e non accenna a cambiare. Nelle nostre imprese facciamo formazione vera, e poi sempre più spesso le persone se ne vanno - spiegano i due presidenti - Contiamo a migliaia le aziende che, negli anni, si sono trasferite in Svizzera e hanno poi assunto lavoratori italiani già formati. Chi emigra deve avere sempre competenze specifiche. L’iniziativa di cui si parla e questi incontri sul tema del lavoro in Svizzera sembrano, sinceramente, non avere molto senso. Anzi, appaiono del tutto controproducenti. Peraltro, nessuno può sapere in anticipo quali competenze possano mettere a disposizione i tanti giovani che sperano di trovare un posto oltreconfine. Il vero problema - concludono i due dirigenti della CNA - è che tutto questo, vale a dire offerte di lavoro, lezioni per trovarlo e altro, hanno come conseguenza soltanto quella di svuotare le nostre aziende artigiane».