Inchiesta

Galeazzi verso il giudizio in Italia

Il giudice dell’indagine preliminare di Bergamo a metà dicembre deciderà se il municipale sarà processato o prosciolto dall’accusa di aver fatto parte di un sistema di riciclaggio nel suo ruolo di consulente finanziario - Galeazzi ha sempre sostenuto di non aver violato le leggi svizzere
Tiziano Galeazzi. ©CDT/CHIARA ZOCCHETTI
Federico Storni
11.11.2021 11:17

Ci sono novità nell’inchiesta italiana denominata «Pecunia Olet», che vede tra gli indagati anche il municipale di Lugano Tiziano Galeazzi. Il giudice dell’udienza preliminare (gup) di Bergamo - l’organo preposto a decidere se un imputato debba essere rinviato a giudizio oppure prosciolto - deciderà il 15 dicembre il destino processuale del municipale, secondo quanto riferitoci da Galeazzi stesso (l’edizione di Bergamo del Corriere della Sera, che ha anticipato la notizia, ha invece parlato di udienza davanti al gup il 15 dicembre). Una prima udienza, riferisce il municipale, si è tenuta già ieri: «Udienza in cui il mio avvocato ha chiesto di farsi spiegare per cosa io sia esattamente accusato, e questo ha spinto il gup a prendersi qualche settimana per chiarire la confusione».
L’accusa mossa a Galeazzi è formalmente quella di riciclaggio aggravato L’inchiesta risale al 2016 e a mente della procura italiana Galeazzi (e un altro consulente finanziario ticinese) ha aiutato a riciclare ingenti somme di denaro una sua cliente italiana. Il municipale, da parte sua, ha sempre parlato di attività professionale che la procura ha erroneamente considerato illecita. «Se il gup opterà per il processo lo affronteremo con la massima serenità - afferma il municipale - e finalmente dopo più di dieci anni potremo mettere a posto questa storia». L’inchiesta risale infatti al 2011 e Galeazzi si ritiene estraneo ai fatti imputati.

Nel 2018 una sentenza del Tribunale federale aveva parzialmente accolto un ricorso della principale imputata in Italia e dissequestrato alcuni suoi averi. «La sentenza del TF - aveva detto allora Galeazzi - conferma quello che ho sempre sostenuto, ovvero che nello svolgere il mio lavoro non ho violato le regole bancarie e le leggi svizzere in vigore nel periodo contestato dall’Italia». Parole che ci ha ribadito anche oggi: «In Svizzera non mi è mai stato mosso alcun rimprovero per questa vicenda. Ho semplicemente fatto il lavoro che mi era stato chiesto di fare come dipendente di banca (la signora era cliente della banca, non mia) prima e consulente finanziario poi, al tempo del segreto bancario».