Il confronto

Il dilemma svizzero dell'energia

In questa puntata con i candidati alle Federali affrontiamo il tema della svolta energetica: da un lato ci sono chiari obiettivi da raggiungere, dall’altro però la tutela del paesaggio sembra frenare la corsa alle fonti rinnovabili – Nucleare: meglio con o senza nuovi reattori?
© KEYSTONE/Gaetan Bally
Giona Carcano
28.09.2023 06:00

Le domande

1) La transizione energetica fatica a decollare. Non si rischia di arrivare tardi con la svolta energetica?

2) Un altro nodo della politica energetica è la mancanza di un accordo sull’elettricità con l’UE. Si può davvero farne a meno?

3) Permettere la costruzione di nuove centrali nucleari è un’opzione percorribile per completare senza rischi la transizione?

Bruno Storni, PS

Per il nostro Paese il nucleare non è più un'opzione: spazio al nuovo rinnovabile

1) La transizione energetica finora è stata frenata dalle aziende elettriche di distribuzione (dai Comuni che ne sono i proprietari) che non pagavano adeguatamente l’elettricità immessa in rete dagli impianti fotovoltaici privati, per i quali rendeva solo l’autoconsumo. Ma ora con il forte aumento del prezzo dell’elettricità e la diminuzione dei costi degli impianti fotovoltaici vediamo finalmente una forte crescita, lo scorso anno più di 1 GW proveniente dai nuovi impianti. Poi c’è l’enorme potenziale dell’efficienza energetica, si parla di 5-15 TWh che possiamo man mano realizzare nei prossimi 20-30 anni. Sicuramente la decisione del Vallese non è ideale, anzi, ma ci sono grandi spazi sui tetti e facciate di edifici o su infrastrutture esistenti che possono e devono essere sfruttati prima di puntare sulle Alpi. Intanto, grazie ad un mio postulato, USTRA ha dovuto concedere gratuitamente 450 pareti antirumore e posteggi autostradali per lo sfruttamento fotovoltaico. Possiamo accelerare le procedure e ci si sta lavorando a livello legislativo, oltre ai Solar e Wind express decisi dalle Camere. Ma bisogna lavorare cercando consensi e non scontri.

2) È vero che la Svizzera con i grandi impianti idroelettrici e la crescente produzione di rinnovabile potrebbe barcamenarsi come finora senza accordo con l’UE. Ma abbiamo 41 punti di interconnessione e l’accordo faciliterebbe nettamente la gestione dei flussi che già ora non è più sotto nostro controllo. D’altra parte, anche i Paesi confinanti hanno tutto l’interesse alla collaborazione con la Svizzera potendo usufruire delle nostre risorse di produzione e trasporto flessibili invece di dover investire in proprie, e viceversa.

3) No, per il nostro Paese il nucleare non è più un’opzione, una volta dismessi i 4 reattori che abbiamo e che rimarranno in esercizio fintanto che sarà garantita la sicurezza. Il nuovo rinnovabile, l’efficienza e la gestione intelligente di produzione e consumi prenderanno man mano il posto come già dimostrato dopo la chiusura di Mühleberg. Se guardiamo l’evoluzione dei consumi degli ultimi 20 anni, piatta, malgrado 1,5 milioni di abitanti in più, lo sviluppo del rinnovabile negli ultimi anni e gli obiettivi della nuova Legge sull’approvvigionamento elettrico, dovremmo farcela senza nuovi impianti nucleari. Abbiamo visto in passato che gli scenari da «Stromlücke» (carenza elettrica) ripetutamente ipotizzati dalle aziende elettriche per giustificare nuove centrali nucleari non si sono mai avverati anche perché non considerano mai l’evoluzione tecnologica ma solo i propri interessi economici. Aziende elettriche che comunque oggi non investirebbero nel nucleare, mentre, e da tempo, investono massicciamente nel rinnovabile soprattutto all’estero.

Evelyne Battaglia-Richi, Verdi liberali

La transizione deve progredire in modo spedito con poca burocrazia

1) L’obiettivo della sicurezza dell’approvvigionamento energetico deve avere la priorità rispetto ad altri obiettivi. La transizione energetica deve progredire in modo spedito con poca burocrazia per ridare competitività alla Svizzera nel mercato energetico. Il no in Vallese non è chiaramente un segnale positivo. È impensabile riuscire a realizzare la transizione energetica senza costruire parchi alpini valutando però l’impatto dei singoli progetti. Altrimenti si alimentano le preoccupazioni dell’economia, che si chiede legittimamente se riusciremo ad avere sufficiente energia con le rinnovabili. L’unico modo per garantire lo sviluppo di sufficiente energia per la transizione energetica è quella di accelerare e realizzare i parchi solari ed eolici in Svizzera, oltre a una serie di altre misure come l’efficienza e lo stoccaggio. A differenza dei verdi, il PVL ha una linea più pragmatica e meno ideologica.

2) Sarà necessario raggiungere in tempi «non troppo politici» un accordo globale sull’energia con l’UE che includa la diversificazione delle fonti energetiche a nostra disposizione (elettricità, idrogeno e combustibili sintetici) e le questioni legate alla rete infrastrutturale dell’energia. Senza accordi commerciali e giuridici siamo svantaggiati: siamo fisicamente nel cuore dell’Europa e abbiamo flussi di energia europea attraverso la nostra rete, maggiori del nostro consumo nazionale, con oltre 40 punti interconnessi tra la Svizzera e i paesi confinanti. Inoltre la politica energetica europea per la neutralità climatica avanza a passo spedito e se non possiamo partecipare il rischio di un insufficiente approvvigionamento energetico dopo il 2040 è reale. Non è vantaggioso dover fare tutto da soli, oltre che più costoso e credo che un accordo possa portare benefit reciproci a Svizzera e UE.

3) È necessario avere una strategia con la diversificazione delle fonti di produzione energetica neutrale per il clima più ampia possibile in Svizzera. Attualmente però dobbiamo concentrare la nostra visione su una politica pragmatica che privilegi lo sviluppo dell’efficienza energetica, crei maggiori incentivi per il risparmio energetico e permetta lo sviluppo di metodi di stoccaggio dell’energia da usare poi nei mesi invernali. Le attuali centrali nucleari devono funzionare fino a quando è possibile in sicurezza, ma in questo momento, come deciso dalla popolazione, credo non si debba privilegiare la visione di costruirne delle nuove. Penso che in futuro possano essere sviluppate e riconsiderate altre tecnologie, incluse quella nucleare, a patto che siano sicure e senza residui tossici.

Sem Genini, Lega dei Ticinesi

Dobbiamo fare scelte anche impopolari, a volte, in nome dell'interesse pubblico

1) Lo Stato deve innanzitutto favorire determinate politiche virtuose tramite degli incentivi, sostenendo gli sforzi dei privati, anziché imporre dall’alto. Le nostre necessità energetiche, di 60 TWh annui e stimate a 80 fra 30 anni, sono però un dato di fatto. In Vallese a opporsi agli impianti non era chi viveva dove sarebbero sorti, che li hanno approvati a larga maggioranza, bensì chi non ne era toccato direttamente. E questo non è affatto un episodio isolato. Come politici, cerchiamo sempre equilibri e soluzioni condivise perché garantiscono la sostenibilità. Dobbiamo però avere il coraggio di fare delle scelte e prendere, per casi specifici, delle decisioni impopolari sul corto termine, ma necessarie sul medio e sul lungo, quando l’interesse pubblico prevale. Sul caso specifico, non si può volere la classica botte piena e la moglie ubriaca, ci vuole invece coerenza e lungimiranza: si vuole giustamente aumentare l’energia da fonti rinnovabili, allora bisogna anche creare le condizioni quadro per sfruttarle adeguatamente.

2) Nel 2017 è stata approvata la Strategia energetica 2050, con l’abbandono graduale dal nucleare. Il popolo si è espresso, ma ha anche il diritto di cambiare idea, specie quando la situazione e le premesse di allora si sviluppano in modo diverso da come erano state prospettate. C’è chi, per motivi politici, vuole però che il voto sia dogmatico e inappellabile. Il caos energetico in Germania, che colpisce famiglie e industrie e porta gli ecologisti a difendere le centrali a carbone, è l’esempio di un approccio ideologico, non lungimirante e sbagliato. Promuovere l’autosufficienza energetica elvetica ci renderebbe meno sensibili e dipendenti dagli shock e influssi esterni, anche finanziariamente. La Svizzera è un’importante via di transito anche per l’elettricità e concordo pienamente con il Consigliere Federale Rösti: negoziare non significa implorare o svendersi per un accordo ad ogni costo.

3) Il nucleare non deve essere un tabù. Investire su di esso permetterebbe di rafforzare i nostri poli di ricerca, con emissioni ridotte e maggiore sicurezza nell’approvvigionamento e negli impianti. Le fonti rinnovabili sono intermittenti: l’eolico dipende dal vento, il solare dall’assenza di nuvole di giorno e di notte non produce. L’idroelettrico è più elastico, ma la scomparsa dei ghiacciai lo rende dipendente dalle precipitazioni. Il nucleare non ha questi limiti. L’efficienza energetica non deve riguardare solo i consumi, ma anche come l’energia viene prodotta e i pericoli che potrebbe comportare. Quando una diga si rompe, non incolpiamo l’idroelettrico, ma gli errori nella progettazione e gestione che hanno portato alla tragedia, come nel dramma del Vajont. Lo stesso deve valere anche per il nucleare, senza creare allarmismi e disinformazione.

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