Giudiziaria

In Pretura era il giorno della presunta «mafia gay»

A processo il sacerdote e professore dell'USI Manfred Hauke, accusato di essere l'editore di una rivista tedesca che ha pubblicato un articolo giudicato omofobo dall'associazione LGBTQ Pink Cross: si ritiene innocente - L'USI: «Abbiamo attivato una Commissione ad hoc per valutare la fattispecie»
© CdT / Gabriele Putzu
Federico Storni
08.04.2024 19:44

I fatti al cuore del processo iniziato oggi in Pretura penale (la sentenza lunedì prossimo) sono semplici, ma dirimerli lo sarà molto meno. Parliamo di un articolo apparso nel 2021 sulla rivista tedesca «Theologisches», in due puntate, scritto dal teologo polacco Dariusz Oko in cui denuncia l’esiste di una «lobby» o «cricca» o «mafia» gay all’interno della Chiesa cattolica che sarebbe alla radice della maggior parte degli abusi commessi dal clero. Questa cricca viene descritta da Oko con termini durissimi, quali «colonia di parassiti» e «un cancro che non esita ad ammazzare il suo ospite». Espressioni - queste e altre - che l’associazione LBGTIQ Pink Cross ha deciso di denunciare ritenendole discriminatorie rispetto alle persone omossessuali tutte. Il nodo del processo è proprio questo: se lo siano o no. Ma non solo: l’imputato non è Oko, bensì il sacerdote e professore della Facoltà di teologia Manfred Hauke, che della rivista «Theologisches» (1.600 abbonati, 59 in Svizzera) è editore. Un ruolo sufficiente per addossargli responsabilità penali per uno scritto altrui? A complicare il lavoro della giudice Petra Vanoni vi è poi l’articolo di legge sotto il cui cappello è stato impostato il processo: quello per punire la discriminazione o l’incitamento all’odio a causa dell’orientamento sessuale. Esso è stato introdotto, giuridicamente parlando, l’altro ieri, quando l’ha votato la popolazione il 9 febbraio 2020 e, come ha notato l’avvocato difensore di Hauke, il legale Luigi Mattei, non vi è giurisprudenza al riguardo. Si viaggia in terre processuale inesplorate.

Aula piena, ma mancava l’accusa

Spiccava in tal senso l’assenza della procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis in un’aula penale altrimenti piena in ogni ordine di posto tra giornalisti d’oltralpe e diversi membri del clero, loro sì accorsi numerosi (alcuno hanno dovuto stare fuori: non c’era spazio per tutti). Se è vero che di norma, per banale mancanza di tempo dovuta a forti carichi di lavoro, la Magistratura rinuncia a partecipare ai dibattimenti in Pretura (è un problema noto) questo caso poteva rappresentare un’eccezione, come hanno peraltro commentato alcuni addetti ai lavori fuori dall’aula. Lo ha pensato anche l’avvocato di Hauke, Luigi Mattei: «Mi spiace che non ci si a la procuratrice in aula - ha detto in apertura d’arringa. - Ritengo che un procedimento come questo meritasse un confronto in sede giudiziaria», non fosse altro che per la sua novità giuridica. Mattei ha anche criticato il fatto che la pp non abbia interrogato personalmente Hauke malgrado due richieste in tal senso e che l’atto d’accusa sia troppo vago e quindi da respingere al mittente. Ciononostante, dettosi convinto che «se il mio cliente è innocente, è innocente nel merito», Mattei si è impegnato un’articolata arringa per il proscioglimento del suo assistito, con un argomento centrale basato sull’analisi testuale: il fatto che le espressioni forti usate da Oko - «un linguaggio che esprime l’ira di un uomo scandalizzato per quanto osserva, pur nell’ambito dina un articolo scientifico» - non siano riferite agli omosessuali tutti e nemmeno a tutti i preti omosessuali, bensì solo agli appartenenti della presunta «mafia gay» che commette e copre abusi all’interno della Chiesa. L’accusa, ovviamente, non la pensa così e ritiene che alla base vi sia un pensiero omofobo in senso più largo. Che questa cricca effettivamente esista o meno non è oggetto del dibattimento. Segnaliamo di sponda che la tesi avanzata da Oko è considerata controversa, ma anche che gli ultimi due papi hanno fatto riferimenti, ben più sfumati, a possibili problemi legati all’omosessualità nel clero.

Il processo tedesco

Paradossalmente l’arringa di Mattei è sembrata essere innanzitutto una difesa legale dello scritto di Oko, e Hauke è stato a lungo in secondo piano, forse anche a sottolineare il suo ruolo asseritamente più defilato nella vicenda, non essendo lui l’autore ma l’editore del testo. Anche la domande fattegli dalla giudice Vanoni sono state poche, ma gli hanno dato modo di chiarire che non è stato coinvolto in un processo per lo stesso articolo tenutosi in Germania, che ha invece riguardato Oko e il caporedattore della rivista Johannes Stöhr, e che si è concluso con una risoluzione amichevole in cui i due hanno versato delle somme in denaro senza che ciò implicasse un’ammissione di colpevolezza.

L'USI attiva una Commissione ad hoc

L’Università della Svizzera italiana (USI) ha già attivato una Commissione ad hoc che, indipendentemente dagli esiti penali, sarà chiamata a valutare «se il comportamento del professor Hauke abbia violato i principi fondamentali dell’Università e il suo Codice etico», uno strumento di cui l’USI si è dotata lo scorso settembre. Lo si legge in una presa di posizione dell’USI stessa giunta in serata in cui si precisa che la Commissione farà le sue valutazioni anche se il professor Hauke «non ha un rapporto contrattuale con l’USI». Nella nota viene citata la rettrice Luisa Lambertini: «La libertà accademica è un valore fondamentale per l’università, ma questa libertà non si declina in frasi o atti discriminatori ed offensivi. Il Rettorato ha chiesto alla Commissione ad hoc di determinare se il comportamento del Professor Hauke e il suo ruolo nella diffusione di determinati messaggi abbiano violato i principi che ci siamo dati come comunità universitaria».

"Hauke non hai mai veicolato alcun messaggio discriminatorio"

Ieri sera, lunedì, è giunto anche un comunicato stampa della Facoltà di teologia, firmato dal rettore René Roux. In esso si legge tra l'altro che la FTL "ribadisce i propri principi di inclusione e di non discriminazione per cultura, religione o orientamento sessuale e l’impegno a essere un’istituzione formativa coerente e attiva per il territorio ticinese, elvetico e internazionale. I principi della FTL su questi temi sono esplicitamente condivisi dal professor Hauke che, sulla base delle informazioni attualmente in possesso, in nessuna attività d’insegnamento e ricerca presso la FTL ha mai veicolato alcun messaggio discriminatorio o di incitamento all’odio". Hauke, prosegue il comunicato, "gode di stima per la sua integrità scientifica ed accademica presso docenti e studenti di FTL, al suo riguardo non è mai stato rilevato alcun atteggiamento, scritto o comunicazione che potesse essere riprovevole. FTL attende con serenità gli esiti del procedimento. Il caso era stato fin da subito portato, d’accordo con l'allora Rettore dell'USI, alla valutazione del comitato etico della FTL, che collaborerà con il Comitato etico dell’USI per un ulteriore approfondimento ed eventuali misure conseguenti".