Politica

La cittadella della Giustizia rischia una battuta d’arresto

In Commissione gestione e finanze traballa la possibilità di trovare un accordo sull’acquisto dello stabile EFG a Lugano dove il Governo vorrebbe concentrare le autorità giudiziari - Spunta l’ipotesi di chiedere al Consiglio di Stato di rivedere il messaggio
© CdT/Gabriele Putzu

Si fa sempre più in salita la strada per il nuovo polo della Giustizia ticinese a Lugano. L’acquisto dello stabile EFG in Via Franscini, annunciato dal Consiglio di Stato a novembre 2019, è infatti al centro delle discussioni della Commissione della gestione del Gran Consiglio ma, per il momento, il dossier resta bloccato. Forse più che bloccato. Diversi scetticismi da parte dei partiti erano già emersi negli scorsi mesi. Tuttavia, oggi si fa avanti pure l’ipotesi di rispedire il messaggio al Governo per ulteriori approfondimenti. In parole povere, si tratterebbe di un’ulteriore battuta d’arresto per il progetto della Città della Giustizia che prevede di concentrare gran parte delle autorità giudiziarie e inquirenti in riva al Ceresio. A non convincere alcuni partiti è innanzitutto il prezzo d’acquisto dello stabile progettato dall’architetto Mario Botta: 80 milioni per lo stabile EFG, che lieviterebbero però a oltre 200 tenendo conto dei lavori di sistemazione (si veda il box a lato). Non a caso la stessa commissione negli scorsi mesi aveva chiesto all’Esecutivo di intavolare delle trattative per ottenere uno sconto sul prezzo.

Ma non solo: alcune critiche erano emerse pure riguardo agli spazi messi a disposizione, giudicati in alcuni casi eccessivi. Infine, il PPD si era detto contrario all’accentramento di tutte le autorità giudiziarie a Lugano; in particolare la Corte di appello e revisione penale (CARP) di Locarno, la Pretura penale di Bellinzona e l’antenna bellinzonese del Ministero pubblico.

Due le opzioni sul tavolo

Ora, come detto, in Commissione l’accordo dal punto di vista politico sembra più lontano che mai. Come ci spiega il presidente della Gestione Matteo Quadranti (PLR), «in questo momento le opzioni sul tavolo della commissione sono essenzialmente due. La prima è quella di presentare due rapporti al Parlamento: uno di minoranza favorevole al messaggio governativo e l’altro di maggioranza, contrario all’acquisto». Ergo: il rischio è di portare in Parlamento un messaggio che, con ogni probabilità, verrebbe bocciato dal plenum. Oggi i numeri per portare avanti l’acquisto non ci sono. Gli unici partiti a sostenere il progetto, al momento, sono infatti il PLR e la Lega dei Ticinesi. Gli altri, per motivi diversi, restano invece molto scettici, se non contrari.

La seconda possibilità, prosegue Quadranti, «è far capire al Consiglio di Stato che oggi non c’è una maggioranza che approvi il messaggio governativo così com’è, e di chiedergli dunque di valutare l’ipotesi di presentarne uno nuovo». «Sapevamo fin dall’inizio che sarebbe stato difficile trovare un consenso su questo dossier - aggiunge Quadranti -. Ma ora penso sia il momento di decidere: o si va in aula con i due rapporti, oppure si chiede al Consiglio di Stato di presentare un messaggio con un progetto complessivo e più approfondito». Va anche detto, però, che la commissione formalmente non ha ancora deciso nulla. Tuttavia, una richiesta in tal senso al Governo potrebbe giungere già martedì prossimo.

«Non c’è un piano B»

Dal canto suo, però, il direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi difende a spada tratta il progetto presentato dal Governo nel 2019. Contattato dal Corriere del Ticino spiega infatti che «quella a cui è arrivato il Governo è una soluzione ben studiata alla quale si è giunti dopo un lungo percorso di analisi che ha voluto confermare la presenza dei servizi in centro città proprio per il ruolo istituzionale del terzo potere dello Stato». Una soluzione, ha sottolineato, «che è stata appoggiata da tutte le autorità giudiziarie coinvolte nel progetto». E secondo il consigliere di Stato uno stop comporterebbe non pochi problemi alle autorità giudiziarie che «da tempo necessitano di spazi adeguati e di una soluzione definitiva dal punto di vista logistico». Un «piano B», ha confermato Gobbi, ad oggi «non esiste» proprio perché la soluzione dello stabile in via Franscini era ed è ritenuta quella più adeguata alle esigenze della Giustizia.

Gli spostamenti

Ma cosa prevede, concretamente, il progetto dell’Esecutivo? Secondo il messaggio governativo approvato nel novembre del 2019, nel nuovo stabile EFG dovrebbero entrare vari uffici, tra i quali: il Tribunale d’appello (compresi il Tribunale penale cantonale e la CARP attualmente a Locarno), la Pretura penale (oggi a Bellinzona) e le Autorità regionali di protezione (ARP). Nell’attuale Palazzo di Giustizia di via Pretorio troverebbero invece posto le autorità inquirenti, tra le quali: il Ministero pubblico unificato con le attuali sedi di Lugano e Bellinzona, la Magistratura dei minorenni, oltre alla Polizia cantonale. La Commissione della gestione aveva però nel frattempo chiesto al Governo di concentrare nello stabile EFG pure il Ministero pubblico e la Magistratura dei minorenni, lasciando invece i servizi amministrativi nella sede di via Pretorio.