L'intervista

«La frammentazione minaccia, ma nello stesso tempo è pluralismo»

Dalla corsa record di candidati che ambiscono ad entrate in Gran Consiglio alla partecipazione in occasione delle prossime elezioni cantonali – Ne abbiamo parlato con Oscar Mazzoleni professore di scienza politica e direttore dell’Osservatorio della politica regionale dell’Università di Losanna
Oscar Mazzoleni, professore di scienza politica e direttore dell’Osservatorio della politica regionale dell’Università di Losanna. ©CdT/Gabriele Putzu
Gianni Righinetti
06.02.2023 06:00

Oscar Mazzoleni, i candidati ad un seggio in Gran Consiglio sono ben 924. Mai se ne erano contati tanti. Segno che la politica e la cosa pubblica interessano eccome?
«Non c’è dubbio che sia un segnale di interesse per la cosa pubblica. La numerosità senza precedenti di candidature al Gran Consiglio è un fenomeno composito, che andrà meglio capito e studiato, ma in ogni caso appare in controtendenza rispetto alle difficoltà che i partiti hanno riscontrato negli scorsi anni, quando si mettevano faticosamente alla ricerca di aspiranti candidati. Vedremo l’anno venturo se per le elezioni comunali si confermerà o meno la tendenza. Per il momento, si osserva che l’aumento rispetto al passato riguarda soprattutto l’elevata disponibilità nel mettersi a disposizione di liste nuove; ossia liste che testimoniano, in un modo o nell’altro, di un certo distacco o contestazione nei confronti del governo o dei maggiori partiti».

Tanto coinvolgimento potrebbe avere un effetto positivo sulla partecipazione alle cantonali che prosegue da alcuni quadrienni in alternanza con dati lievemente sopra il 60% al altri di poco sotto la soglia indicata?
«Non credo che ci sia un legame automatico fra la disponibilità a candidarsi per una carica e il voto dei cittadini. Sono insiemi molto diversi di persone. Molto dipenderà da come i candidati e le candidate faranno campagna e sapranno suscitare l’interesse fra la popolazione nelle settimane precedenti lo scrutinio. Per il momento osserviamo che la campagna per le cantonali è poco intensa – forse la meno intensa degli ultimi anni – e che questa tendenza, se confermata, non è di buon auspicio per una partecipazione elevata».

A conti fatti i seggi sono 90, coloro che non si ricandidano 22 e sappiamo che ogni quadriennio i non rieletti sono 8-10. I posti liberi per il plotone sono pochi. I delusi saranno pertanto numerosi. Quali i possibili effetti di questo dato di fatto?
«Le candidature per elezioni cantonali non costituiscono un insieme omogeneo di persone dal punto di vista della motivazione. Mettersi in lista non significa necessariamente darsi concretamente da fare per raccogliere voti e nemmeno implica una precisa ambizione di riuscire a conquistare la carica in palio. La delusione è commisurata a quanto impegno ci si mette e a quanto ci si crede. Ovviamente, dal punto di vista puramente numerico, si può presumere che ci saranno più delusi questa volta che nel passato, proprio perché all’aumento delle candidature non corrisponde un aumento di posti a disposizione».

Tanta vivacità è data anche dalla discesa in campo di un numero considerevole di donne, che rappresentano il 40% dei candidati. Possiamo dire che la politica è (oggi più di ieri) anche donna?
«In questi anni sono cresciuti non solo i numeri, ossia le donne elette in Parlamento, ma anche lo spazio di legittimità pubblica delle donne che si vogliono impegnare in politica. Molto si deve alle campagne trasversali delle associazioni femminili. Ci sono poi progetti politici specifici come la lista “Noi donne”. Rimane però il fatto che laddove l’elezione è più competitiva e quindi la carica è più ambita, come per il Consiglio di Stato, le donne sembrano avere meno possibilità. Non solo in Ticino. In questo senso, molto ancora dipende dai partiti – soprattutto dei partiti di governo – nel riuscire a fornire opportunità e sostegni alle donne che si mettono a disposizione per l’impegno politico».

Oggi, nella stragrande maggioranza dei cantoni, almeno una donna è rappresentata nel rispettivo governo cantonale

Tutto lascia credere che con Marina Carobbio il Ticino tornerà ad avere una consigliera di Stato (la quarta della storia). Come siamo messi in rapporto agli altri Cantoni?
«Oggi, nella stragrande maggioranza dei cantoni, almeno una donna è rappresentata nel rispettivo governo cantonale. In alcuni casi, come Zurigo e Vaud, le donne sono in maggioranza. All’opposto, il Ticino condivide con Lucerna, Uri, Appenzello esterno, Argovia e Vallese l’assenza di donne in carica come consigliera di Stato».

Intanto però a guidare i partiti (fatto salve co-presidenze e co-coordinatori) sono sempre gli uomini. La parità in politica è ancora lontana?
«Oltre alle dinamiche interne ai partiti, il tema è sempre quello delle condizioni professionali e famigliari che rendono possibile una carriera politica. C’è poi, a mio avviso, un certo retaggio culturale che rende meno facile per una donna ritagliarsi uno spazio decisionale di rilievo, dove la vulnerabilità dell’immagine pubblica si affianca ad un impegnativo lavoro politico fatto di lotte, negoziazioni e tanti sacrifici. Anche se meno che nel passato, ancora oggi la nostra società favorisce gli uomini nei posti di potere».

Sinistra e destra si sono organizzate dando vita a due rispettive alleanze. Al centro della politica il PLR e Il Centro per contro faticano ad andare d’accordo. Per i due partiti che portano avanti la politica della moderazione e del compromesso è un pericoloso ridimensionamento della potenziale forza?
«Per l’elezione del Consiglio di Stato si profila, ad oggi, un tendenziale statu quo. Inoltre, sinistra e destra non hanno fatto liste uniche in Gran Consiglio. Perciò, per le cantonali, il PLR e Il Centro non sembrano preoccuparsi troppo delle intese elettorali. La questione, per il centrodestra, si porrà soprattutto in autunno quando la competizione sarà più ardua a causa delle congiunzioni a destra e a sinistra per il Consiglio nazionale. Tuttavia, a causa dei risultati deludenti del 2019, né Il Centro, ma soprattutto il PLR sembrano disposti a riprovarci. Non dimentichiamo inoltre che, a dipendenza dei risultati delle elezioni del Consiglio di Stato, si riapre la partita del Consiglio degli Stati a cui i partiti del centro-destra possono ambire, a prescindere dalle congiunzioni, di recuperare posizioni».

Tante, una volta ancora le formazioni minori che corrono con ambizioni fortemente ridotte ma frammentando di fatto il panorama politico. Cosa porta all’elettore e cosa toglie alla politica questa situazione?
«Tutti i partiti di governo si trovano confrontati alla possibilità di perdere posizioni nel Parlamento cantonale in favore delle liste minori, vedendo così incrementata la frammentazione del potere legislativo. Questo è, a mio avviso, il tema centrale – anche se non nuovo - delle elezioni cantonali del 2023. D’altro canto, frammentazione significa anche pluralismo della rappresentanza: la diversità di liste e la grande varietà di candidature forniscono un’ampia possibilità di scelta ai cittadini votanti».

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