Storia

Momò, svizzeri in ritardo

Esattamente cinque secoli fa, ma diversi anni dopo il resto del Ticino, Mendrisio giurò fedeltà ai confederati separandosi per sempre da Milano - Fu un periodo estremamente travagliato e complesso per tutta la regione - L’esperto: «Quella del baratto con Luino è una leggenda e il destino di queste terre è stato dettato più che altro dalla sorte»
Supporter elvetici a piazzale alla Valle. Una virgola diversa nel libro della storia e forse avrebbero tifato per gli azzurri. © CdT/Chiara Zocchetti
John Robbiani
08.10.2021 06:00

Il Mendrisiotto è Ticino. È Svizzera. Lo diamo per scontato, ma non è per nulla sempre stato così. Un paio di virgole diverse nel grande libro della storia ed ecco che oggi forse il confine non sarebbe a Chiasso, ma ad Arzo, dove è stato per diversi anni. Quel che conta è che nell’autunno di esattamente 500 anni fa (ed è un anniversario di cui tra l’altro in molti sembrano essersi dimenticati) Mendrisio diventò - un po’ per caso - Svizzera. O meglio: Mendrisio giurò fedeltà ai confederati. Per capire cosa accadde in quel periodo e come si arrivò all’annessione abbiamo chiesto aiuto a un esperto: lo storico Marino Viganò.

Il ruolo del re di Francia

Punti di partenza sono la spedizione di Pavia del 1512, con gli assedi di Lugano e di Locarno, e la sconfitta confederata a Marignano del 1515, che porta nel 1516 alla «pace perpetua» di Friburgo. Da allora quindi buona parte dell’attuale Ticino è - più o meno stabilmente - sotto dominio confederato. Ma non Mendrisio, fino al 1521 governato dai podestà di Milano. Come mai? «Va ricordato - spiega Viganò - il contesto. Luigi XII re di Francia nel 1499 si impadronisce del Ducato di Milano rovesciando Ludovico Sforza, signore di uno Stato esteso sino a Biasca. E per allearsi i cantoni elvetici (uno dei quali, Uri, domina la Leventina) dona loro la Riviera. Il tentativo dello Sforza nel 1500 di reinsediarsi finisce con la cattura. Temendo rappresaglie, i filosforzeschi di Lugano si rifugiano a Bellinzona e la incitano a darsi agli svizzeri. Da qui costoro puntano su Lugano, assediata nel 1501, e su Locarno, attaccata nel 1503: respinti di nuovo, incamerano però de jure Blenio e Bellinzona. Nel 1511 è il papa Giulio II a creare una lega antifrancese con gli svizzeri: per insediare Massimiliano Sforza a duca di Milano, ora essi ottengono nel 1512 le valli Ossola e Maggia, Lugano e Locarno, le cui rocche sono cedute dalle rispettive guarnigioni francesi per ordine del re stesso Luigi XII, anch’egli mirando ad accordi con i Cantoni. Questi tuttavia non si placano, calando nel 1513 tra Luinese, Valtravaglia e Mendrisiotto, e nel 1514 in Valcuvia».

Un periodo ambiguo

Ed eccoci agli anni più critici. «Riaccesa da Francesco I, nuovo re di Francia, la guerra nel Ducato nel 1515, alcuni dei Cantoni filofrancesi accettano di ritirarsi contro 300.000 corone di paghe, 400.000 per tregue e 300.000 per restituire Ossola, Maggia, Locarnese, Luganese e altre terre non specificate. La sconfitta di Marignano e la pace di Friburgo rinsaldano la clausola, ma la Francia non ha denari e non tutti i Cantoni concordano sulla rinuncia. Inizia un periodo ambiguo, in cui Francesco I risulta avere ripreso Luino, Valtravaglia, Valcuvia e Mendrisio (ispezionate da un generale nell’ottobre 1515). Nel 1517 gli svizzeri esigono i giuramenti di fedeltà a Luino, Chiasso, Valtravaglia, Brissago, Mendrisio, tra inconcludenti colloqui a Pollegio e a Ponte Tresa per fissare intese. La faccenda si risolve alla caduta del secondo regime francese, il 19 novembre 1521: approfittando del vuoto di potere a Milano, Mendrisio e Balerna chiedono il 21 di venire assorbite dai XII Orte (i Cantoni, ndr), imitate da Brissago il 3 dicembre. Seguiranno i vicendevoli giuramenti, a Mendrisio il 25 novembre e a Brissago l’8 gennaio 1522. In definitiva, le annessioni di queste due ultime terre sono di gran lunga determinate dalla sorte».

Che dire di Chiasso?

A Chiasso gli svizzeri giungono già nel 1510 e nel 1511 con due spedizioni. Quella, appunto, di Chiasso e poi quella del «Rigido inverno». Significa forse che il basso Mendrisiotto è passato ai Confederati prima dell’area di Mendrisio? Viganò è categorico. «No, affatto. Le campagne del Chiasserzug (1-10 settembre 1510) e del Winterzug (30 novembre-23 dicembre 1511) sono moti disordinati e inconcludenti nel Milanese, per i quali alcuni cantoni si armano senza obiettivi precisi a differenza del Pavierzug (dal 23 maggio 1512), quando tutti i XII Orte si uniscono a Castiglia-Aragona (Stato pontificio, Venezia, e poi Impero germanico), con scopi di guerra definiti. Sono discese da Bellinzona nel Varesotto, la prima, sin alle porte di Milano, la seconda. Ma contrastate dalle forze francesi e, nel secondo episodio, finite in nulla per mezzi inadeguati e venalità dei colonnelli, comprati dai francesi. In entrambi i casi, il Basso Mendrisiotto è appena il corridoio percorso dalle truppe elvetiche nel ripiegare dalla Brianza al tradizionale passaggio verso nord, cioè Ponte Tresa non esistendo, ovviamente, il ponte-diga per attraversare il lago a Melide».

L’opportunismo ebbe un peso

Ma torniamo a Mendrisio. Si sostiene che la Confederazione non fosse troppo interessata a queste terre e puntasse piuttosto a ottenere l’area tra Ponte Tresa e Luino, e che alla fine Mendrisio sia diventata svizzera attraverso una sorta di «baratto». Cosa c’è di vero e cosa invece è leggenda? «Di un baratto non esiste alcuna evidenza. Operano piuttosto, si direbbe, le circostanze nonché gli interessi delle comunità a unirsi alla potenza sperimentata come meno fiscale, o più mite, in un’epoca di conflitti e taglieggiamenti gravosi. La pressione elvetica su Mendrisio e sul Luinese appare, dai recessi delle Diete federali dei cantoni, equivalente. Ma il Mendrisiotto non uscirà più dal dominio confederato, nonostante i tentativi fatti dall’imperatore Carlo V sino al 1524 e le pretensioni sino al 1529. Il Luinese con le valli Travaglia e Marchirolo sarà recuperato invece dal potente sovrano nel 1526».

Stabio e il trattato che non è mai esistito

A volte si parla anche di un «trattato di Ponte Tresa» del 1517 con cui Domodossola sarebbe stata scambiata per Stabio. Ma secondo Viganò non esiste. «Un trattato di cui non si hanno né il testo, né le clausole... Senz’esito lo si cercherebbe nell’affidabile Corps universel diplomatique du droit des gens, di Jean Dumont (1726), negli Abschiede delle Diete, negli archivi. Non si vede oltretutto in qual modo si dovesse ancora scambiare Domo, riconquistata dai francesi già il 25 ottobre 1515, per Stabio (che giura fedeltà agli svizzeri nel 1517). Giustificare l’equivoco comunque si può: probabilmente nel corso degli anni si è iniziato a confondere una vocale: «Vortrag» (discussione, ndr) a «Vertrag». (accordo, ndr)».