«Non volevo l’incendio, solo far sparire parte della merce»

«Non volevo l’incendio, volevo che parte della merce scomparisse». Quanto bastava – 2-300.000 franchi – per risanare i conti societari e poter continuare a far vivere il negozio White in via Nassa. È quanto dichiarato oggi in aula dal commerciante Bruno Balmelli, proprietario e azionista della SA titolare del negozio. Balmelli, 72 anni, è apparso oggi di fronte alla Corte delle assise criminali presieduta dal giudice Amos Pagnamenta per rispondere delle accuse di incendio intenzionale e tentata truffa assieme a quattro coimputati coinvolti nel rogo dell’11 febbraio 2021. Il commerciante è reo confesso, ma come è emerso oggi di fatto contesta l’accusa di incendio intenzionale: «Ho detto di fare scomparire della merce in magazzino», che si trovava al piano interrato del negozio. Balmelli afferma infatti di aver delegato i dettagli della truffa a un suo conoscente, un 45.enne napoletano, e di aver poi voluto sapere il meno possibile della sua organizzazione. Il giudice Pagnamenta gli ha ricordato che durante l’inchiesta aveva dichiarato di sapere che l’incendio poteva entrare in conto, ma il commerciante oggi ha detto che se lo avesse saputo avrebbe fermato tutto: «Non si era mai parlato di bruciare tutto il negozio, volevo continuare l’attività». Contesta, in altre parole l’accusa di incendio intenzionale.
L’atto d’accusa
L’interrogatorio degli imputati è in corso. Quanto alla dinamica, Balmelli ha detto che «prima ho provato a rivolgermi a diversi grossisti per ritirare la merce, ma nessuno era disposto. Poi ho chiesto al mio vicino di lavoro (ndr. il 45.enne napoletano, che lavorava in un bar frequentato da Balmelli) se conoscesse qualcuno nella sua regione in grado di poterlo fare. Lui mi ha detto che poteva farmi un piacere e pensarci lui».
Stando all’atto d’accusa stilato dalla procuratrice pubblica Margherita Lanzillo, il 45.enne ha in seguito contattato un sergente dell’esercito italiano di 38 anni residente nel Napoletano («un amico di famiglia») che poi ha materialmente dato fuoco al negozio, peraltro rimediando anche delle ustioni di secondo grado alle gambe. Al piano avrebbero poi preso parte, con ruoli minori di carattere logistico, una persona vicina a Balmelli e la gerente del bar in cui lavorava il 45.enne. Quest’ultima afferma di essere estranea ai fatti (le si imputa di aver permesso al sergente di venire in Svizzera fingendo un colloquio di lavoro), mentre la persona vicina a Balmelli riconosce gran parte delle imputazioni, ma sostiene di aver avuto un ruolo più marginale nell’organizzazione e di aver capito che si sarebbe dato fuoco alla merce «solo qualche ora prima».
Per tutto ciò Balmelli ha cercato di far valere polizze assicurative per circa 2,5 milioni di franchi per rientrare del presunto incidente. In aula ha detto che era poi intenzionato a versare parte della cifra a chi l’aveva aiutato nel piano truffaldino, anche se di soldi concretamente non si sarebbe mai discusso. Il processo verterà probabilmente soprattutto sul determinare con esattezza i ruoli di ognuno nel rogo doloso (chi sapeva cosa, chi ha dato l'ordine).