L'intervista

Piero Marchesi: «Mentre il Titanic-Ticino affonda ostriche e champagne per tutti»

A colloquio con il presidente dell'UDC: lo stato di salute del partito, quello del Ticino e i rapporti con la Lega
Piero Marchesi è consigliere nazionale e presiede l’UDC Ticino dal gennaio del 2016. ©CdT/Chiara Zocchetti
Gianni Righinetti
23.04.2024 06:00

Piero Marchesi, il tris di elezioni è ormai alle spalle: si può sostenere che per le Comunali non avete ottenuto complessivamente quanto sperato?
«Abbiamo raddoppiato il numero di municipali e consiglieri comunali nei Comuni ticinesi, conquistato un seggio in due città importanti, Lugano con Marco Chiesa e Mendrisio con Massimo Cerutti, cosa avrei potuto chiedere di meglio?».

Cosa le fa dire il fatto che voi e la Lega siete andati bene anche da separati?
 «Che ogni elezione ha la sua storia. Nella maggior parte dei Comuni abbiamo presentato liste con la Lega, in alcuni con l’UDF e in altre da soli e i risultati sono stati eccellenti quasi dappertutto. Per il nostro partito è un bel momento, che ora deve concretizzarsi, anche a livello comunale con azioni concrete in favore delle elettrici e degli elettori, che voglio ringraziare ancora una volta per la fiducia».

Ci pensa ancora alla sua mancata elezione in Consiglio di Stato dopo una campagna nella quale ha speso molto e si è speso senza peli sulla lingua?
«Alle cantonali, come del resto anche alle federali, ho messo tutto me stesso. Guardo avanti. Quella campagna ha tuttavia permesso di confermare i due seggi d’area, di essere subentrante e ancor più importante, di aver contribuito affinché il partito alle Elezioni cantonali raggiungesse il 10,3% dei voti, il doppio del 2015, l’anno prima di assumere la presidenza».

Il suo collega di partito e amico Marco Chiesa sarà «solo» municipale di Lugano. Alla fine pare evidente che miravate almeno al ballottaggio per il sindacato?
«Gli intenti della lista Lega-UDC a Lugano erano chiari: confermare i tre seggi di area e Michele Foletti come sindaco. Per l’UDC era fondamentale riuscire a ottenere il seggio in modo diretto nell’Esecutivo e per questo abbiamo messo in campo le nostre migliori pedine. Malgrado le fantasiose storielle architettate dai media per cercare di farci litigare internamente, alle quale non abbiamo abboccato, tutto è andato come pianificato».

A Tiziano Galeazzi, all’arrivo in Municipio, era stato servito un misero panino. Ora l’UDC merita un trattamento paritario e collegiale nell’attribuzione dei dicasteri?
«Tengo innanzitutto a ringraziare Tiziano Galeazzi per il suo impegno e correttezza in questa campagna elettorale. L’UDC ha però gli stessi diritti degli altri partiti, l’anomala situazione verrà certamente sanata e Marco Chiesa potrà contribuire alla crescita di Lugano con un suo dicastero».

Marco Chiesa è pronto, motivato e competente per prendere la responsabilità di qualsiasi dicastero, anche le finanze se il Municipio lo riterrà opportuno

Premesso che la decisione spetta al collegio, sarebbe buona cosa per l’UDC prendere in mano le finanze di Lugano?
«Marco Chiesa è pronto, motivato e competente per prendere la responsabilità di qualsiasi dicastero, anche le finanze se il Municipio lo riterrà opportuno. Il suo curriculum parla da sé».

Tornando alla politica cantonale in queste settimane di tensioni politiche (e non solo) per Norman Gobbi, si è mai intimamente detto «ma io sono il subentrante»?
«Me lo hanno ricordato in molti in questi giorni, ma credo e spero che la questione che tocca il consigliere di Stato possa chiarirsi e risolversi definitivamente».

La ridondanza della politica cantonale ci ha riportato a discutere nuovamente del «decreto Morisoli». Cosa ha da dire a Raoul Ghisletta che sta raccogliendo le firme per abolirlo nonostante giunga a scadenza «dopodomani», nel 2025?
«Che lo ringrazio per aver trasformato con il suo referendum il decreto Morisoli in uno strumento che ha obbligato la politica a occuparsi, finalmente, delle finanze pubbliche, che sono letteralmente allo sfascio. Anche se si è fatto di tutto per non applicarlo l’UDC non molla la presa, ve lo assicuro. Non ci stiamo a far colare a picco il nostro Cantone e a lasciare montagne di debiti sul groppone dei nostri figli».

E cosa dice a Sergio Morisoli che ne ha paventato il prolungamento fino al 2027?
«Che se solo Christian Vitta lo avesse ascoltato applicando la metà delle proposte dell’UDC, i conti del Cantone oggi sarebbero messi molto meglio».

Ma alla fine dei conti, diciamolo: chi ha mai creduto a questo decreto (UDC compresa)?
«Oltre a noi, il popolo che lo ha votato. E questo è ciò che conta. I cittadini hanno dato un chiaro messaggio: i conti pubblici vanno risanati agendo sulla spesa, non riversando costi sui Comuni, non tagliando i sussidi diretti ai cittadini bisognosi e soprattutto, non aumentando le imposte. Il Governo del Mulino bianco, quello che si vanta di andare sempre d’amore e d’accordo, si guarda bene dall’affrontare i problemi del paese. Si è infatti distinto per passività e scarsa visione sui bisogni della gente. Il Governo ticinese mi ricorda l’orchestra del Titanic che continua a suonare con il sorriso sulle labbra, mentre tutti pasteggiano a ostriche e champagne, anche se cosciente che il Titanic sta oramai affondando. Governare così, con la spesa fuori controllo, con deficit strutturali e continuando a gonfiare l’amministrazione cantonale di nuovo personale, non è un modo di far politica svizzero».

A Berna, consapevoli dell’eccessivo indebitamento degli ultimi anni della Confederazione, Consiglio federale e Camere hanno già iniziato ad agire senza perdere tempo sul taglio della spesa

Intende dire «Berna meglio del Ticino»?
«A Berna, consapevoli dell’eccessivo indebitamento degli ultimi anni della Confederazione, Consiglio federale e Camere hanno già iniziato ad agire senza perdere tempo sul taglio della spesa. Questo significa affrontare i problemi».

Ora vi preparate ad un’altra iniziativa, ancora in fase embrionale: limitare il debito pubblico procapite. Conferma?
«L’UDC con l’aiuto della Lega, del Mattino della domenica e con altri partiti, ha messo in campo il Referendum finanziario obbligatorio - quello che permetterà al popolo di votare a giugno sulla Cassa pensione dello Stato e sull’acquisto dello stabile ex EFG - e il decreto Morisoli. Due corsetti che, anche se troppo lentamente, stanno obbligando la politica a occuparsi della spesa pubblica e degli investimenti esagerati. Se non saranno sufficienti abbiamo già in mente un paio di altre iniziative. O riusciamo con gli strumenti parlamentari a frenare questa pericolosa deriva, oppure faremo capo al popolo sempre più spesso».

Un’osservazione: sono tutto iniziative generiche e (alla fine) fumose.
«Le iniziative popolari sono quasi sempre generiche, così da dare a Governo e Parlamento la possibilità di trovare la miglior applicazione. Il problema, ancora una volta, è semmai la scarsa volontà dei partiti di Governo nell’applicare quanto deciso dal popolo».

Una domanda: perché non prendete di mira qualcosa di puntuale e concreto da togliere o tagliare nella macchina-Stato?
«Negli ultimi 5-6 anni, già con le finanze allo sbando, il Governo ticinese ha gonfiato ulteriormente l’amministrazione pubblica assumendo altri 750 dipendenti pubblici - l’equivalente di una fabbrica del milanese - quando uno studio dell’Idehap dimostra che la stessa è sovradimensionata del 33% rispetto alla media degli altri Cantoni. L’iniziativa che vuole legare il numero massimo di dipendenti pubblici al numero della popolazione, che è in elaborazione, è un esempio concreto delle nostre prossime azioni».

Dopo che i cittadini di Soletta hanno detto no al taglio dei dipendenti pubblici avete abbandonato il tema. Vi siete magari lasciati impressionare anche dalle manifestazioni di piazza degli ultimi mesi in Ticino?
«No, hanno impressionato solo il Governo e una parte del Parlamento. Con il dovuto rispetto per chi legittimamente reclama, a noi interessa soprattutto rappresentare la voce dei 180.000 ticinesi che lavorano nel privato a stipendi più bassi, in condizioni più difficili, senza la garanzia del posto fisso degli statali e che vanno avanti senza necessariamente manifestare in piazza».

UDC e Lega hanno dimostrato che, al di là delle naturali differenze tra i due partiti e qualche normale screzio, da tempo sanno collaborare in modo efficace

Come vanno i rapporti con la Lega?
«Bene».

L’impressione è che la strada per un accordo per le prossime elezioni sia in salita e tortuosa. Anche perché pare evidente che voi punterete a uno dei loro due seggi. Vero o falso?
«UDC e Lega hanno dimostrato che, al di là delle naturali differenze tra i due partiti e qualche normale screzio, da tempo sanno collaborare in modo efficace. Sono convinto che lo faremo anche in futuro, forse con un’organizzazione diversa, cosa che auspico, ma siamo entrambi consapevoli che unita la destra ticinese è più forte. Ritengo sia giunto il momento di affrontare la nostra collaborazione in modo più strutturato, pianificando già da ora assieme obiettivi, temi, strategia e persone. A questo riguardo proporrò prossimamente un incontro con i vertici della Lega per iniziare questa importante discussione per il futuro della destra ticinese».

Sindaco di Tresa, consigliere nazionale e presidente dell’UDC. Quanto è complicata la sua quotidianità?
«Abbastanza, ma la passione per la politica aiuta a superare gli sforzi e i numerosi impegni. E poi per fortuna mi svago con le mie diverse attività lavorative (ride) e con la mia famiglia, che mi sostiene sempre».

Se dovessi scommettere che prima delle prossime elezioni cantonali lascerà la presidenza dell’UDC rischio di vincere o di perdere?
«Sono presidente del partito da più di 8 anni, i risultati ottenuti sono notevoli, è ora di pensare a chi condurrà il partito tra qualche anno. Non so dirle quando lascerò, ma so che un giorno lo farò. Questo per il bene dell’UDC. Siamo passati dall’essere un partito da cabina telefonica a entità strutturata e credibile, che sa dettare la linea politica del Cantone. Abbiamo idee, persone e voglia di far bene per il nostro Paese. Stiamo inoltre coltivando un gruppo di giovani che ci fornisce una buona prospettiva. Sono certo che non faticheremo troppo a trovare chi vorrà continuare a guidare il partito dopo di me».