Valle Bavona

Quella tragica notte di fine giugno in cui le pietre diventarono «folli»

Ad un anno dall’alluvione che funestò l’estate del 2024, Martino Giovanettina dà alle stampe un volume in cui racconta il disastro andando al di là della cronaca – «Ho voluto dar spazio alle riflessioni su quanto accaduto, focalizzandomi sul rapporto tra l’uomo e la natura»
© CdT Gabriele Putzu
Spartaco De Bernardi
28.06.2025 06:00

«Gulliver – l’enorme masso che giace sul greto del fiume tra Mondada e Fontana, grande come una villa d’inizio novecento e pesante ventimila tonnellate – è l’immagine più clamorosa della piccola apocalisse bavonese d’inizio estate (…). La sua memoria minerale evocherà i fratelli ciclopi che un giorno dovranno scendere anche loro dalle montagne sorvolate dalle aquile per finire spiaggiati in un fiume che di tanto in tanto gli vengono i cinque minuti. E sorriderà “come sa sorridere soltanto chi non ha più paura del domani” (Gulliver, Guccini)». Recita così un passaggio de «La notte delle pietre folli», l’ultima fatica letteraria di Martino Giovanettina che, attraverso una decina di quadri descrittivi, rievoca il tragico evento accaduto all’inizio dell’estate 2024 diventato memoria comune. Evento che il CdT ha ricordato in una doppia pagina pubblicata il 20 giugno scorso, dando voce ad alcuni abitanti dell’Alta Vallemaggia, come pure della Mesolcina, ad un anno dalle alluvioni che causarono morte e distruzione.

Le emozioni e le crude cifre

«Inizialmente, nei giorni e nelle settimane immediatamente successive alla tragedia che è costata la vita a cinque persone qui in Bavona e ad altre tre in Lavizzara, vi è stata la fase dell’emotività con la cronaca che ha avuto evidentemente il sopravvento. Poi si è passati ad una fase dove le emozioni si sono sedimentate. È infine giunta la fase della riflessione che è appunto quella che ho cercato di mettere nero su bianco nel libro dato alle stampe un anno dopo quella tragica notte», spiega al CdT l’animatore culturale e scrittore con un passato da giornalista, nonché titolare, insieme alla moglie ed ai figli, dell’osteria La Froda a Foroglio. Riflessione che ne «La notte delle pietre folli» si focalizza sul rapporto tra uomo e natura. In aggiunta ai testi – il prologo è affidato allo scrittore italiano Matteo Melchiorre, mentre alcune poesie recano la firma di Jacopo Giovanettina – e alle fotografie scattate da Sara Giovanettina nei giorni e nelle settimane successive all’alluvione, il volume bilingue italiano-tedesco contiene anche un approfondimento scientifico al quale hanno collaborato la geologa Lorenza Re ed il meteorologo Luca Nisi. Da «Gulliver» al «Ponte caduto», dalla «Frana Grande» alla «Scritta rossa sul tronco», dall’«Urlo» al «Pensiero per Charly», Giovanettina racconta con un linguaggio, come detto, diverso da quello della cronaca la devastazione causata dall’alluvione del 29 e 30 giugno dell’anno scorso.

Paesaggio mutato per sempre

Un evento eccezionale che ha cambiato per sempre il paesaggio della Bavona. Ad iniziare dall’imbocco della valle, qualche centinaio di metri oltre Cavergno, dove il torrente Larecchia ingrossato dalle precipitazioni eccezionali ha trascinato lungo il suo argine 300.000 metri cubi di detriti e massi ciclopici. Una frana «che ci ha ricordato che quello che è successo nei secoli scorsi può risuccedere e risuccederà. S’è attivata una macchina del tempo, che ha proiettato la replica di un film perso da qualche parte. Al termine della proiezione si riescono a leggere alcuni titoli di coda: entropia, verticalità, cambiamento climatico, abbandono del territorio, ordalia. S’accendono le luci, la proiezione è terminata. Repliche a tempo debito». Le vendite del volume, pubblicato da Agenzia Kay edizioni, stanno andando a gonfie vele. «La notte delle pietre folli» si può acquistare in libreria oppure ordinare all’indirizzo di posta elettronica [email protected].

«Fil rouge» artistico

Il rapporto tra uomo e natura sul quale fonda le sue riflessioni Martino Giovanettina è il «fil rouge» anche della mostra d’arte inaugurata il 14 giugno scorso all’Arena Settembrini di Foroglio, uno spazio dedicato alla cultura nelle sue varie forme, a due passi dalla famosa cascata. Intitolata «Foroglio villaggio d’arte» e visitabile sino alla fine di ottobre, la mostra all’aperto propone una collettiva di sculture e installazioni realizzate dagli artisti Incir Bülent, Lorenzo Cambin, Alex Dorici, Karim Forlin, Ueli Gantner, Paolo Grassi, René Habermacher, Pascal Murer, Niccolò Nencioni, Magda Ragazzi, Thomas Schutz. L’esposizione si «prolungherà» anche nelle vie del paese mentre nell’Oratorio trovano posto 22 ex voto di Pierre Casè. Nella presentazione della mostra collettiva si legge: «In luoghi speciali come questo spesso manca una lettura contemporanea del territorio. La storia, la geografia, l’etnografia sono indispensabili elementi di conoscenza ma riguardano uno spazio sostanzialmente ‘fissato’, immoto. L’arte, quali siano i materiali e l’estetica delle opere, è invece una scintilla, un modo di mettere in relazione l’uomo moderno, le sue aspirazioni, la sua idea di bellezza, riannodando in modo nuovo presente e passato». Altri appuntamenti di Foroglio Cultura, il contenitore mantello che raccoglie l’intera proposta di Agenzia Kay nel villaggio bavonese, sono previsti durante l’estate e il primo autunno.

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