Sulle tracce di Cosa nostra: la maxioperazione antimafia tocca anche la Svizzera
(Aggiornato alle 18.13) Dall'Italia al Brasile, fino alla Svizzera. Ha carattere internazionale la maxioperazione antimafia messa in atto questa mattina dalla Guardia di Finanza di Palermo e dalla Polizia federale brasiliana. Un'operazione su larga scala che ha portato all'arresto, per mano delle autorità di Rio Grande Do Norte, di un imprenditore italiano originario di Bagheria (comune della città metropolitana di Palermo) da tempo trasferitosi a Natal, capitale della regione brasiliana. Le autorità brasiliane, si legge in un comunicato diffuso quest'oggi dalle Fiamme Gialle, hanno provveduto al sequestro di disponibilità finanziarie per un valore di 50 milioni di euro, nonché dei beni mobili e immobili riconducibili a 17 soggetti, tutti indagati, e a 12 società operanti nel settore immobiliare, edile e ristorativo. Contemporaneamente, l'antimafia di Palermo ha delegato l’esecuzione di 21 perquisizioni sia in territorio italiano (Sicilia, Emilia Romagna, Lazio, Toscana e Veneto), che all’estero: Brasile e, appunto, Svizzera. Perquisizioni che hanno interessato abitazioni, sedi societarie e studi professionali.
I reati ipotizzati
I reati ipotizzati dall’Autorità giudiziaria italiana sono concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, riciclaggio e autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, aggravati dalla finalità di aver agevolato importanti famiglie mafiose. L’operazione di stamane, spiegano le Fiamme Gialle di Palermo, «giunge al culmine di una complessa attività investigativa», avviata dall'antimafia di Palermo con l’obiettivo di «far luce su possibili cointeressenze di esponenti di spicco di Cosa nostra palermitana in compagini societarie in Italia e all’estero», in particolare in Brasile.
Tali indagini hanno fatto emergere tracce di consistenti investimenti di capitali di matrice mafiosa in iniziative imprenditoriali e in società di diritto brasiliano, tutte abilmente schermate attraverso l’utilizzo di prestanome e l’interposizione di società di comodo. Il denaro, secondo le ricostruzioni, sarebbe giunto a destinazione per il tramite di sofisticati meccanismi di riciclaggio, basati, tra l’altro, sull’impiego di plurimi conti di transito accesi presso istituti finanziari, prevalentemente all’estero.
Il clan di Pagliarelli
Al vertice di questo sistema, spiega la Guardia di finanza, «uno dei più autorevoli uomini d’onore palermitani», che i media italiani identificano in Giuseppe Calvaruso, dal 2018 reggente del mandamento mafioso del clan di Pagliarelli ed erede del boss Settimo Mineo. Arrestato nell’aprile del 2021 proprio mentre tornava dal Brasile, Calvaruso avrebbe – sin dal 2000 – stretto un’alleanza d’affari con il già citato originario di Bagheria, a sua volta identificato nell'imprenditore Giuseppe Bruno. «A fornire loro il supporto necessario al perfezionamento di articolate operazioni societarie, in Italia e all’estero (Brasile, Svizzera, Hong Kong e Singapore), affermati professionisti», spiega la Guardia di Finanza. «Tra questi, due operativi in Emilia Romagna», regione dove Calvaruso, dopo un precedente periodo di detenzione, aveva vissuto per alcuni anni.
Mezzo miliardo
Dopo aver realizzato alcune lucrose iniziative imprenditoriali sul territorio italiano – in particolare, le Fiamme Gialle ricordano la nascita di un noto resort in provincia di Trapani – a partire dal 2016 il sodalizio avrebbe spostato il baricentro dei propri interessi principalmente in Brasile, «potendo lì contare, in una prima fase, anche sull’appoggio di un altro imprenditore romano, poi tratto in arresto, nel 2019, dalle Autorità brasiliane perché ritenuto mandante di un omicidio avvenuto 5 anni prima a Natal». Proprio a questo imprenditore romano Calvaruso avrebbe corrisposto, in prima persona, ingenti capitali provenienti direttamente dalle casse di Cosa nostra. Le autorità italiane ipotizzano primo «maxifinanziamento, per circa 830.000 euro, che sarebbe stato elargito in contanti in due tranche, tra il 2016 e il 2017), grazie a cui l’organizzazione sarebbe entrata a far parte, come socio occulto, in numerose società già presenti nel Paese».
Dal 2019, poi, il reggente di Pagliarelli – Calvaruso – si sarebbe trasferito a Natal, raggiungendo l’imprenditore di Bagheria – Bruno – giunto nel Paese già nel 2016, in modo da poter seguire direttamente in loco lo sviluppo di «importantissime iniziative imprenditoriali, continuando nel contempo a gestire le attività criminali palermitane». Tra gli affari più significativi, alcune operazioni nel settore della ristorazione e, soprattutto, l’avvio, attraverso le società del gruppo, di un «piano di lottizzazione di vastissime aree edificabili a ridosso della costa nordorientale del Brasile. Progettualità che si aggiunge ad altre numerose transazioni in campo immobiliare, in grado di garantire profitti di eccezionale entità». Un valore patrimoniale complessivo, quello assunto nel tempo dalle società nell'orbita del sodalizio criminale, che la Guardia di Finanza di Palermo stima a oltre 500 milioni di euro.
«Il quadro gravemente indiziario così ricostruito testimonia concretamente l’incisività degli strumenti di cooperazione internazionale (come le Squadre Investigative Comuni), irrinunciabili per combattere efficacemente le mafie e le organizzazioni criminali più strutturate, confermando il ruolo e il perdurante impegno della Guardia di Finanza per la repressione di ogni forma di inquinamento dell’economia legale», concludono le Fiamme Gialle.
Ma che cosa è stato fatto in Svizzera? Da noi contattato, il colonnello Carlo Pappalardo, della Guardia di Finanza di Palermo, non ha fornito informazioni sull'esatta regione in cui sono avvenute le perquisizioni legate alla maxioperazione. Ma ha specificato: «Scoperti i rapporti con la Svizzera, l'obiettivo era ricostruire la documentazione riferita, soprattutto, alle società utilizzate per schermare le imprese in Brasile. In Svizzera le perquisizioni svolte erano quindi finalizzate a cercare documentazione di carattere finanziario e societario, utile per definire i rapporti tra società e l'utilizzo di determinati conti. Ci aspettavamo sotto il profilo della documentazione societaria e bancaria di trovare qualcosa che ci potesse essere utile, ma al momento non sappiamo ancora quali siano i ritorni delle attività».
La collaborazione con le autorità giudiziarie svizzere è stata importante. Ma «mentre in Brasile c'è stata la collaborazione di personale italiano, della Guardia di Finanza» con quello Brasiliano, in Svizzera a effettuare l'operazione sono state direttamente le autorità locali.