Super Puma precipitato: “Non fu colpa dell'equipaggio”

Nell'incidente del 2016 ad Airolo morirono i due piloti - Non ci saranno risvolti penali, la linea aerea urtata "non figurava su nessuna delle carte degli ostacoli"
Red. Online
22.11.2018 09:05

AIROLO - All'equipaggio del Super Puma precipitato il 28 settembre 2016 ad Airolo (Vedi Suggeriti) non può essere imputato alcun comportamento penalmente rilevante. Questo è quanto risulta dal rapporto finale del giudice istruttore militare. I due piloti morirono nell'incidente, mentre il loadmaster venne estratto dai resti del velivolo da un turista e si salvò, benché ferito. Il procedimento non avrà alcun seguito.

I fatti ricostruiti nell'inchiesta

Il 28 settembre 2016 un elicottero militare Super Puma decollò verso le 11 da Stans in direzione del Passo del San Gottardo. A bordo si trovavano tre membri dell'equipaggio, un gruppo di quattro ispettori francesi e quattro militari svizzeri. Si trattava di una ispezione di due giorni nel quadro del Documento di Vienna 2011 sulle misure miranti a rafforzare la fiducia e la sicurezza dell'OSCE. Il punto di atterraggio previsto era l'ospizio del San Gottardo. Verso le ore 11.45 l'elicottero si avvicinò al Passo del San Gottardo e i piloti lo sorvolarono da nord in direzione di Airolo. Successivamente eseguirono un sorvolo a 360 gradi della zona di atterraggio. Probabilmente, è questo punto che i piloti decisero di atterrare altrove, a sud dell'ospizio, alle  11.45. I passeggeri scesero dal velivolo, mentre il rotore era ancora in funzione. Durante la fase di atterraggio i piloti rimasero ai loro posti. Dopo la chiusura del portellone da parte del loadmaster, l'elicottero salì in verticale per eseguire un volo traslato in avanti. Circa 8 secondi dopo il decollo le pale del rotore principale urtarono una linea aerea che non figurava su nessuna delle carte degli ostacoli alla navigazione aerea disponibili. Si presume che nessun membro dell'equipaggio l'avesse notata in precedenza. Le pale del rotore vennero gravemente danneggiate dall'urto, che provocò l'istantanea perdita della capacità di volare dell'elicottero impedendo un atterraggio d'emergenza. Circa 5 secondi dopo l'urto l'elicottero precipitò. Il loadmaster, venne estratto ancora cosciente dai rottami da un uomo che si trovava sul posto, che riuscì così a salvarlo. I due piloti invece morirono. L'elicottero andò completamente distrutto.

Anche se l'elicottero è atterrò e decollò in una zona nella quale le linee aeree sono numerose, il rapporto del giudice istruttore è giunto alla conclusione che la caduta dell'aeromobile non può essere imputata a nessuno dei due piloti né al loadmaster: "L'equipaggio ha agito nel quadro della libertà d'azione concessa ai piloti dalle prescrizioni vigenti per quanto riguarda gli atterraggi in zone con una fitta presenza di cavi aerei. Non vi è inoltre alcun indizio che la preparazione del volo e la preparazione dell'atterraggio non siano state eseguite secondo gli standard e le prescrizioni".

Sulla base dei risultati dell'inchiesta, il giudice istruttore ha stabilito che "da parte dei piloti non vi è stato alcun comportamento penalmente rilevante. Anche per quanto riguarda il loadmaster non è constatabile alcuna fattispecie penalmente rilevante. Non vi è alcun indizio di un comportamento negligente che potrebbe aver causato l'incidente. Il giudice istruttore ha pertanto proposto che il procedimento non abbia alcun seguito". Il comandante competente ha approvato questa proposta. Di conseguenza il procedimento è concluso e passato in giudicato.

Nel suo rapporto finale il giudice istruttore raccomanda di "verificare se le prescrizioni vigenti concernenti la procedura di avvicinamento e di decollo non debbano essere adeguate, in particolare per le zone con una fitta presenza di cavi aerei. Ha inoltre raccomandato di esaminare se debbano essere adottate altre misure atte a diminuire in futuro il rischio di una collisione con ostacoli".