Lugano

Tornano i molinari: occupato per una notte uno stabile in disuso

Gli autogestiti hanno occupato lo stabile dell'ex Caritas a Molino Nuovo nella notte del 25 dicembre - La Polizia cantonale: «Nessun intervento, siamo in contatto con i proprietari del terreno»
©Chiara Zocchetti
Red. Lugano
26.12.2022 21:04

(AGGIORNATO) «La notte tra domenica 25 e lunedì 26 dicembre abbiamo liberato, occupandolo temporaneamente, lo stabile in disuso dell'ex Caritas a Molino Nuovo lasciato deperire, come tanti altri, da vari anni». Gli autogestiti tornano a farsi sentire tramite un comunicato, in cui viene resa nota l’occupazione temporanea, da parte di «trecento persone», del vecchio edificio che si affaccia su via Bagutti. «La serata si è conclusa alle prime luci dell'alba senza nessun problema particolare – recita la nota firmata dal Soa Il Molino –. Al di fuori dalle vetrate dello stabile si estendeva il grande prato lasciato ormai sgombero dalle macerie dell'ex istituto Vanoni distrutto pochi mesi dopo l'occupazione del maggio 2021». Da noi contattata, la Polizia cantonale ci conferma che non è stato effettuato nessun intervento. In aggiunta, ci viene spiegato che le autorità sono in contatto con i proprietari del terreno e nel momento in cui verrà formalizzata una querela precederanno come da prassi. Sul fronte comunale, invece, le autorità confermano che verso le 6 di questa mattina gli autogestiti hanno lasciato lo stabile, ma precisano che i partecipanti alla festa erano molti di meno rispetto alla cifra indicata nel comunicato. Da capire, ora, se gli autogestiti sono entrati nella zona dove sorgeva l’ex istituto Vanoni (delimitato da cancelli e recinzioni da cantiere) tramite un varco oppure hanno fatto irruzione direttamente all’interno degli spazi dello stabile dell’ex Caritas. Di seguito il comunicato stampa del gruppo Soa il Molino, dal titolo «Altrimenti ci arrangiamo»: 

«"Chi vuol fare l’antagonista si arrangi” (M. Foletti, sindaco di Lugano). Cucù! In quanto antagonisti abbiamo deciso di accomodarci alla meglio. Per una volta abbiamo voluto dare seguito alle parole del sindaco ad interim, ci siamo coordinati per superare le difficoltà con i mezzi a disposizione. Potremmo anche spingerci a dire di aver adattato in modo originale un brano (sinonimo di arrangiare) che assomigliava ormai a un disco rotto – quello delle proposte e “dell’autogestione che dialoga”. In sostanza, abbiamo semplicemente fatto ciò che facciamo da oltre 25 anni: abbiamo affinato volontà e determinazioni e sì... ci siamo al fine arrangiate prendendoci uno spazio. Abbiamo deciso di occupare un vecchio stabile abbandonato, lasciato vuoto da quelle stesse persone che, su sollecitazione della polizia, lo scorso 29 maggio denunciarono per - violazione di domicilio - l’occupazione temporanea dello stabile dell’ex Istituto Vanoni, raso al suolo poco dopo. Chissà se, anche in quest’occasione, quei segregazionisti baciapile denunceranno e demoliranno anche questo ennesimo stabile, dopo la nostra occupazione temporanea. Abbiamo occupato perché siamo ancora convinti che questa sia l’unica pratica credibile in grado di opporsi al desolante scenario di una città e di un cantone intolleranti ed elitari, in cui qualsiasi possibilità di autogestione dal basso continua ad essere controllata, cooptata e repressa. Abbiamo sentito l’urgenza di una pratica di complicità e di festa collettiva anche per chi resta sepolto nelle carceri di Stato, per chi mette a repentaglio la propria vita opponendosi al 41 bis, per chi resiste nei territori devastati dalle armi chimiche degli amici dell’occidente, per chi continua a morire sui confini della fortezza Europa. Lo abbiamo fatto e continueremo a farlo, con buona pace di chi ha riempito lo spazio mediatico con dichiarazioni faziose sull’estinzione del Molino e dell’autogestione. Continueremo a riprenderci gli spazi, gli edifici e i luoghi lasciati a deperire dalla speculazione edilizia di una città che pensa di affidarsi alla finanziarizzazione smart del bitcoin e della securizzazione preventiva. In forma collettiva, autogestita e dal basso. Per ridare aria alla cappa di xenofobia poliziesca e per ribadire, una volta di più, la nostra pratica di dialogo, intesa come azione diretta contro la proprietà che impoverisce moltitudini per gli interessi di pochi. Dal momento che questo è il nostro modo di arrangiarci, lo vorremmo rosso, con il tettuccio giallo! Altrimenti ci arrangiamo. Ni un paso atràs».