Congresso del PS

Una giornata che ha incoronato Carobbio e la direzione

Dopo un dibattito durato diversi mesi e un lunghissimo Congresso, la base del PS ha scelto i suoi candidati - Cronaca di una giornata (di otto ore) che ha visto la strategia dei due copresidenti uscire vincente nel confronto tra gli iscritti al partito
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Un risultato chiaro. Anzi, chiarissimo. Dopo un dibattito durato diversi mesi, e dopo un lunghissimo Congresso durato circa otto ore, la base del Partito socialista ha scelto i suoi candidati: nella lista «rossoverde» per il Consiglio di Stato, alle elezioni cantonali del 2 aprile, ci saranno la consigliera agli Stati Marina Carobbio e il giovane studente Yannick Demaria. Niente da fare, dunque, per l’economista Amalia Mirante.

L’esito del voto non ha lasciato spazio a interpretazioni: per la candidatura di «rinnovamento» Demaria è stato confermato con 226 voti favorevoli e 21 contrari; per la candidatura «d’esperienza» a Carobbio sono andati 207 voti, a Mirante 38. Il Congresso ha così confermato integralmente la strategia della direzione del PS.

La mattinata

La maratona, nell’auditorium della Scuola cantonale di Commercio di Bellinzona, è iniziata verso le 11, con una mezz’oretta di ritardo. Dopo i saluti di rito, il primo intervento è stato quello della copresidente Laura Riget, interrotta in un paio di occasioni da lunghi applausi. Scroscianti applausi che – con il senno di poi – già lasciavano presagire il grande sostegno alla strategia della direzione da parte degli iscritti al partito. «Questa lista non è una strategia elettorale. È un progetto», ha rimarcato Riget a più riprese. Il suo auspicio è stato dunque quello di poter finalmente, dopo il Congresso, porre «fine a un momento difficile per il partito», contraddistinto da «dibattiti più incentrati sulle persone che sui temi». Il riferimento, ovviamente, era rivolto all’auto-candidatura di Mirante. Dopo l’intervento di Riget, si è quindi passati al «succo» della questione. Sul tavolo, in primis, c’era l’emendamento proposto da una minoranza del partito che, in sintesi, chiedeva di lasciare al Congresso la facoltà di votare sui tre candidati in corsa (Carobbio, Mirante e Demaria), senza fare distinzioni fra candidature «d’esperienza» e di «rinnovamento». E che quindi avrebbe aperto la strada a un «ticket» Carobbio/Mirante, a scapito del giovane Demaria.

A spiegare le ragioni a favore dell’emendamento ci ha pensato Maurizio Canetta. «Noi chiediamo un voto aperto», per «non accontentarci di un risultato accettabile» alle elezioni. Ma per «ottenere il massimo» dalla lista. Detto con una metafora: «Non esiste giocatore di poker che, vedendo due assi (n.d.r. Carobbio e Mirante), scelga di scartarne uno a priori». Sul fronte opposto, a difendere la strategia della direzione è stato il consigliere di Stato Manuele Bertoli, il quale ha innanzitutto evidenziato l’importanza di «dare un segnale chiaro, mettendo un giovane in lista». Bertoli, però, ha pure posto l’accento su un altro aspetto problematico: la volontà di alcuni di avere più nomi ‘‘forti’’ in lista. «Una lista competitiva ci rende più forti? Credo sia un grave errore di valutazione. Avete visto come i media hanno trattato le discussioni interne al PS in questi mesi. Se andiamo avanti così ci autodistruggiamo».

In aula si è quindi aperto il dibattito sull’emendamento, con diversi interventi di peso. A cominciare da Anna Biscossa, la quale ha ricordato che il PS è un partito «maledettamente vecchio» e che quindi «non può permettersi di perdere i giovani». In difesa del «voto aperto» si è schierato il sindaco di Bellinzona Mario Branda: «La mia candidata è Marina, ma non capisco perché Amalia non possa entrare in lista. Non voglio un partito che si ‘‘salvi’’ a ogni elezione. Voglio un partito che vinca». A elogiare la strategia della direzione, invece, è intervenuto l’ex consigliere di Stato Pietro Martinelli: «L’alleanza con i Verdi è un passo importante, ma non ci è stata regalata. È il risultato di una direzione coraggiosa e capace». A criticare la strategia dei due copresidenti è invece intervenuto Luca Bellinelli: «Così si offre su un piatto d’argento alla destra il posto al Consiglio degli Stati. Solo Carobbio potrebbe vincere quella battaglia». In favore della candidatura di «rinnovamento» sono poi intervenuti diversi esponenti della GISO che, più volte, sono stati interrotti dagli applausi e pure da una «standing ovation».

La votazione sull’emendamento, infine, è stata anch’essa chiara e netta: la proposta della minoranza è stata bocciata con 203 voti a 79. A questo punto, dunque, la candidatura del giovane Demaria era sostanzialmente «blindata». E, di conseguenza, Mirante ha dovuto giocarsi il «tutto per tutto», sfidando direttamente Carobbio per il posto «d’esperienza».

Il pomeriggio

Dopo una risottata a orari spagnoli (è stata servita tra le 14 e le 15), i lavori sono ripartiti con il discorso dello scrittore Alberto Nessi, seguito da Bertoli (che ha stilato un bilancio dei suoi 24 anni in politica, di cui 12 al Governo) ed è stato anch’esso omaggiato da tutti i presenti con lunghi applausi.

Si è poi entrati, nuovamente, nel «vivo» della discussione, con il copresidente Fabrizio Sirica a difendere la candidatura di Carobbio. «Amalia non è la persona più rappresentativa per questa lista. Non ha presenziato molto nella casa socialista. In questi tre anni non ha collaborato in una sola votazione. Non ha mai dato disponibilità per i gruppi di lavoro». E oltre a ciò, Sirica ha poi sollevato dubbi sulla posizione politica di Mirante, definita «difficile da chiarire». Insomma, per Sirica «Mirante non è funzionale al progetto».

Carobbio, nel suo discorso (durato circa mezz’ora) non è entrata in polemica con l’altra candidata, senza mai citarla. «Credo fortemente nel progetto comune rossoverde e ringrazio chi ha lavorato duramente per realizzarlo. Non era scontato», ha esordito, per poi elencare i temi forti del suo programma politico: dalla sanità, alla formazione, fino alla lotta alla precarizzazione del mondo del lavoro. «Dobbiamo presentarci alle elezioni con un progetto per un Ticino in cui vivere, non sopravvivere». Un progetto, ha chiosato Carobbio, «rossoverde». Dal canto suo Mirante ha cercato di rispondere, punto su punto, alle critiche fatte nei suoi confronti in queste settimane e pure durante il Congresso. «Sono stata dipinta come una candidata rosa, come una ‘‘Hello Kitty’’. Definita un prodotto artificiale. Trattata come un pezzo di carne a cui si può dire: ‘‘liberali, perché non la prendete voi?’’. Ma chi è veramente Amalia Mirante? Sono una figlia di operai, poveri, ma forti e tosti». Oppure ancora: «Mi sono candidata perché sono arrogante? No, quella che porto avanti da febbraio non è un’iniziativa personale, bensì politica. Il nostro è un partito aperto, e come tale deve offrire agli elettori delle scelte vere». E sul risultato della votazione, l’economista è stata realista: «Sono disposta anche a perdere le battaglie. Perché sappiamo tutti come andrà a finire. Ma il senso della mia candidatura è pure questo: avere il coraggio di perseguire fino in fondo una scelta, a prescindere dalle possibilità di riuscita». Un discorso che ha strappato l’applauso di tutta la sala, ma che però non si è tradotto in voti.

E ora, cosa farà Mirante? Accetterà l’invito (fatto da Sirica durante il Congresso) a correre per il Gran Consiglio? «Non è ora il momento di decidere. Fra una decina di giorni scioglierò le riserve», ci ha risposto. Ma si riconosce ancora nel PS? «Non mi riconosco nella violenza verbale che alcuni hanno manifestato, magari non oggi, ma sui social o altri mezzi».

Insomma, una delusione palpabile, quella di Mirante. Ma sovrastata dalle note e le parole di «Bella Ciao» che, come consuetudine, hanno chiuso il Congresso. Questa volta, fra tanti festanti e qualche deluso.

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