Incendio

Una task force per i danni sul Monte Gambarogno

Un gruppo di geologi incaricato di quantificare costi e indicare i rimedi alla perdita di bosco dopo il fuoco di un mese fa
Dieci giorni di lavoro intenso per domare le fiamme sul Monte Gambarogno. ©CdT/Putzu
Mauro Giacometti
01.03.2022 06:00

Un mese dopo il grande incendio del Monte Gambarogno e dell’Alpe di Neggia è tempo di bilanci. E di impostare il censimento di quanto bruciato e abbozzare la ricostruzione del patrimonio boschivo andato in fumo durante i giorni di fuoco che hanno tenuto impegnati centinaia di uomini e mezzi e con il fiato sospeso gli abitanti di Indemini e delle sue frazioni. «Abbiamo appena concluso una riunione con alcuni rappresentanti dell’Ufficio cantonale della difesa contro gli incendi, della Sezione cantonale forestale, della Società Elettrica Sopracenerina e Swissgrid per i danni alla rete elettrica e all’elettrodotto che passa nella zona dell’incendio - ci spiega il sindaco Gian Luigi Della Santa appena uscito dalla riunione -. S’è deciso di affidare un mandato ad un team di specialisti, un gruppo di geologi che entro due o tre mesi ci darà un quadro più preciso dei danni al patrimonio boschivo e soprattutto un’idea della ricostruzione e dei costi da intraprendere per ricreare la protezione fornita dalle piante e dal sottobosco in caso di precipitazioni e frane. Perché è questa ora la preoccupazione maggiore: occorre ripristinare i ripari naturali», evidenzia.
Inchiesta in corso
L’inchiesta è ancora in corso, ma è stato accertato che le fiamme sull’Alpe di Neggia partirono nella notte tra domenica 30 e lunedì 31 gennaio scorsi da un bivacco di due giovani svittesi. Alimentate dal forte vento che soffiava da Nord, le operazioni di spegnimento si protrassero per una decina di giorni, impegnando pompieri, volontari, elicotteri privati e dell’esercito svizzero nonché Canadair provenienti dall’Italia. Dopo la paura e il duro lavoro, ora si fanno i conti. «Un’esatta stima dei danni non l’abbiamo, ma saranno appunto gli esperti a quantificarla. Quel che è certo è che sono andati in fumo ettari di faggi e di piante resinose che si dovranno reimpiantare. Anche perché - spiega sempre il sindaco - la loro preziosa opera di trattenere l’acqua piovana ed evitare frane e scoscendimenti è stata fortemente compromessa. Non c’è un pericolo immediato, ma invieremo una comunicazione che renda attenti i residenti in caso di forti precipitazioni, perché ora la montagna è fragile», sottolinea Gian Luigi Della Santa.
Ripartizione dei costi
Sul piano dei danni e dei costi da sostenere per la ricostruzione del bosco il sindaco non ha indicazioni certe: «Quel che sappiamo è che circa l’80% dei costi saranno sussidiati, mentre il resto toccherà al Comune. Un’idea più precisa però potremmo farcela dopo il rapporto del team di esperti».
Turisti indisciplinati
«Non capisco proprio, la lezione non è servita. Arrivano in camper e si mettono a bivaccare come se non fosse successo nulla. Eppure basta alzare lo sguardo e vedere tutto bruciato». Franco Domenighetti, ex sindaco di Indemini, proprio non si dà pace. «Il turismo va bene, dopo quello che ci è successo la gente arriva quassù per curiosare: prima Indemini non sapevano nemmeno dove fosse. Però c’è veramente ancora tanta incuria e negligenza. Lo scorso fine settimana c’erano dei camperisti bernesi che stavano grigliando: li ho richiamati al rispetto delle disposizioni che vietano l’accensione dei fuochi all’aperto e poi ho avvisato la polizia che li ha fatti sloggiare», ci dice Domenighetti.

«Non capisco proprio, la lezione non è servita. Arrivano in camper e si mettono a bivaccare come se non fosse successo nulla. Eppure basta alzare lo sguardo e vedere tutto bruciato». Franco Domenighetti, ex sindaco di Indemini, proprio non si dà pace. «Il turismo va bene, dopo quello che ci è successo la gente arriva quassù per curiosare: prima Indemini non sapevano nemmeno dove fosse. Però c’è veramente ancora tanta incuria e negligenza. Lo scorso fine settimana c’erano dei camperisti bernesi che stavano grigliando: li ho richiamati al rispetto delle disposizioni che vietano l’accensione dei fuochi all’aperto e poi ho avvisato la polizia che li ha fatti sloggiare», ci dice Domenighetti.
Vita quotidiana
Nel villaggio ai confini dell’Alpe di Neggia, dove un mese fa s’è sviluppato il grosso incendio durato una decina di giorni, la vita dopo lo spavento e la fuga in fretta e furia durante la notte tra il 30 e il 31 gennaio è tornata alla normalità. «È tutto a posto, anche l’acqua è potabile - ci dice Anna Reber, una delle ventina di residenti permanenti di Indemini -. L’elettricità, invece, quella non è mai mancata, anche se siamo stati una settimana sfollati fuori casa», racconta. Louise Vago, originaria del Canton Vaud, anch’ella residente nel villaggio, dopo aver manifestato con una lettera il suo ringraziamento al Comune di Gambarogno e a tutti gli uomini intervenuti a domare le fiamme, si gode il sole dalla terrazza di casa sua, scampata come le altre al fuoco. «È desolante vedere tutto nero intorno, laddove prima la natura era imperiosa. E anche l’odore di bruciato continua ad impregnare l’aria. Però l’abbiamo scampata e ora stiamo rivivendo la nostra normalità. Persino gli uccelli sono tornati a cinguettare, mentre le volpi ed i cervi non si sono ancora visti. Ma arriveranno», ci dice congedandoci.