Verso una legge cantonale contro la violenza domestica

Anche il Ticino, come già fatto in altri cantoni, dovrà presto dotarsi di una legge cantonale ad hoc contro la violenza domestica. È quanto ha stabilito il Gran Consiglio dando luce verde all’unanimità al rapporto commissionale di Daria Lepori (PS) e Fiorenzo Dadò (Centro) con cui, sostanzialmente, è stata approvata l’iniziativa parlamentare formulata nel 2022 dalla deputata Roberta Soldati (UDC). Un’iniziativa che partiva da un semplice dato di fatto: dal 2021 il nostro cantone ha un suo Piano d’azione cantonale sulla violenza domestica, ma ad oggi manca ancora una legge specifica per sancirne i principi. Motivo per cui, appunto, tramite l’iniziativa si chiedeva al Consiglio di Stato di «creare, sull’esempio di altri cantoni (Neuchâtel, Ginevra e Zurigo) una base legale che codifichi la violenza domestica».
Come rilevato dall’iniziativista in aula, si tratta di un fenomeno «che ha raggiunto dimensioni tali da essere considerato una piaga sociale». Dati alla mano: «Da gennaio ad aprile di quest’anno, in Svizzera si sono registrati ben tredici femminicidi, quasi uno alla settimana». E riunire sotto un’unica legge i principi del Piano d’azione cantonale, ha dunque sottolineato a sostegno della proposta, «farà sì che le varie autorità coinvolte siano maggiormente coordinate». Un concetto ribadito anche dal co-relatore Fiorenzo Dadò: «La legge non risolve il problema, ma permette di affrontarlo meglio». Per il presidente del Centro, inoltre, si tratta di «un atto dovuto e un passo essenziale contro la lotta agli abusi». Un fenomeno che, ha chiosato, purtroppo resta oggi «ancora sommerso e nascosto». E per il quale occorre agire subito. Non a caso, lo stesso Dadò ha ricordato che nel rapporto commissionale è stato messo un termine temporale al Consiglio di Stato per presentare la legge, che andrà elaborata entro il 25 novembre di quest’anno. Data che coincide con la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. A intervenire a nome dell’altra co-relatrice del rapporto (assente giustificata) è stata la deputata Simona Genini (PLR), la quale ha parlato di «un fenomeno detestabile», di una vera e propria «piaga sociale». Genini, poi, ha ricordato che «la donna non è l’unica vittima di questo fenomeno: ci sono i figli, la famiglia intera».
«Ma non siamo stati fermi»
Da parte sua, il direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi ha difeso l’operato del Governo. «Sentendo la discussione, sembra che finora in questo cantone non sia stato fatto nulla». Invece, «siamo tra le realtà che si sono mobilitate maggiormente negli ultimi anni». Nonostante ciò, ha evidenziato, «daremo seguito alla richiesta del Parlamento. Ma calma e gesso sulle tempistiche: se volete un processo partecipativo, e soprattutto non di riassuntivo ma che dia strumenti in più, servirà tempo». Una posizione ribadita anche dal direttore del Dipartimento sanità e socialità Raffaele De Rosa, il quale, pur comprendendo la data simbolica del 25 novembre, ha spiegato che «l’importante è che esca una buona legge». Per la cui elaborazione, ha aggiunto, «sarà fondamentale il confronto con la Commissione e l’iniziativista per capire bene l’impostazione desiderata».