Il futuro della diocesi

Vescovo, oltre 2.200 firme per cambiare le regole

I promotori dell'appello per cambiare la convenzione del '68 incontreranno Cassis e il nunzio apostolico Martin Krebs a Berna il 4 aprile
© CdT/Gabriele Putzu
Dario Campione
16.03.2023 06:00

I silenzi delle diplomazie, quasi sempre, sono più espliciti di molte parole. Se poi le diplomazie sono quelle ovattate del Vaticano, allora i silenzi diventano una notizia.

Il 4 aprile, a Berna, andrà in scena molto probabilmente un evento senza precedenti. Il “ministro” degli Esteri della Confederazione, Ignazio Cassis, e il nunzio apostolico in Svizzera, l’arcivescovo Martin Krebs, incontreranno i promotori dell’appello per la revisione della convenzione stipulata tra il Consiglio Federale e la Santa Sede il 4 luglio 1968 e relativa alle modalità di nomina del vescovo di Lugano.

Nella convenzione, com’è noto, una clausola stabilisce che il titolare della diocesi della Svizzera italiana debba essere scelto tra «sacerdoti cittadini ticinesi» («ressortissants tessinois», nel testo originale in francese). Una barriera che oggi - alla luce della crisi delle vocazioni e della stessa realtà multiculturale del clero secolare luganese - appare anacronistica.

«Riteniamo che questa clausola sia superata e figlia del suo tempo, e impedisca a preti della diocesi di Lugano non svizzeri, o a vescovi svizzeri di valore (come l’attuale amministratore apostolico, monsignor Alain de Raemy), di essere nominati ordinari diocesani a tutti gli effetti - si legge nel testo dell’appello - Chiediamo  perciò che la convenzione sia rivista e venga lasciata libertà di nomina» al pontefice. 

Non mancano voci critiche

In poche settimane, sono state raccolte oltre 2.200 firme. Ma, soprattutto, è cresciuto un moto naturale di fedeli e di sacerdoti. «Qualcosa di inatteso, che mi ha sinceramente impressionato - dice al CdT Luigi Maffezzoli, già presidente dell’Azione Cattolica ticinese, tra gli ideatori dell’appello assieme ai deputati cantonali Maddalena Ermotti Lepori e Giancarlo Seitz - le firme sono state il frutto di una mobilitazione spontanea delle parrocchie e dei cattolici ticinesi».

Non sono mancate voci critiche, com’è del tutto ovvio in situazioni simili. E, tra i dubbiosi, ha fatto rumore il nome di don Giancarlo Feliciani, parroco di Chiasso, prete di frontiera considerato tra le figure più progressiste della Chiesa locale. «Ho trovato l’appello inutile perché già oggi può diventare vescovo di Lugano un sacerdote provienente da un altro Paese; l’importante è che sia diventato cittadino ticinese. Monsignor Piergiacomo Grampa non è forse di Busto Arsizio?», dice al CdT don Feliciani, aggiungendo subito dopo: «Quanto stabilito dalla convenzione del 1968 non è un’ingerenza politica, né un limite. Piuttosto, mi sembra sia un aiuto a rispettare il principio di comunione tipico di una comunità di fede. Il vescovo non dev’essere un carabiniere inviato dal Papa a mettere tutti in riga, ma l’espressione del popolo che serve la Chiesa, un frutto di questa terra».

L’incontro a Casa Santa Birgitta

Resta il fatto che l’appello sembra aver colto nel segno di un problema forse già all’attenzione della Santa Sede, se è vero che i promotori saranno ricevuti da Cassis e da monsignor Krebs probabilmente in un unico incontro. Questa notizia, confermata da più fonti al CdT, non è ancora stata ufficializzata. La stessa nunziatura, rispondendo a una mail del nostro giornale, non ha voluto dare alcuna conferma ma non ha nemmeno smentito.

Di certo c’è che monsignor Krebs, pochi giorni fa, ha parlato della questione con il presidente della Conferenza episcopale elvetica - il vescovo di Basilea Felix Gmür - incontrato in Ticino, in occasione della 339.esima assemblea ordinaria dei prelati svizzeri riunita alla Casa Santa Birgitta, a Lugano. L’amministratore apostolico della diocesi di Lugano, inoltre, avrebbe preparato un dossier sull’argomento consegnandolo allo stesso nunzio.

Le oltre 2.200 firme in viaggio per Berna potrebbero  quindi accelerare una discussione avviata da tempo e portare a una decisione in tempi non troppo lunghi. Sul tavolo, di fatto, ci sono più opzioni. Poiché l’appello non chiede l’abrogazione dell’accordo del 1968 ma unicamente la sua revisione, Svizzera e Santa Sede potrebbero, ad esempio, concordare di estendere la possibilità di nomina a tutti i preti con la cittadinanza svizzera o a tutti i sacerdoti incardinati nelle diocesi elvetiche, a prescindere dalla nazionalità. Oppure prevedere altre formule. Fino a lasciare totale libertà di scelta al Papa.

Nota della redazione
Venerdì 17 marzo, l'addetto stampa della Curia Vescovile ha diffuso una nota: «L’Amministratore apostolico ha appreso dalla stampa che avrebbe consegnato un dossier al Nunzio sulla nota petizione che chiede il cambio delle regole per la nomina del Vescovo di Lugano. L’Amministratore informa che questa notizia non ha nessun fondamento e che lui non è implicato nella questione».

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