Il caso

Una pratica che fa discutere: all'Ospedale universitario di Zurigo pazienti monitorati con l'IA

A lasciare perplessi sono anche le modalità con cui lo strumento è stato introdotto: il nosocomio ha testato e implementato il nuovo sistema senza consultare la responsabile cantonale della protezione dei dati – L'USZ si difende affermando che i dati sono totalmente anonimizzati e garantendo che la tecnologia non presenta criticità
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Red. Online
13.12.2025 15:15

È una pratica che non ha mancato di sollevare discussioni quella dell'Ospedale universitario di Zurigo (USZ). Già, perché la struttura di cura ha deciso di avvalersi di un sistema basato sull'intelligenza artificiale per monitorare i pazienti. Una mossa, questa, che può sì essere vista come una nuova frontiera nelle cure, ma anche come una violazione della privacy.

Ora, che ospedali e case di cura monitorino i pazienti irrequieti o molto confusi non è una novità. La sorveglianza serve a garantire che queste persone non facciano del male a sé stesse, agli altri e non si sottraggano al ricovero scappando. Fin qui nulla da obiettare. Tutto dipende dalla maniera con cui i pazienti vengono monitorati. Ed è qua che la mossa dell'Ospedale universitario di Zurigo ha sollevato qualche perplessità. Generalmente, infatti, per controllare i pazienti, le strutture ospedaliere si avvalgono di sorveglianti diurni e notturni o di tappetini sensibili alla pressione. Metodi rodati, ma non perfetti. Avere una persona fisica che monitora i pazienti è per gli ospedali dispendioso in termini di tempo e di soldi. E i tappetini sensibili alla pressione sono soggetti a falsi allarmi. Ecco allora che di fronte a queste criticità, all'USZ hanno pensato di ricorrere all'intelligenza artificiale.

Interpellata dal Tages-Anzeiger, la struttura ha detto di aver non solo testato il «monitoraggio digitale della mobilità supportato dall'intelligenza artificiale», ma di averlo già implementato in diversi reparti. In particolare, l'Ospedale universitario di Zurigo si avvale di un sistema dell'azienda danese Teton. In numerose stanze, una telecamera a 180 gradi installata sul soffitto è in funzione 24 ore su 24. Utilizzando la tecnologia a infrarossi, il sistema monitora il comportamento dei pazienti, anche di notte.

E la protezione della privacy? Secondo l'USZ non ci sono problemi in questo senso. Dal nosocomio sottolineano come le registrazioni vengono rese anonime in un box appartenente alla telecamera. I singoli individui vengono resi irriconoscibili. L'IA riconosce quindi se i pazienti si comportano normalmente o se stanno superando i limiti predefiniti, ad esempio alzandosi dal letto. In tal caso, o se qualcuno cade, viene attivato un allarme.

L'Ospedale universitario di Zurigo ha tuttavia testato e implementato il sistema basato sull'IA senza consultare Dominika Blonski, responsabile della protezione dei dati del canton Zurigo. In merito alla pratica adottata dalla struttura di cura,  Blonski ha dichiarato di non essere a conoscenza di alcuna valutazione d'impatto sulla protezione dei dati né di aver effettuato alcuna verifica preventiva.

Un modo di procedere, quello del nosocomio, che ha lasciato perplesso anche Adrian Lobsiger, incaricato federale della protezione dei dati e della trasparenza. «In tal caso, si sarebbero probabilmente dovute informare le autorità cantonali», ha detto.

L'USZ difende però il suo operato sostenendo che non fosse necessario interpellare la responsabile della protezione dei dati del canton Zurigo in quanto dal punto di vista della protezione dei dati non ci sono criticità o zone d'ombra. «Siamo consapevoli della delicatezza del trattamento dei dati personali dei pazienti e garantiamo il rispetto delle normative vigenti in materia di protezione dei dati», fa sapere la struttura. «Il sistema Teton non raccoglie, archivia o elabora alcun dato personale, né visivamente né come set di dati». L'ospedale precisa infatti che quello adottato non è uno strumento di videosorveglianza in cui le persone sono identificabili: solo una specie di omino stilizzato viene trasmesso alla postazione infermieristica.

Non è però dello stesso avviso Ursula Sury, professoressa di diritto alla Hochschule di Lucerna. Interpellata sempre dal Tages-Anzeiger, Sury spiega che «anche con la pixelizzazione, le telecamere nelle stanze di ospedali e case di cura rappresentano una massiccia intrusione nella privacy delle persone interessate». Un'intrusione ammissibile solo se ci sono interessi preponderanti quali la sicurezza o la salute.

Sulla stessa lunghezza d'onda di Sury anche l'avvocato Matthias R. Schönbächler, ex responsabile della protezione dei dati del canton Lucerna. «Il monitoraggio nelle stanze dei pazienti è particolarmente problematico, poiché le persone interessate sono costantemente esposte alla sorveglianza e difficilmente possono prenderne le distanze. Dove possibile si dovrebbero valutare alternative più rispettose della privacy».

L'Ospedale universitario di Zurigo, ad ogni modo, prosegue sulla propria strada «poiché non vengono memorizzati dati personali – né localmente né nel cloud – e non vi è alcun rischio che né i dipendenti né altri possano accedere a dati personali dei pazienti».

Anche il produttore Teton si difende. «Le nostre soluzioni non sono progettate per la sorveglianza: niente streaming live, niente registrazione», scrive l'azienda. «L'elaborazione avviene localmente in tempo reale. Operiamo nel settore sanitario, non in quello della sorveglianza».

Per concludere, va precisato che, ad oggi, nel nostro Paese non esistono raccomandazioni in merito all'utilizzo del monitoraggio tramite IA negli ospedali.