L'opinione

Indifferenza, aggressività e relazioni sociali

Un'amica impiegata come cassiera al supermercato mi esterna scoramento, disagio, e malessere dovuti al comportamento di una quantità rilevante, e insopportabile, di clientela – L'opinione di Nicoletta Barazzoni, giornalista
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Red. Online
17.01.2023 17:03

Questa società ha generato una tra le peggiori nemiche degli esseri umani: l'indifferenza. Un'amica, divenuta tale dopo averla conosciuta perché impiegata come cassiera nel supermercato che frequento, mi esterna, da diverso tempo, scoramento, disagio, e malessere dovuti al comportamento di una quantità rilevante, e insopportabile, di clientela, che non ha più nessun ritegno nei confronti di chi lavora alla cassa. Una quantità in espansione che priva di autocontrollo, e del minimo rispetto, sfoga la rabbia repressa sugli altri, mandando in crisi chi deve lavorare a stretto contatto con persone d'ogni genere.  Oltretutto, trovandosi in una posizione subordinata, il cosidetto anello debole della catena, non può nemmeno reagire quando viene aggredita da estranei. Di questa mia amica, una lavoratrice sempre disponibile, mi hanno colpita sin dall'inizio la gentilezza, la cordialità, e il sorriso che mi ha sempre elargito con generosità autentica, perché non è la proprietaria del supermercato, perciò è chiaramente  disinteressata nel compiacermi e nel fidelizzarmi. Quindi mi chiedo perché proprio lei, che è così amabile, viene attaccata ingiustamente come se al supermercato si vendono e si comperano comportamenti spavaldi ma soprattutto inqualificabili?

La statistica degli scontenti, dei frustrati, e dei maleducati, persone che non hanno più freni inibitori, sta diventando preoccupante ma soprattutto viene tollerata da chi la sdogana, accettandone i risvolti deleteri, come se aggredire il prossimo rientra nel decalogo del vivere pacificamente insieme. Mi dico spesso che se non si può fare a meno di rovesciare il malcontento sugli altri e non si resiste nel trattenere la rabbia, sarebbe buona cosa fare il giro dell'isolato a corsa, o comperarsi un fantoccio da prendere a pugni, scaricando così la tensione, e lasciando in pace chi sta facendo il suo dovere, mentre esterna, al cliente, unicamente la sua cortesia. Un amico medico psichiatra mi ha confermato che un quantitativo notevole di persone sta vivendo, nella sofferenza, i rapporti sociali, e perciò deve ricorrere agli psicofarmaci perché avverte un vuoto, un disagio, una vulnerabilità e un disadattamento emotivo, dovuti alle pressioni che spesso nascono proprio dal non riuscire a sopportare certe dinamiche, in cui prevale la prepotenza e la violenza verbale e fisica. Purtroppo chi è sensibile o ipersensibile paga lo scotto della legge del più forte. Ovviamente l'assunzione di psicofarmaci non è il problema. Il problema è invece l'impossibilità di tessere relazioni significative, fondate sul rispetto reciproco, sulla condivisione di una condizione umana molto complessa, riguardante tutta la collettività e il vivere insieme. Distruggendo i legami  relazionali, indispensabili alla convivenza e alla coesione sociale, vengono a mancare i presupposti che un'umanità, all'altezza di questo nome, dovrebbe considerare, perché siamo esseri nati in condivisione.  Siamo animali sociali legati da interazioni tra individui che, senza scomodare troppo il sociologo Erving Goffmanm, studioso dell'interazionismo simbolico, sottostanno alle regole di significati sociali condivisi: significati minacciati ma anche particolarmente minacciosi nel momento contingente, che attualmente sono in balia di un caos generalizzato, che si esibisce sul palcoscenico di una società in perdita di valori. Formalità, cordialità e gentilezza hanno lasciato il posto a comportamenti arroganti. Anche se le teorie delle neuroscienze sociali hanno stabilito che siamo cablati per interagire in modo compassionevole ed empatico, sembrerebbe che la parabola del buon samaritano si sia trasformata nella parabola del cattivo incontro, forse perché siamo talmente concentrati su noi stessi, da essere diventati insofferenti  nei confronti del prossimo.

di Nicoletta Barazzoni, giornalista